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“I NERI VADANO SOLO DAI MEDICI NERI” – L’ULTIMO ESEMPIO DELLA CONVIVENZA MULTIETNICA ALLA FRANCESE: UNA LISTA DI GINECOLOGHE NERE DIFFUSA ON LINE DALL’ACCOUNT “GLOBULE NOIR” A USO E CONSUMO DELLE PAZIENTI DI COLORE - “UNA FOLLIA IDENTITARIA” DENUNCIA LA LICRA MENTRE IL MINISTRO DELLA SALUTE, OLIVIER VÉRAN, SI DICE SCIOCCATO DALL’INIZIATIVA - MA C'E' ANCHE CHI...

Adriano Scianca per "La Verità"

 

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Il vivre ensemble, cioè la convivenza multietnica alla francese, riserva sempre nuove sorprese. L'ultima riguarda una lista di ginecologhe nere diffusa on line a uso e consumo delle pazienti di colore. Della serie: fatti visitare da chi è come te, come se fosse il colore della pelle e non la professionalità a fare un buon dottore, alla faccia di Ippocrate. L'episodio è stato denunciato giorni fa dalla Licra (la Ligue internationale contre le racisme et l'antisémitisme, per una volta impegnata in una buona causa), che ha rilanciato il documento diffuso dall'account Twitter, ora soppresso, Globule Noir.

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Si tratta di un elenco, con tanto di nomi, cognomi e indirizzi, delle dottoresse nere della regione dell'Île-de-France. Sempre la Licra, che ha parlato di «follia identitaria», ha diffuso un altro tweet di Globule Noir in su un annuncio per la ricerca di un'infermiera a domicilio «razzizzata» (racisée), parola che nella neolingua sta a indicare una persona non bianca. Certo, si tratta pur sempre dell'iniziativa di un anonimo account Twitter, ma la cosa è inquietante perché riguarda un fenomeno più generale, quello che in Francia chiamano del «comunitarismo», cioè della tendenza a scomporre la società in tante enclavi etno-religiose portatrici di specifiche esigenze.

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Di più: qui si tratta della versione «separatista» del comunitarismo, ovvero di quella visione per cui i neri devono stare solo con i neri, i gialli solo con i gialli, i bianchi... no, loro non possono farlo, pena l'accusa di razzismo. Fatto sta che a partire dall'iniziativa di Globule Noir è nato un vivace dibattito sull'argomento, che ha coinvolto le massime autorità sanitarie. A cominciare dal ministro della Salute, Olivier Véran, che in una nota si è detto «scioccato».

 

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L'Ordine dei medici ha spiegato che tali liste «sono contrarie alla non discriminazione sancita dall'articolo 7 del codice deontologico, ai valori fondamentali dell'umanismo medico e alle fondamenta della Repubblica e dei suoi valori laici». Patrick Chamboredon, presidente dell'Ordine nazionale degli infermieri, rilancia: «Tutto ciò non corrisponde al codice della sanità pubblica e all'etica e alla deontologia dei professionisti della salute». Tanta fermezza, però, non appare unanime.

 

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Il Sindacato dei giovani medici generalisti, per bocca del suo presidente Benoît Blaes, ha criticato «le reazioni difensive e reazionarie del corpo medico. Quello che è scandaloso è che ci sia del razzismo nella sanità e che esso persista». Negli stessi giorni in cui scoppiava la polemica, pur senza farvi esplicito riferimento, la medesima sigla sindacale faceva uscire un comunicato in cui spiegava, ricerche alla mano, che «l'impatto del razzismo sulla sanità non è oggetto di dibattito, è una realtà scientifica documentata». Anche fra i media progressisti è scattata la gara a chi giustificava le liste razziali nei modi più creativi.

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France info ha intervistato Myriam, la donna che avrebbe per prima redatto la lista poi rilanciata da Globule Noir. Un elenco, spiega, pensato all'inizio solo per se stessa: «Volevo una dottoressa donna e in più una donna che mi somigliasse, cioè una nera, per sentirmi più a mio agio». Da qui la lista che, spiega Myriam, «non è fatta per dividere le persone» ma solo «per dare loro una scelta».

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France culture, invece, ha intervistato dei pazienti in forma anonima che hanno raccontato le loro disavventure mediche: Justine ha avuto per esempio un'esperienza «lesbofoba», mentre Elena, che fa la sex worker, lamenta di essere costretta a nascondere «l'80% della mia vita ai medici per non subire il loro giudizio» ed Erwan ha cercato invano uno psichiatra «razzizzato» e benevolo verso le persone trans.

 

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Cosa c'entri il fatto di aver incontrato un medico cafone con il colore della sua pelle non è chiaro. Ma resta soprattutto un dubbio: perché l'argomento «mi sento più a mio agio con le persone come me» ha legittimità solo se pronunciato da chi ha la pelle scura?

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