LA JIHAD DEI CRE-TEEN - TRA I “FOREIGN FIGHTERS” ITALIANI C’E’ ANCHE LA 18ENNE ITALO-TUNISINA SONIA, PARTITA DA TREVISO PER ANDARE A COMBATTERE IN SIRIA - UNA RAGAZZA TRANQUILLA “TRAVIATA” DAL FIDANZATO FONDAMENTALISTA
Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per “la Repubblica”
Ha scelto di andare tra i kalashnikov e i tagliagole quando era troppo piccola anche per prendere la patente. Il quinto nome sulla lista degli italiani partiti per la Siria è quello di Sonia, 18 anni appena compiuti. Ha scelto la sua guerra santa quando non era nemmeno maggiorenne. Lei, doppio passaporto italiano e tunisino, nata nel 1996 e cresciuta nel minuscolo paese di Oné di Fonte, nel trevigiano.
SONIA LA GIOVANE JIHADISTA DI TREVISO
Da qualche mese non si hanno più notizie certe ma per il Viminale è una foreign fighter , al pari degli altri quattro già individuati: il genovese Giuliano Ibrahim Delnevo (ucciso ad Aleppo nel 2013), la convertita Maria Giulia Sergio che si fa chiamare “Fatima”, il calabrese Giampiero F. (arrestato in Iraq), l’italo-marocchino Anas El Abboubi. Adesso nell’elenco c’è pure Sonia K., la “baby jihadista”.
La sua storia comincia con una denuncia per scomparsa di minorenne. Ad agosto del 2014 Lotfi, un operaio tunisino che lavora da molti anni in Italia ed ha acquisito la cittadinanza, si presenta alla caserma dei carabinieri di Oné di Fonte. «Non trovo più mia figlia, non so dove sia, vi prego aiutatemi».
Sonia in quel momento ha ancora 17 anni (il compleanno è ad ottobre) e da qualche mese non vive più in Veneto. È tornata in Tunisia con la madre, forse perché i soldi che Lotfi riesce a racimolare non bastano più per tutti. E proprio in Nord Africa, in una località vicino Tunisi, si è innamorata di un ragazzo di 25 anni che gli investigatori definiscono «un fanatico dell’Islam».
Sonia è musulmana, come tutti in famiglia. Ma fino ad allora non aveva mostrato grande interesse verso la questione siriana, né si sentiva particolarmente affascinata dal radicalismo professato da certi imam che pure frequentavano alcuni paesi attorno a casa sua.
I sogni di Sonia erano quelli di un’adolescente italiana: lo studio, un lavoro nel settore del turismo, in qualche grande hotel o in una agenzia di viaggio. Voleva girare il mondo, conoscere altre culture, visitare posti nuovi. Per questo si iscrive a un istituto professionale a pochi chilometri da casa. «In prima eravamo insieme — racconta Camelia, compagna di classe — era una ragazza buona, andavo abbastanza d’accordo con lei... Mi raccontava che voleva tornare in Tunisia dopo aver finito l’anno».
In aula Sonia indossa l’hijab nero, che le copre il collo e i capelli neri. «Oltre al velo portava sempre abiti con le maniche lunghe — racconta Gloria, che l’ha conosciuta durante le scuole medie — diceva che era la sua religione a imporglielo, per una questione di rispetto. Ma a parte questo, non mi ha mai dato l’impressione di essere un’estremista».
free syrian army in fuga dale truppe di assad
A parte l’hijab, la ragazza si veste come una qualsiasi altra adolescente occidentale: camicie a quadri, magliette colorati, leggings, un paio di occhiali da vista di marca. I genitori, che in paese vengono definiti «bravissime persone», non le fanno particolari pressioni: Sonia è libera di girare con le amiche, ogni tanto esce la sera, apre un profilo Facebook che raccoglie 129 amici e sul quale scrive poco. Indica come scuola frequentata un istituto turistico di Poggio Mirteto, nel Lazio.
La sua pagina dice poco altro, perché è ferma al 12 ottobre 2012, quando sul diario è stata postata la foto di un ragazzo tunisino in piedi davanti a una costosa macchina sportiva, il quale come immagine di presentazione nel social network ha scelto un teschio colorato con la bandiera americana. Ed è ai primi mesi del 2012 che si fermano anche i ricordi delle sue amiche, in paese.
Sonia ha abbandonato l’Istituto professionale dopo il primo anno. Ultimamente le cose non devono andare troppo bene, sua madre va e viene dalla Tunisia, e lei la segue. A chiarirle le idee è arrivato questo ragazzo, il 25 enne tunisino, che prima l’allontana definitivamente da Onè di Fonte e poi la convince della necessità di andare in Siria.
«È il dovere di ogni vero musulmano, non possiamo fare finta di niente». La loro relazione è diventata molto stretta durante la scorsa estate. Un giorno di agosto, senza dire niente a nessuno, i due se ne vanno. Spariscono. La mamma avverte subito il marito Lotfi, a Oné di Fonte, il quale va a sporgere denuncia ai carabinieri.
La ragazza si rifà viva con la madre, più volte, via telefono. «Sono in Turchia, sto con lui, tutto bene », la rassicura. Anche per questo inizialmente le autorità italiane non sospettano niente di particolare, ha tutte le caratteristiche per essere un normale caso di allontanamento volontario di minorenne.
Oltretutto Sonia a ottobre ha compiuto 18 anni. Tant’è che quando il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il 9 settembre scorso, si presenta in conferenza stampa per divulgare i primi numeri sui foreign fighters italiani, parla di due sole persone: Delnevo e «un giovane marocchino naturalizzato che si trova attualmente in un altro Paese europeo ».
Sonia non appare nemmeno nel conteggio aggiornato del 9 gennaio, quando Alfano dichiara che tra i 53 combattenti partiti dall’Italia, «ci sono 4 italiani». Meno di due settimane dopo, il 18 gennaio, i foreign fighters con passaporto italiano diventano cinque. Nell’elenco è stato aggiunta Sonia K. Su di lei stanno indagando i carabinieri del Ros di Padova, che hanno competenza su tutto il Veneto.
Secondo gli ultimi riscontri d’indagine la ragazza, insieme al fidanzato, ha oltrepassato già da tempo il confine in Turchia e si troverebbe in territorio siriano. Più di questo, al momento, non è possibile dire con certezza, perché dei due si sono perse le tracce.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire il percorso fatto dai due ragazzi per raggiungere la Siria, la rete delle conoscenze, il passato del tunisino di cui al momento è conosciuto solo l’atteggiamento da “fanatico”. Potrebbero essersi uniti all’Isis, ai qaedisti di Al Nusra o al più moderato Free Syrian Army. Oppure anche a qualche gruppo minore. Quanto basta, per il Viminale, per segnalare Sonia tra i foreign fighters . Il padre, Lotfi, non vuole parlare con i giornalisti della vicenda. È preoccupato, chiede silenzio e rispetto per la sua famiglia. Sua figlia è lontana. Chissà dove.