rosario sorrentino sindrome bipolare libro due di me

“I BIPOLARI SI POSSONO CURARE, MA I FARMACI SONO LA TERAPIA DI PRIMA SCELTA” - ROSARIO SORRENTINO, NEUROLOGO PRESTATO ALLA PSICHIATRIA, SPIEGA NELL’ULTIMO LIBRO “DUE DI ME” PERCHÉ SI ARRIVA ALLA DIAGNOSI DI BIPOLARISMO ANCHE DOPO DIECI ANNI: “UNA MIA PAZIENTE, CHE HA RIFIUTATO IL LITIO A VENT’ANNI PER PAURA DI AVERE LA STESSA MALATTIA DEL PADRE, È PASSATA NELLE MANI DI UNA PSICOLOGA FREUDIANA CHE LE FACEVA PRENDERE FIORI DI BACH E LE HA FATTO PASSARE CINQUE ANNI DI INFERNO. ALLA FINE È TORNATA DAL NEUROLOGO E…”

Estratto dell’articolo di Candida Morvillo per il "Corriere della Sera"

 

rosario sorrentino 4

«Francesca è fra quei pazienti che, quando non vengono trattati, li trovi sui cornicioni dei palazzi, se arrivi in tempo»: il professor Rosario Sorrentino, «neurologo prestato alla psichiatria» per sua definizione, serra gli occhi, tira un respiro.

Francesca, nome di fantasia, lui l’ha salvata e, ora, l’ha raccontata in un romanzo che esce oggi per Compagnia Editoriale Aliberti. Il titolo è Due di me e il sottotitolo è «romanzo bipolare».

 

Si stima che possano essere un milione gli italiani affetti da questo disturbo, spesso non diagnosticati ma sempre altalenanti tra euforia e depressione, tra maniacalità e istinti suicidi.

libro due di me di rosario sorrentino

 

Racconta Sorrentino: «Francesca riconosce in sé Francesca A e Francesca B, che si danno il cambio senza preavviso. La sua preferita è la prima, che trabocca di vita, sempre in movimento, che tutto sa e tutto fa, capace di non dormire per giorni, grazie a un’energia inesauribile. Ma che, se la contraddici, s’imbestialisce, ti si scaglia contro. La seconda è quella depressa che tenta di uccidersi».

 

[…]

Come arriva da lei Francesca?

«La sua è la storia di una paziente tipica, scritta con molta verità e molta fantasia.

Il disturbo è già presente in famiglia, nel padre, e lei ha il terrore di ereditare i suoi sbalzi d’umore. Perciò, quando a vent’anni emergono i primi sintomi, rifiuta la diagnosi e rifiuta il litio e i farmaci prescritti. A un certo punto, tenta il suicidio, ma fallisce».

 

E qui si affida a lei?

disturbo bipolare

«No. Va invece da una psicologa freudiana che le sembra il messia, perché le chiede se deve prendere i farmaci, e la freudiana: se lo scordi, dobbiamo ascoltare il suo dolore, prenda invece dei fiori di Bach. Francesca tornerà dal neurologo solo dopo cinque anni d’inferno».

 

Nel 2021, lei ha pubblicato con Vallecchi «Intervista a Freud». L’avversione per i freudiani non si è placata?

«Nessuna avversione, ma per alcune diagnosi, i farmaci sono la terapia di prima scelta. Perché soffrire inutilmente? Poi, può essere utile affiancare una psicoterapia comportamentale cognitiva, ma limitarsi a colloqui psicanalitici può ritardare la diagnosi ed essere pericoloso perché nei bipolari il rischio di suicidio è quindici volte maggiore che nella popolazione generale».

 

disturbo bipolare 1

Perché Francesca, come tanti, teme il litio?

«Per la paura di perdere la versione euforica di sé. Invece, il litio è il farmaco che più riduce le ideazioni autolesive e suicidarie: stabilizza lo squilibrio chimico che c’è nel cervello a carico di trasmettitori come noradrenalina, dopamina, serotonina... Ognuno ha il suo dosaggio e io con umiltà lo cerco aumentando una goccia ogni tre giorni».

 

Altre indicazioni di cura?

«È fondamentale non assumere alcol e droghe, dormire un numero di ore adeguato, evitare gli stress, fare sport. […]».

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