IGINIO, MA CHE CASSATA DICI? MASSARI FA INCAZZARE I PASTICCERI SICILIANI PERCHE’ BOLLA LA CASSATA “UN DOLCE POCO ESPORTABILE PER IL SUO SAPORE TROPPO DOLCE” – PECCATO CHE SI TRATTI DI UNA SONORA STRONZATA, VISTO CHE LE PASTICCERIE PIÙ IMPORTANTI DI PALERMO E DELLA SICILIA HANNO RICHIESTE CONTINUE FUORI DALL’ITALIA E C’È CHI SPEDISCE PERSINO NEGLI STATI UNITI – DI SICURO NON POTRÀ MAI ESSERE UN PRODOTTO INDUSTRIALE VISTO CHE…
Estratto dell'articolo di Mario Pintagro per www.repubblica.it
È tutta colpa degli arabi, sempre loro. Se la cassata è arrivata prepotentemente sulle tavole dei palermitani si deve solo ed esclusivamente a loro che mille anni fa idearono questo dolce e gli diedero la forma di una scodella rovesciata, una qas’at, da cui il nome latinizzato. In principio c’era il pan di spagna e la ricotta di pecora, poi alla fine dell’800 il maestro pasticciere Salvatore Gulì, fornitore della Real Casa, ci mise del suo e si arrivò alla definizione del dolce come lo conosciamo oggi nelle nostre pasticcerie, con la glassa di zucchero, canditi e altre decorazioni.
Zucchero di qua e zucchero di là. Un’overdose di zucchero, un trionfo di saccarosio e fruttosio, roba da lasciare secco un diabetico al primo morso se non ha preso la mitica pillolina. Queste cose le sa bene Iginio Massari, che ha definito all’Expocook la cassata «un dolce poco esportabile per il suo sapore troppo dolce». […] Apriti cielo. I cultori della tradizione hanno sguainato le spade, alzato i vessilli per difendere un vanto della pasticceria siciliana.
Il maestro cioccolatiere Salvatore Cappello, dalla celebre bottega ai Danisinni abbozza un sorriso: «Questo lo pensa lui, è il suo punto di vista, che io rispetto. Ma la cassata che si produce oggi è molto diversa da quella che gustavo io quand’ero ragazzo, quando la proporzione di zucchero era di 900 grammi per un chilo di ricotta. Nei nostri laboratori la nostra formula è di 350 grammi per lo stesso quantitativo di ricotta. […]».
Cappello non rinuncia alla sua porzione di cassata nelle grandi occasioni. «Lui sostiene che non esportabile? È smentito dai fatti». Una veloce consultazione telefonica nelle più note pasticcerie cittadine conferma la tendenza. La richiesta c’è ed è forte soprattutto durante le feste confermano alla pasticceria Costa, nel quartiere Libertà. La consegna è limitata però al territorio nazionale ed avviene in 24-48 ore. Stessi tempi di consegna alla pasticceria Scimone nel quartiere Zisa.
«Noi accettiamo richieste per tutto il mondo — dice la cassiera — La consegna più lontana? L’abbiamo fatta negli stati Uniti. Ma se gli ordini sono troppi dobbiamo porre un limite». Altro che dolce non esportabile. Non è, non potrà essere mai un prodotto industriale, d’accordo ma esportabile certamente sì. E allora la levata di scudi si fa sempre più forte fra i pasticceri.
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