I NAZISTI IMMAGINARI E LE OSSESSIONI DELLA SINISTRA - “REPUBBLICA” SI È INDIGNATA RACCONTANDO DI GIOVANI CON UNA BANDIERA HITLERIANA AL COMIZIO DI SALVINI. PECCATO FOSSE LO SBERLEFFO SATIRICO DI UN RAGAZZO: "LE VERE BUFALE LE PRODUCONO I GIORNALI DI SINISTRA” – E IL “CORRIERE” INSISTE SU UNA FOTO RITAGLIATA PUR DI ALIMENTARE LE POLEMICHE INTERNE ALLA LEGA
Francesco Borgonovo per la Verità
A scatenare la reazione psicotica dei professionisti dell' antifascismo è stato un ragazzo lucchese di 19 anni, che come tanti toscani ha nel sangue il gusto per la burla. Si chiama Augusto Casali, è iscritto alla Lega e studia Scienze politiche. Sabato scorso, durante il comizio di Matteo Salvini in piazza Duomo a Milano, ha sventolato un drappo verde, bianco e nero, davanti al quale i progressisti italici hanno cominciato a schiumare come tori. Repubblica, per dire, ha sfoderato un titolo tonante: «Al comizio di Salvini in bella mostra la bandiera dei neonazi Usa».
L' articolo, indignatissimo, spiegava che - fra le tante bandiere presenti all' evento salviniano - «ne sventolava anche una decisamente poco in linea con l' immagine cattobuonista sfoggiata dal leader leghista». Una bandiera, proseguiva il giornale, «usata dai gruppi neonazisti e suprematisti negli Stati Uniti e molto popolare sui social media. Verde, appunto. Con una grafica molto simile a quella della bandiera della svastica».
Brivido, terrore e raccapriccio: ad applaudire Salvini, secondo Repubblica, c' erano anche alcuni pericolosi estremisti. Fanatici di stampo americano, tipo i nazisti dell' Illinois visti nel film dei Blues Brothers. Brutta gente, veri cattivoni: «Sono giovani, alcuni con lo zainetto in spalla, un altro con la spilletta del Totenkopf, il teschio simbolo delle Ss naziste. La bandiera balza all' occhio e sventola più volte durante il comizio del "Capitano"».
Intollerabile, non c' è che dire: un vessillo hitleriano a un comizio della Lega, roba da chiamare subito i gendarmi. Piccolo inconveniente: la bandiera su cui si è accanita Repubblica non è affatto nazista né suprematista. E a sventolarla non era un rabbioso picchiatore fascista, ma un tranquillissimo studente nemmeno ventenne.
«Sì, sono io quello che ha portato la bandiera», ride Augusto Casali, che abbiamo contattato al telefono.
Questo ragazzo, dal 5 novembre scorso, gestisce una pagina satirica su Facebook e Instagram chiamata «Dio Imperatore Salvini», che conta già 9.000 iscritti ed è la versione italiana della statunitense «God Emperor Trump». Augusto ha radunato i suoi seguaci internettiani per partecipare al comizio di Salvini e, onde farsi riconoscere dagli amici, ha utilizzato il famigerato drappo. «Non è una bandiera nazista», spiega. «È la bandiera del Kekistan, uno Stato fittizio creato sul forum americano 4chan. Il Kekistan è la patria immaginaria di tutti coloro che si sentono censurati dal politicamente corretto, di tutti quelli che producono meme di destra». I meme sono immagini satiriche diffuse sul Web, e il Kekistan, semplicemente, è una goliardata. Uno Stato fasullo (per altro guidato da un presidente nero) ideato dai giocherelloni internettiani allo scopo di farsi beffe dell' ossessione dei liberal per il fascismo.
La tanto vituperata bandiera con le «quattro K» associata da Repubblica a chissà quali gruppi razzisti rappresenta in realtà il dio Kek, entità a forma di rana venerata dagli abitanti del Kekistan.
Per farla breve: si è trattato di uno sberleffo perfettamente riuscito (a differenza degli odiosi fotomontaggi contro Giorgia Meloni realizzati da un consigliere Pd di Reggio Emilia), una trappola satirica in cui tutta la sedicente grande stampa è caduta senza titubanze. «Volevamo dimostrare come i media mainstream siano i veri produttori di fake news», dice Casali. «La campagna isterica sulle fake news che favorirebbero i populisti è assurda, le vere bufale le producono i giornali di sinistra».
In effetti, sul vessillo verde sono scivolati in tanti, come ha mostrato un divertente video realizzato dall' influencer Luca Donadel. Sia Radio Popolare che il Corriere della Sera hanno rilanciato la notizia degli «estremisti neri» in piazza con Salvini.
Nessuno che si sia preso la briga di verificare, di fare una piccola ricerca su Internet. Tanto sarebbe bastato per scoprire l' inganno del Kekistan.
A infierire più di tutti, dicevamo, è stata Repubblica, impaziente di denunciare il nazistume leghista. A comporre l' articolo è stato Paolo Berizzi, l' esperto di neofascismo del quotidiano diretto da Mario Calabresi. Una firma di spessore, che nel 2015 pubblicò in prima pagina la storia di un bambino di Cantù a cui i genitori fascisti avevano insegnato a fare il saluto romano, con grande sgomento delle maestre. Anche in quel caso si trattava di una bufala, tanto che l' Ordine dei giornalisti emise una sanzione di censura contro l' autore del pezzo. Ovviamente, a Repubblica non hanno fatto una piega, anzi hanno proseguito a dare lezioni.
Facile immaginare che faranno finta di niente anche dopo la figuraccia sul Kekistan. Poco importa: ormai l' ossessione della sedicente grande stampa è svelata. Pur di alimentare il can can sul fascismo di ritorno, i giornali sono disposti a pubblicare notizie false. E i politici di sinistra si precipitano a rilanciarle, come ha fatto Emanuele Fiano sul suo profilo Facebook, prendendosela con «la bandiera dell' estrema destra americana che ricalca simboli nazisti».
Questo signore del Partito democratico aveva proposto una legge per punire chi esibisse simboli fascisti, ma forse dovrebbe documentarsi un pochino di più prima di stracciarsi le vesti per l' avanzata dell' estremismo. È bastato un ragazzo di 19 anni per smascherare questi fanatici dell' antifascismo fuori tempo massimo: divertente, ma pure vagamente triste.
Vero è che, negli ultimi giorni, sulle bandiere leghiste si è scatenata una stravagante isteria. Il Corriere della Sera, ieri, ha pubblicato un articolo dedicato a Rossano Sasso, coordinatore pugliese di Noi con Salvini. Sui social network Sasso ha diffuso una foto che lo ritrae tra i manifestanti in piazza a Milano. Nel pubblicare l' immagine, Sasso l' ha semplicemente tagliata. In questo modo, dall' inquadratura è scomparsa una bandiera leghista con la scritta «Prima il Nord». Secondo il Corriere, si sarebbe trattato di un «fotoritocco», quasi che Sasso avesse cancellato il vessillo con chissà quale avanguardistico programma. L' episodio, del tutto marginale, è stato segnalato addirittura da Roberto Maroni, che su Facebook ha scritto: «La gloriosa storia della Lega Nord non può finire così. E non finirà». Insomma, una banale foto su Facebook è servita ad alimentare le polemichette interne al Carroccio. Che volete, pur di infamare i populisti si fa di tutto.
Un fotoritocco toglie il Nord dalla sfilata della Lega