LE VARIANTI DEL VIRUS SONO SEMPRE PIÙ AGGRESSIVI E VELOCI E RISCHIAMO CHIUSURE FINO A MAGGIO - SECONDO UNO STUDIO DELLE UNITÀ SPECIALI DEI TAMPONI DEL LAZIO, LE CARICHE VIRALI DEGLI AMMALATI SONO RADDOPPIATE RISPETTO AL 2020, E PER LE SIMULAZIONI DEL MINISTERO SERVE UN ALTRO MESE SENZA ZONE GIALLE - NAUSEA E MAL DI GOLA, ECCO COME CAMBIANO ANCHE I SINTOMI...
Lorenzo De Cicco Mauro Evangelisti per “Il Messaggero”
Raggiungeremo una zona di sicurezza sul fronte dei contagi solo a maggio, quando sarà possibile ripristinare la fascia gialla per le Regioni. La riapertura delle scuole prevista dopo Pasqua presenterà comunque un conto sul fronte epidemiologico.
E le varianti, sempre più aggressive e veloci nella diffusione, non lasciano alternative. La carica virale degli ammalati, anche per l'effetto delle mutazioni del Covid, è diventata molto più alta. Fino a raddoppiare.
Lo spiega bene un'analisi delle Uscar, le unità speciali dei tamponi del Lazio, che attraverso 27 medici sentinella ha rilevato e studiato la «concentrazione antigenica» con i tamponi quantitativi.
Risultato: se fino a novembre la carica virale, la contagiosità, era di media al livello 40, ora, spiega Pier Luigi Bartoletti, il responsabile delle Uscar, «è il doppio, poco sotto 100. Ma abbiamo registrato anche pazienti oltre quota 120».
IL PRESSING
Il centrodestra preme per le riaperture. Forza Italia, in particolare il capogruppo alla Camera, Roberto Occhiuto, premette che i numeri sono ancora drammatici, ma dice che «il prossimo decreto del governo dovrà prevedere una sorta di tagliando da fare a metà aprile, che magari, con numeri meno drammatici, possa portare a qualche mirata riapertura».
Salvini e la Lega negli ultimi giorni spingono perché ad aprile si riapra. Draghi ha deciso di affidarsi ai numeri, senza azzardi.
Questo lo scenario di partenza, ma oggi cosa prevedono le simulazioni? Partiamo proprio da ieri: quasi 20.000 nuovi casi positivi anche la domenica, malgrado la flessione dei tamponi nel fine settimana.
VARIANTE INGLESE CORONAVIRUS VIRUS COVID
La diminuzione degli infetti è appena percettibile rispetto a sette giorni prima. E l'obiettivo dei 50 casi ogni 100 mila abitanti su base settimanale, indicato dagli esperti come la vera zona di sicurezza, appare lontanissimo, visto che nell'ultimo report il dato nazionale è stato quasi cinque volte più alto.
Ultimo tassello: abbiamo l'ennesimo incremento dei posti letto occupati. Le analisi dei numeri che circolano sia al Ministero della Salute sia alla cabina di regia sia al Cts arrivano tutte alle stesse conclusioni: pensare di riaprire oggi, ripristinando il colore giallo, significherebbe disperdere gli effetti dei sacrifici fatti.
Per prevedere l'andamento dei contagi, gli scienziati guardano all'esperienza del 2020. Allora, per cessare il lockdown, fu necessario attendere maggio ma oggi vi sono elementi nuovi, alcuni giocano a nostro favore, altri no.
In questa primavera 2021 abbiamo un'arma in più che si chiama vaccini, sono state eseguite oltre 9 milioni di somministrazioni. E rispetto a un anno fa ci sono 3,2 milioni di italiani che sono già stati positivi: i casi di reinfezione esistono, ma per fortuna non sono frequenti.
Ci sono però anche fattori che non aiutano: nel 2020 anche in primavera le scuole restarono chiuse, dopo Pasqua elementari e prime medie riaprono anche nelle regioni in fascia rossa, significa molte più persone in giro e molte più occasioni per il virus di circolare.
Come ci hanno già mostrato, drammaticamente, i precedenti di Regno Unito, Francia e Germania, le varianti hanno peggiorato il quadro rispetto a un anno fa. L'inglese, in particolare, ha una velocità di trasmissione superiore al 30 per cento rispetto a quella originaria.
Una delle ipotesi di lavoro degli studiosi è che questa variante contagi di più anche perché la positività dura più a lungo e dunque ci sono più giorni a disposizione per trasmettere il virus.
Vi sono Regioni, a partire dall' Abruzzo e dall'Umbria (dove è forte anche la presenza della variante brasiliana) che l'hanno già vissuta sulla propria pelle.
I DATI
La mutazione inglese è da almeno un mese la prevalente. Oggi saranno pubblicati gli ultimi dati del survey del Ministero della Salute sulla diffusione delle varianti. Già il precedente uscito a inizio marzo, diceva che «la prevalenza della cosiddetta variante inglese del virus Sars-CoV-2 era del 54,0 per cento, con valori oscillanti tra le singole regioni tra lo 0 e il 93,3, mentre per quella brasiliana era del 4,3 per cento (0-36,2) e per la sudafricana dello 0,4 per cento (0-2,9)».
I dati in elaborazione diranno che la variante inglese ormai rappresenta il 70-80 per cento dei positivi trovati in Italia. Ricordiamolo sempre: non aggira il vaccino, ma secondo l'esperienza britannica contagia più facilmente i minori (per fortuna senza malattia) e questo rende più insidiosa la riapertura delle scuole.
Il Lazio è la prima regione che con le Uscar e i medici sentinella del territorio ha analizzato le carica virale con i test quantitativi. Non è quindi detto che il Lazio viva la situazione peggiore, «siamo gli unici che l'hanno analizzata - riprende il responsabile delle unità, Bartoletti -. Oltre alla carica virale raddoppiata, sono cambiati anche i sintomi: sempre meno pazienti perdono olfatto e gusto, pochissimi ormai hanno la congiuntivite, mentre aumentano i positivi con nausea e mal di gola».