“I SOLDI FURONO VERSATI PER PAGARE IL SILENZIO” – I PM DI FIRENZE, CHE HANNO AVVIATO PER LA QUARTA VOLTA LE INDAGINI SUI MANDANTI DELLE STRAGI DEL 1993, SONO CONVINTI CHE IL FIUME DI DENARO PARTITO DA SILVIO BERLUSCONI E ARRIVATO SUI CONTI DI MARCELLO DELL’UTRI E DELLA SUA FAMIGLIA SIA SERVITO PER SILENZIARE L'EX SENATORE: “E' LA CONTROPARTITA PER LE CONDANNE PATITE E IL SUO SILENZIO NEI PROCESSI PENALI” - LA TELEFONATA DEL 2020 IN CUI LA MOGLIE DI DENIS VERDINI PARLAVA DELLA NECESSITÀ DI RICATTARE BERLUSCONI CON LA MOGLIE DI DELL’UTRI E…
Estratto dell'articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
SILVIO BERLUSCONI MARCELLO DELL'UTRI
A volerne fare un’estrema sintesi, l’accusa è tutta racchiusa in una frase. Pronunciata in carcere, otto anni fa, dal boss mafioso Giuseppe Graviano che parlava di Silvio Berlusconi con un altro detenuto, registrato da microspie e telecamera: «Lui mi disse, dice, “ci volesse una bella cosa”», e con le mani mimò il gesto di un’esplosione.
Quell’intercettazione fece riaprire per la terza volta l’indagine sull’ex presidente del Consiglio ipotetico mandante delle stragi del 1993 assieme a Marcello dell’Utri, suo plenipotenziario in Sicilia. Nuovamente archiviata dopo un paio d’anni. Finché ulteriori elementi non convinsero la Procura di Firenze (e il giudice che l’autorizzò) ad avviare la quarta inchiesta.
Rimasta a carico del solo Dell’Utri dopo la morte di Berlusconi, e che come si legge nel decreto di perquisizione del luglio scorso continua a ruotare intorno alla frase di Graviano. Alla quale si sono aggiunte acquisizioni che i procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco, con il sostituto Lorenzo Gestri, considerano riscontri. Compresi i versamenti milionari del fondatore di Forza Italia all’ex senatore, avvenuti prima, durante e dopo i sette anni di pena scontati dal 2014 al 2021, dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
«L’analisi dei flussi finanziari di Berlusconi verso Dell’Utri e i suoi familiari», hanno scritto i pubblici ministeri, unita alle dichiarazioni di alcuni collaboratori dell’ex premier, «induce a ritenere che le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto, così corroborando l’ipotesi del suo coinvolgimento in strage».
Gli investigatori hanno registrato conversazioni «nelle quali veniva fatto riferimento alla necessità di ricattare Berlusconi»; ad esempio quella del 2020 tra la moglie di Denis Verdini e quella di Dell’Utri.
«Se uno non lo ricatta, figlia mia...», dice la prima; «è quello il punto», risponde la seconda. Parole che per i pm «aiutano a delineare la causa illecita che ha indotto Berlusconi a elargire enormi quantitativi di denaro a Dell’Utri».
Usato pure per pagare gli avvocati, che secondo lo stesso ex senatore intercettato nel 2021 con un parlamentare tesoriere di Forza Italia, servivano alla difesa «non solo di Dell’Utri, ma anche di Forza Italia, per dire, anche del presidente, non è una cosa da sottovalutare... Forza Italia è immischiata in questa storia... come il presidente», e l’altro annuiva.
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Il silenzio dell’ex senatore anche durante gli anni del carcere, lautamente ripagato, avrebbe coperto nella ricostruzione dell’accusa un patto segreto siglato con Giuseppe Graviano, «rappresentante di Cosa nostra»: le stragi sul continente del 1993 e l’appoggio elettorale alla neonata Forza Italia in cambio «della promessa da parte di Dell’Utri, tramite Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro dei patrimoni». Fino al fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994 che, a Camere già sciolte dal capo dello Stato, «avrebbe costituito uno strumento di pressione di straordinaria portata nei confronti di tutte le forze politiche attive nella fase di transito alla nuova legislatura».
Considerazioni di tipo storico-politico che unite al resto […] compongono un quadro d’accusa forse suggestivo, ma che finora non ha prodotto nulla di concreto sul piano giudiziario. E che dopo le perquisizioni e ora il sequestro dei beni, sta per giungere al vaglio finale: nuova archiviazione o richiesta di un faticoso processo a carico di un indagato che ha già compiuto 82 anni?