DA LECCARSI I BAFFI – LA CONSIGLIERA REGIONALE LOMBARDA PATRIZIA BAFFI INDAGHERÀ SUI SUOI DATORI DI LAVORO? IL POSSIBILE CONFLITTO DI INTERESSI DELLA RENZIANA, ELETTA CON I VOTI DI LEGA E FORZA ITALIA A CAPO DELLA COMMISSIONE CHE DEVE INDAGARE SULLE FALLE DELLA GESTIONE SANITARIA: RISULTA ESSERE DIPENDENTE DI UNA RSA DI CODOGNO, UNO DEGLI ISTITUTI FINITO AL CENTRO DELLE CRONACHE PERCHÉ…
Andrea Sparaciari per www.businessinsider.com
Una donna sola al comando, ma in evidente conflitto di interesse (politico). È Patrizia Baffi, la consigliera regionale di Italia Viva eletta ieri – grazie ai voti di Lega e Forza Italia (più il suo) – alla presidenza della commissione chiamata a far luce sulle tante e macroscopiche falle della gestione dell’emergenza sanitaria da parte del duo Attilio Fontana – Giulio Gallera.
Tra le tante magagne sulle quali si dovrà indagare, c’è sicuramente la famosa delibera regionale dell’8 marzo 2020 che mise i malati Covid nelle Rsa, causando una vera e propria strage di anziani. Un punto nodale della gestione della crisi pandemica di Fontana, che la Commissione dovrà vivisezionare. Il problema è che la neo-presidentessa Baffi risulta essere dipendente – in aspettativa – proprio di una Rsa, la Fondazione Opere Pie Riunite di Codogno Onlus.
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Il suo curriculum recita infatti: “Fino al 2001 mi sono occupata di materia societaria e riclassificazione bilanci presso uno Studio Professionale di Dottori Commercialisti, in seguito e fino al 2018 ho lavorato presso una Residenza Sanitaria Assistenziale operando in materia amministrativa gestionale”.
Ad aggravare la situazione il fatto che quell’istituto fa era finito al centro delle cronache nei mesi di massima crisi Covid, perché, come riporta “Il Giorno” del 12 maggio 2020, aveva vissuto “un periodo durissimo che ha visto 43 decessi dal 21 febbraio al 30 aprile, di cui 31 solo nel primo mese dall’inizio dell’emergenza”. Insomma, in quella Rsa il virus aveva colpito duro. Tanto che il segretario regionale della Federazione Italiana Sindacati Intercategoriali (Fisi), Gianfranco Bignamini, dichiarava alla stampa: “I decessi alla Fondazione Opere Pie sono 44, il 34% rispetto ai posti letto, che ne fanno la prima fondazione con morti in Lombardia, superiore anche al Pio Albergo Trivulzio di Milano”. Ora, sui comportamenti della Rsa di Codogno si farà luce e non sappiamo se Bignamini abbia ragione, oppure abbia ragione la dirigenza sanitaria, che il 16 aprile pubblica un comunicato stampa nel quale afferma che “ad oggi gli ospiti che sono deceduti presso la nostra struttura sono 43, di questi solo 4 sono risultati positivi al Covid-19”.
Tuttavia un fatto è certo: la presidente Baffi si potrebbe trovare anche ad “indagare” sui propri datori di lavoro. Con un evidente conflitto di interessi. Naturalmente, la Commissione – dalla quale le opposizioni hanno già preso le distanze – non dovrà svolgere indagini sui singoli casi, ma avrà il compito di andare ad analizzare le decisioni della giunta Fontana.
Tuttavia resta una gigantesca questione di opportunità politica: può il presidente di una Commissione tanto attesa nella regione che ha registrato oltre 16 mila morti, essere gravato di un tale ingombrante fardello? A maggior ragione se di quel fardello nessuno era a conoscenza…
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Perché Baffi non ha dichiarato apertamente la sua situazione? Forse sarebbe stata eletta comunque, o forse no. Di sicuro avrebbe evitato di aggiungere benzina sul fuoco delle già roventi polemiche generate dalla sua elezione arrivata nello stesso giorno nel quale tre senatori renziani davano una grossa mano a Matteo Salvini in Senato nel farsi bocciare dalla Giunta per le immunità la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti per la vicenda Open Arms.
Polemiche come quelle sollevate nella nota diramata dal Movimento 5 Stelle della Lombardia nella serata di ieri: “La vicenda della elezione del Presidente della Commissione di inchiesta evidenzia quanto fosse non idonea l’autocandidatura del collega Usuelli e della Presidente Baffi. Il primo è un medico del Servizio sanitario regionale e la secondo dipendente di una RSA (con un numero di decessi per COVID superiore a 40). Insomma figure che in un modo o nell’altro potrebbero non essere obiettivi nel relativo modo di agire. Il fatto stesso di autocandidarsi da parte di un gruppo costituito da un solo consigliere rende la cosa di per sé ridicola. Nemmeno nelle riunioni di condominio si elegge così il capo scala. Questa è la serietà con la quale si muove la Regione Lombardia con l’interpretazione faziosa di un regolamento tale per cui ogni un singolo consigliere si può autocandidare e poi farsi eleggere con i voti nella maggioranza. Senza un controllo democratico, discriminando le minoranze e facendo dell’intolleranza e dello scambio di favori il modus operandi di Regione Lombardia”. E che sicuramente continueranno oggi.
Intanto, nei corridoi del Pirellone si mormora che subito dopo il voto di ieri, Baffi (che sarebbe esplosa in un irrefrenabile pianto subito dopo l’elezione) sia rimasta politicamente sola e che si moltiplichino le “pressioni” affinché rinunci al contestato mandato. Inviti provenienti anche dai suoi referenti politici di aria lodigiana, come l’onorevole Ettore Rosato, fino a ieri padrino politico di Baffi, da oggi forse un po’ meno.