NON BASTAVA AL BAGHDADI - L’ATTENTATO A TUNISI NASCE DALLA GALASSIA JIHADISTA DEL MAGHREB GUIDATA DA TARIQ AL HARZI, UN SUPER-TERRORISTA SENZA VOLTO CONOSCIUTO COME “L’EMIRO DEI KAMIKAZE”

strage in tunisia, gli italiani uccisi strage in tunisia, gli italiani uccisi

Maurizio Molinari per “la Stampa”

 

L’attacco al museo Bardo di Tunisi nasce dalla galassia jihadista maghrebina che ha molte diramazioni e annovera un super-terrorista senza volto meglio noto come «l’Emiro dei kamikaze», che si troverebbe in Libia. La pista che porta a Tariq Al Harzi, questo il nome dell’«Emiro», attraversa il network islamista che dal Nordafrica raggiunge i territori del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi in Siria e Iraq, articolandosi in cellule e gruppi con fedeltà differenti, spesso in competizione fra loro nella guida della «Jihad Globale».

 

SOLDI E RECLUTAMENTI

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Nato nel 1982 in Tunisia, Al Harzi cresce nelle cellule salafite che operano nel ahara, muovendosi senza difficoltà fra più Stati, e nel 2013 appare sui radar dell’anti-terrorismo come regista dell’arrivo in Siria e Iraq di centinaia di volontari tunisini destinati a Isis. Si tratta di un fenomeno nuovo, che spinge europei e americani a un monitoraggio serrato.

 

È così che il ministero del Tesoro Usa arriva alla decisione di includerlo nella lista dei super-terroristi - colpendolo con sanzioni ad personam nel 2014 - perché è coinvolto nell’arrivo di circa 2 miliardi di dollari in «donazioni private» dal Qatar all’Isis nel corso del 2013.

 

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Collettore di ingenti fondi e al tempo stesso regista di volontari jihadisti, Al Harzi crea in tempi rapidi un network con più ramificazioni che portano non solo al Califfo ma anche ad «Al Qaeda in Maghreb», ancora fedele ad Ayman al Zawahiri successore di Osama bin Laden, come ai gruppi Al Shaabab in Somalia e a singoli finanziatori dei salafiti, di base in più Paesi del Golfo.

 

Non è chiaro se Al Harzi lavori per uno, più committenti o solo per se stesso, arricchendosi grazie al traffico che alimenta la Jihad in due Continenti. Di sicuro viene considerato affidabile, da Al-Nusra in Siria come da Isis in Iraq, perché i militanti tunisini che recapita a destinazione dimostrano di possedere una motivazione molto alta, sono ideologicamente affidabili e sono pronti a morire.

 

AL ZAWAHIRI E BIN LADEN AL ZAWAHIRI E BIN LADEN

«EMIRO DEI KAMIKAZE»

La definizione di «Emiro dei kamikaze» nasce proprio dalla constatazione che gli islamici che fa arrivare dalla Tunisia quasi sempre si fanno saltare in aria in Siria o Iraq per colpire gli «infedeli». Di Al Harzi non esistono foto recenti ma il nome è legato ai tremila volontari tunisini nell’Isis, un record nella classifica degli arrivi dai Paesi musulmani.

 

Il sospetto dell’intelligence occidentale è che ora l’«Emiro» si trovi in Libia, dove coordina l’arrivo di militanti - ancora una volta in gran parte tunisini - per rafforzare le cellule islamiche che operano in Cirenaica e Tripolitania, alcune delle quali hanno giurato fedeltà al Califfo. Al Harzi si sarebbe spostato, dall’area Siria-Iraq alla Cirenaica, seguendo il baricentro dei traffici illeciti, attirato ora dai facili proventi dei pozzi del petrolio libico. Proprio dalla nuova zona di operazioni in Tripolitania, l’«Emiro» sarebbe entrato in contatto con alcune brigate tunisine.

jabhat al nusrajabhat al nusra

 

E sarebbe stato lui a spingere Wamnes Fakieh, capo di «Ansar al Sharia» in Tunisia, a incidere l’audio in cui la cellula di Isis preannunciava attacchi nel Paese dei gelsomini per rappresaglia dopo l’uccisione in Libia di Ahmed al-Rouissi, caduto in scontri con le milizie islamiche fedeli a Tripoli. La morte di al-Rouissi, secondo questa interpretazioni, sarebbe stato una sorte di «grilletto» spingendo Al Harzi a cercare un’immediata rappresaglia. Sempre l’«Emiro dei Kamikaze» avrebbe arruolato nei ranghi del Califfo Seifallah Ben Hassine, uno dei capi di «Ansar al-Sharia» in Tunisia.

LA DECAPITAZIONE DI TRE MONACI FRANCESCANI DA PARTE DEI RIBELLI SIRIANI DI AL NUSRA LA DECAPITAZIONE DI TRE MONACI FRANCESCANI DA PARTE DEI RIBELLI SIRIANI DI AL NUSRA

 

Nulla da sorprendersi se il suo passaporto tunisino, numero Z-050399, è fra i più ricercati dell’intero Pianeta. Ciò che colpisce è come, seguendo la pista dei volontari tunisini smistati dall’«Emiro», si arrivi a descrivere la mappa della galassia jihadista perché giungono a destinazione a «Jund Al Khalifa» in Algeria, «Ansar al-Sharia» in Libia, nei gruppi salafiti marocchini come in quelli siriani e iracheni che si battono contro il regime Assad e il governo di Baghdad.

 

I TIMORI DEL PENTAGONO

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Il timore del «Comando Africa» del Pentagono è che questo arcipelago di sigle e gruppi, spesso in competizione sulla gestione delle risorse, stia creando dei legami strutturali con Boko Haram, i jihadisti nigeriani che operano a Sud del Sahara, puntando a trasformare proprio il grande deserto nella zona franca della Jihad, una sorta di grande autostrada lungo la quale gestire più traffici e più guerriglie. Incluse quelle dei «Morabitoun», in Mali e Niger, fedeli all’imprendibile Mokhtar Belmokhtar, regista della guerriglia anti-francese e conteso fra al Zawahiri e il Califfo.

 

 

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