sudafrica 2

L'INCONTRO TRA IL COVID E L'HIV POTREBBE AVERE CONSEGUENZE DEVASTANTI - IL CASO DI UNA DONNA SUDAFRICANA MALATA DI HIV CHE E' RIMASTA CINQUE MESI CON IL CORONAVIRUS SVILUPPANDO 30 MUTAZIONI DIVERSE - SE IL SUO CASO SI DOVESSE RIVELARE TIPICO, LO SCENARIO POTREBBE DIVENTARE QUELLO DELLA SINDEMIA, LA CONCOMITANZA DI DUE EPIDEMIE - NEL MONDO CI SONO 10 MILIONI DI PERSONE SIEROPOSITIVE CHE NON SANNO DI ESSERLO...

Dagotraduzione dal Los Angeles Times

 

Sudafrica

Mentre i paesi meno ricchi del mondo lottano per vaccinarsi contro il Covid-19 e combattono contro le ondate mortali delle malattia, i ricercatori in Sudafrica hanno appena documentato uno sviluppo inquietante: l’incontro tra il coronavirus e l’Hiv.

 

Genetisti e specialisti in malattie infettive hanno scoperto mutazioni di coronavirus potenzialmente pericolose in una donna di 36 anni con Hiv incontrollato che non è stata in grado di liberarsi del Covid per quasi otto mesi. In questo periodo, probabilmente la sua risposta immunitaria, compromessa per via dell’Hiv trattato senza successo, ha scatenato numerosi cambiamenti genetici nel virus.

 

Sudafrica 3

Il caso mette in luce una difficile verità: le nazioni ricche che corrono a vaccinare le proprie popolazioni rimarranno vulnerabili finché il coronavirus si potrà diffondere e potrà mutare nei paesi a basso e medio reddito, dove la mancanza di un vaccino a mantenuto bassi i tassi di immunizzazione dal Covid. Una realtà particolarmente vera in Sudafrica, dove le infezioni da Hiv sono comuni ma spesso non rilevate.

 

Per 216 giorni, la donna ha continuato a risultare positiva al Sars-Cov-2. È stata ricoverata in ospedale per nove giorni a settembre ma non si è mai ammalata grave di Covid. Ma il virus rimasto nel suo corpo ha subito 13 cambiamenti genetici legati alla proteina Spike, e altri 19 altrove. Mutazioni che potrebbero cambiare il comportamento del virus.

 

Sudafrica 2

Le nuove scoperte fanno pensare che il flagello dell’Hiv, che in quarant’anni ha ucciso 32 milioni di persone in tutto il mondo, potrebbe complicare gli sforzi per sradicare il Covid, che in meno di un anno ne ha uccise altre 3,5 milioni.

 

Fino alla paziente sudafricana, c’erano scarse prove che suggerissero che le persone con infezioni da Hiv potessero complicare la traiettoria della pandemia. I sieropositivi non sono noti per avere maggiori probabilità di contrarre il coronavirus. E secondo i ricercatori non dovrebbero subire conseguenze peggiori rispetto agli altri.

 

Un paziente Covid a Citta del Capo

Ma se il suo caso si dovesse rivelare tipico, lo scenario potrebbe cambiare: i pazienti Hiv le cui infezioni non sono controllate con i farmcai potrebbero «diventare una fabbrica di varianti per il mondo intero» ha detto Tulio de Oliveira, genetista dell’Università di KwaZulu-Natal a Durban, che ha guidato la ricerca.

 

Nel mondo si stima che ci siano 8 milioni di sieropositivi inconsapevoli di avere il virus. Altri 1,7 milioni assumono farmaci che non sono efficaci. La prospettiva che l’Hiv incontrollato di circa 10 milioni di persone possa generare nuove varianti di coronavirus ha implicazioni di ampia portata.

 

Hiv

«Diventerebbe una sindemia» ha detto Jonathan Li, cioè la concomitanza di due epidemie che hanno il potenziale di peggiorarsi l’una con l’altra. Specializzato in malattie infettive presso il Brigham & Women’s Hospital di Boston, Li è stato uno dei primi a documentare la proliferazione di significative mutazione del coronavirus in un paziente immunocompromesso.

 

Tra le varianti individuate nella paziente sudafricana, alcune avevano la capacità di resistere ai vaccini e ai farmaci. Non è ancora chiaro se qualcuna delle mutazioni si sia diffusa ad altre persone. Ma per i ricercatori non è una coincidenza che siano emerse nuove varianti pericolose da popolazioni come quelle della provincia di KwaZulu Natal, dove più di 1 adulto su 4 ha l’Hiv. È ancora presto per capire se il caso della donna è stata un’eccezione oppure no.

 

VIRUS HIV

De Oliveira e i suoi stanno analizzando altri 300 pazienti sieropositivi che hanno contratto il Covid per più di un mese per capire se il virus è mutato anche con loro.

 

«Dobbiamo impegnarci a rendere disponibili i vaccini a livello globale», ha affermato Walker del Ragon Institute. «E dobbiamo essere particolarmente reattivi nelle aree in cui l'infezione sta avanzando più rapidamente».

 

Il Sudafrica, che ospita quasi 2,2 milioni di malati di Hiv non trattati, al 31 maggio aveva vaccinato solo 183.000 persone. L'India, attualmente il luogo della peggiore ondata di COVID-19 al mondo, ha quasi 1 milione di persone con infezioni da HIV non trattate. Solo il 12% degli indiani ha ricevuto un primo vaccino contro il COVID-19 e il 3,2% è completamente vaccinato. Per fare un confronto, gli Stati Uniti hanno fornito le prime dosi al 51% della popolazione e vaccinato completamente il 41%.

 

VARIANTI CORONAVIRUS

Il caso della donna sudafricana potrebbe anche aiutare a spiegare perché più della metà delle nuove varianti di coronavirus rilevate fino ad oggi sono state documentate per la prima volta in Africa. Il continente ospita circa 7,5 milioni di persone sieropositive che non sono trattate efficacemente con terapie antiretrovirali. La maggior parte ha un'immunità compromessa, il che dà al virus un periodo più lungo per replicarsi e mutare.

 

Ma la prospettiva che l'HIV non trattato possa complicare la fine della pandemia di COVID-19 suggerisce anche un modo per affrontare entrambi i problemi in tandem, con effetti sinergici, ha affermato De Oliveira. «Questa potrebbe essere un'occasione d'oro per controllare l'epidemia di HIV e proteggere il mondo dalle varianti», ha detto.

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