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LE ISOLE DELLA DESOLAZIONE – NELL’OCEANO INDIANO, A 3300 CHILOMETRI DAL MADAGASCAR, IL SORPRENDENTE ARCIPELAGO DI KERGUELEN COSÌ REMOTO DA AVER FATTO MANDARE IN CARCERE IL SUO SCOPRITORE - OGGI SONO ABITATE DA UN CENTINAIO DI SCIENZIATI E METEOROLOGI - VIDEO

 

 

Noemi Penna per La Stampa

 

KERGUELENKERGUELEN

Si dice che alle Kerguelen non passi giorno senza pioggia, ma neppure senza sole. In quanti possono vantarci di averci messo piede almeno una volta nella vita? Escludendo gli scienziati e i meteorologi che oggi ci lavorano, a dare un aiutino è il soprannome che è stato dato a questo arcipelago dell'Oceano Indiano: The Desolation Islands, le isole della desolazione. 

 

 

Nonostante la sorprendente natura selvaggia, il mare cristallino e le formazioni rocciose degne da libro fantasy, nei secoli l'isola di Kerguelen non ha perso il nomignolo settecentesco. Forse proprio perché tutt'oggi può essere annoverata fra i pochi posti al mondo quasi impossibili da raggiungere. 

 

L'isola di Kerguelen dista 3.300 chilometri da un centro abitato: non c'è alcun aeroporto e la terra più vicina è il Madagascar. Come raggiungerla dunque? Ogni tre mesi parte un traghetto dall’isola di Riunione e ci vogliono sei giorni di traversata in mare aperto per avvistare terra. 

 

Il primo a metterci piede fu il navigatore e ammiraglio francese Joseph Yves de Kerguelen Trémarec. Era il 17 febbraio 1772 e l'intero equipaggio rimase particolarmente stupito di non trovare il paradiso che si aspettavano: nessuna civiltà e un clima inclemente. Qui tutto l’anno è plumbeo, spesso nevoso e soprattutto ventoso e anche in estate (essendo nell'emisfero australe, a gennaio) le temperature medie si attestano attorno ai 10 gradi. Insomma, Kerguelen è proprio questo: un'isola remota e desolata ai confini del mondo. Ma non per questo meno affascinante. 

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Tornato in patria, l'unico contento della scoperta fu Kerguelen Trémarec: si presentò al cospetto di Luigi XV e con i suoi racconti su preziosissimi tesori e miniere d'oro ancora da scoprire convinse il re a finanziare una seconda spedizione, con tanto di coloni per stabilire un insediamento permanente e confermare l'egemonia francese su quelle terre. Arrivarono a destinazione il 6 gennaio 1774 ma la scoperta si rivelò una tremenda delusione.  

 

La favolosa «Terra Incognita Australis» si mostrò per quello che era: un’isola disabitata su cui non cresce nemmeno un albero, dove fiorisce solo un cavolo autoctono che diventerà l'essenziale fonte di nutrimento per i coloni e vivono indisturbati albatros, pinguini, leoni marini e foche. Insomma, ben diverso da quanto favoleggiato alla corte del re. Tanto da costare a Kerguelen Trémarec, una volta tornato in patria, sei anni di carcere.  

 

Mentre è in prigione, James Cook riscopre l’isola approdando proprio a baia dell’Oiseau, in corrispondenza di un grande arco di pietra, che chiama Port Christmas. Ma lo scafato marinaio inglese ci vide lungo, tanto da battezzare subito la terra The Desolation Islands. Esplorando l'isola, trova il messaggio in bottiglia lasciato da Kerguelen Trémarec e - leggenda narra - che pronunciò la frase: «Queste isole della desolazione i francesi se le possono pure tenere». E come se non bastasse, per sottolineare la beffa gli affibbiò ufficialmente il nome di Kerguelen, in «onore» del collega francese.  

 

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Oggi l'isola di Kerguelen è abitata da un centinaio di scienziati e meteorologi che, a rotazione, lavorano nella stazione tecnica e scientifica di Port-aux-Français, costruita nel 1950. Qui si svolgono ricerche di ambito geofisico, biologico, meteorologico, climatologico e oceanografico. Quello che i marinai settecenteschi non capirono è che in realtà un paradiso terrestre lo avevano scoperto: un'oasi incontaminata dove flora e fauna si sono riprodotti senza alcuna interferenza umana. 

 

 

 

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