“SORRIDO SE PENSO DI RISCHIARE SETTE ANNI, MENTRE LO STATO INVIA ARMI A MANETTA ALLA POPOLAZIONE A FIANCO DELLA QUALE SONO VENUTO A COMBATTERE” – PARLA KEVIN CHIAPPALONE, IL FOREIGN FIGHTER GENOVESE CHE SI È ANDATO A RECLUTARE CON GLI UCRAINI: “CASAPOUND NON C’ENTRA. SONO QUI NON PER SOLDI, MA PER UN IDEALE, PER DIFENDERE LA LIBERTÀ DI UN PAESE AGGREDITO” – “ALLA FINE DI APRILE C’È STATO UN GIORNO X. UN CONTROLLO DELLA DIGOS MI HA SPINTO AD ANTICIPARE I TEMPI. DAI PRIMI DI MAGGIO SONO STATO IN ADDESTRAMENTO PER UN MESE E MEZZO ABBONDANTE. POI…”
Matteo Indice per “La Stampa”
«Un controllo della polizia mi ha spinto ad anticipare i tempi. E adesso sono qui a combattere, non per soldi, ma per un ideale, per difendere la libertà di un Paese aggredito, con in tasca i 400 euro che avevo nel giorno della partenza. Ma non voglio parlare delle persone che con me hanno partecipato e stanno partecipando a quest' iniziativa».
Kevin Chiappalone, 19 anni, è lo studente genovese e militante di CasaPound indagato dalla Procura, che lo accusa d'essere un mercenario fuorilegge filo-ucraino. Risponde al cellulare con ogni probabilità dai dintorni di Kharkiv, sebbene sulla localizzazione precisa resti sempre evasivo, ed è raggiungibile sul suo numero di cellulare italiano, attraverso WhatsApp.
KEVIN CHIAPPALONE CON I COLLEGHI MERCENARI
Gli investigatori vogliono capire in primis quali appoggi lei abbia avuto e uno dei fronti esplorati è proprio la militanza per CasaPound.
«CasaPound non c'entra».
Qualcuno l'ha aiutata dall'Italia?
«Ho discusso con il mio avvocato, non me la sento in questo momento di parlare delle persone che con me, a vario titolo, stanno condividendo una scelta profonda».
Come si sono aggiornati i suoi programmi?
«C'è stato un giorno X, alla fine di aprile. Il mio itinerario era già programmato, c'era uno schema, tutto: sapevo dove andare, come, ogni cosa. Il problema è stata la Digos, che mi ha messo nel mirino. Una mattina sono sceso da casa per fare colazione e mi hanno portato in questura per circa tre ore. Mi hanno fatto una serie di domande per capire che ambienti stessi frequentando in quel periodo, che cosa avessi intenzione di fare».
Come si è mosso a quel punto?
KEVIN CHIAPPALONE CON UN CUCCIOLO
«Uscito dalla questura ho capito che il mio piano era saltato.Originariamente dovevo partire da via Fanti d'Italia (zona vicina alla stazione ferroviaria genovese Piazza Principe, ndr) con un Flixbus per arrivare a Orio al Serio e da qui dirigermi in aereo verso Cracovia in Polonia (sorvola sull'aggiornamento della logistica, che ha fatto evidentemente variare le date dei voli e altri spostamenti, ndr)».
E una volta giunto in Polonia?
«Arrivato a Cracovia mi sono trattenuto un paio di giorni, per organizzarmi. Avevo con me 400 euro, in precedenza avevo preso un biglietto di sola andata. In seguito ho attraversato il confine con l'Ucraina (anche su quest' aspetto limita il più possibile i dettagli, senza fornire ulteriori informazioni sui compagni che si sarebbero trovati con lui e che secondo gli investigatori erano di diverse nazionalità, in particolare francesi e spagnoli, ndr)».
I suoi genitori sapevano ciò a cui si stava preparando, dove sarebbe andato?
«No, lo hanno capito quando la Digos è tornata a casa in mia assenza, io poi li ho informati dall'Ucraina (il padre di Kevin, Filippo, ha precisato come nei giorni antecedenti la sparizione il figlio avesse ripetuto ai familiari che si sarebbe assentato per qualche settimana dovendo fare «volontariato a Sanremo», ndr). Mia madre era in lacrime».
Come si è mosso una volta entrato in Ucraina?
«Dai primi di maggio sono stato in addestramento per un mese e mezzo abbondante: un impegno intenso, sostenuto tutti i giorni. Dopodiché, quando hanno ritenuto che avessi raggiunto un'adeguata preparazione, sono stato dispiegato sul teatro di guerra».
Le accuse che le muove la giustizia italiana sono molto dure.
«Sì, e mi pare incredibile. Nei commenti sui social alle notizie che mi riguardano, c'è gente che scrive "questo dev' essere processato perché va a uccidere persone per soldi", cose inimmaginabili. Io non lo faccio per denaro, sia chiaro.
Raccontano pure che mi sono deciso a partire dopo aver sentito Putin dire che voleva fermare la denazificazione dell'Ucraina, ma è un'enfatizzazione, io sono qui per aiutare gli ucraini a proteggere la loro libertà. Sorrido se penso d'essere inquisito per "mercenariato", e di rischiare fino a sette anni, mentre lo Stato italiano invia finanziamenti e armi a manetta alla popolazione a fianco della quale sono venuto a combattere. Il mio comportamento è un reato, ma lo Stato può fare molto di più: sono basito».