LUPI O AGNELLI? – NELLA FAIDA TRA MARGHERITA E LA FAMIGLIA, SPUNTANO ALTRI TRE CONTI CORRENTI CHE SAREBBERO STATI NELLA DISPONIBILITÀ DI GIANNI AGNELLI E DI CUI LA FIGLIA NON SAPEVA AL MOMENTO DELL’ACCORDO DI GINEVRA. MA LE AUTORITÀ SVIZZERE NEGANO LA COLLABORAZIONE AI PM MILANESI – MARELLA CARACCIOLO AVREBBE TENUTO NASCOSTI ALLA FIGLIA ANCHE ALTRI BENI: TRE POSTI BARCA IN COSTA AZZURRA E UN APPARTAMENTO A PARIGI SU CUI MARGHERITA AVEVA ESPRESSAMENTE CHIESTO UNA PRELAZIONE. PECCATO CHE ERANO GIÀ STATI VENDUTI A JOHN E LAPO PER UNA CIFRA IRRISORIA…
Gigi Moncalvo per “La Verità”
Il lavoro di indagine svolto da Marc Hürner portò a un altro risultato: la scoperta di uno statement bancario risalente al 2002, cioè pochi mesi prima della morte dell'Avvocato, che dimostrava l'esistenza di tre ulteriori conti custoditi in quella banca, che sarebbero stati nella disponibilità di Gianni Agnelli.
Si trattava dei conti numero 52701, 53260, 60004 tutti preceduti dal codice 051, che riguardava l'Italia, al punto che il beneficiario dei conti viene indicato dalla banca come «Italy». Era emerso che questi tre conti risultavano gestiti da Adolf Brundler. È anche probabile che, dopo il licenziamento di Brundler, i conti fossero passati sotto la gestione di un altro dirigente, Pavlos Bailas.
michele e andrea galasso i legali di margherita agnelli
L'ammontare complessivo delle tre posizioni, che risultavano ancora aperte e attive nel gennaio del 2010 quando furono «scoperte», toccava la cifra di 411 milioni di euro. Una somma che - secondo i nuovi avvocati di Margherita (Andrea e Michele Galasso di Torino) che segnalarono immediatamente i fatti ai magistrati di Milano - era «evidentemente da ascriversi al patto illecito intercorso tra lo stesso Adolf Brundler e Sigfried Maron (e loro eventuali complici), secondo il racconto» fatto da Paolo Revelli sia a Margherita Agnelli che ai pm di Milano.
Gli avvocati Galasso, allegando le copie degli statement bancari, chiedono ai magistrati di voler indagare sulla provenienza e la destinazione del patrimonio così individuato. Nonché di cercare di identificare i fiduciari intestatari di tali conti e scoprire ogni altra notizia».
margherita agnelli e gianni agnelli
I magistrati milanesi chiedono immediatamente la collaborazione delle autorità svizzere e inoltrano in via ufficiale due richieste di assistenza giudiziaria sia al procuratore cantonale di Zurigo che alle autorità del Liechtenstein. Ma Berna respinge nel giro di pochi giorni la domanda di rogatoria per interrogare Adolf Brundler, Siegfried Maron e i dirigenti di Morgan Stanley, con una motivazione incredibile: «Sulla base dell'assunto che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale».
gianni agnelli con la moglie marella e i figli edoardo e margherita
Una analoga risposta negativa era, ovviamente, arrivata dalle autorità giudiziarie del Liechtenstein e le scoperte da parte dei magistrati italiani che portavano a Vaduz («ove avevano sede fondazioni e trust riconducibili a Giovanni Agnelli») erano andate a infrangersi contro le norme che assicurano la massima riservatezza a chi si affida alla impenetrabile Lgt Bank, il più grande gruppo di private banking e asset management del mondo di proprietà della Casa regnante del Lichtestein, la famiglia von und zu Liechtenstein.
Nel quadro delle investigazioni di Hürner erano emersi anche fatti di non eccessiva rilevanza finanziaria ma sintomatici, per i tempi e le modalità, e soprattutto emblematici per provare come era stata tessuta e da chi la ragnatela che aveva come obiettivo di intrappolare una delle due eredi.
MARGHERITA AGNELLI E MARELLA CARACCIOLO
In questo modo Margherita aveva scoperto che sua madre le aveva tenuti nascosti una serie di beni riconducibili al patrimonio del defunto e quindi oggetto della divisione ereditaria. Ad esempio tre posti barca a Beaulieu in Costa Azzurra, venduti proprio nei giorni in cui erano ancora in corso le trattative per l'accordo di Ginevra ma mancavano ancora alcuni mesi prima che tale atto venisse firmato.
I tre posti barca, (contrassegnati dai numeri 25, 26, 27) erano stati venduti ai fratelli Marco Emilio, Giovanni e Andrea Boroli, tre dei sei figli di Achille Boroli, leggendario presidente dell'Istituto geografico De Agostini di Novara e poi della holding Fidea.Secondo quanto dichiarato alla Procura di Milano dal primo dei tre fratelli, «dopo una trattativa diretta» con il loro padre Achille, «alla fine del 2003 si giunse all'accordo di vendita» e i tre contratti vennero firmati «all'inizio del 2004».
I relativi documenti erano arrivati dallo studio Batliner & Gasser di Vaduz, lo studio fiduciario più importante del Liechtenstein, che lavora per i più grandi gruppi internazionali. La società venditrice dei posti barca era la Almeria Shipping Inc., con sede a Road Town a Tortola, una delle Bvi (British virgin island), il cui procuratore era l'avvocato Ivan J. Ackermann della società First advisory group con sede a Vaduz, la stessa che si era occupata dal 1993 di tutte le società off shore riconducibili alla Alkyone foundation, che aveva come «riferimento» e primo beneficiario proprio Giovanni Agnelli. Il quale aveva fatto intestare ciascuno dei posti barca a tre diverse società off shore: Delphburn Ltd (posto n. 25) domiciliata a Douglas, la principale città dell'Isola di Man nel Mar d'Irlanda, Triaria Investments Limited (n. 26) e Celestrina Ltd (n. 27), entrambe domiciliate a Saint Hélier, nell'isola di Jersey, uno dei paradisi fiscali delle isole del Canale della Manica.
MARGHERITA AGNELLI E JOHN ELKANN
E difatti le tre società erano rappresentante dalla Ansbacher trust company its, con sede a St. Peter Port, la principale città dell'isola di Guernsey, una dipendenza della Corona britannica di fronte alle coste francesi. Le tre società - controllate dalle fiduciarie Topaz Inv. e Anka Ltd di Guernsey - risultavano possedute da Almeria ed erano proprietarie di numerosi asset tra cui 40 preziose azioni della Société du Port de Plaisance, titolare del porto di Beaulieu sur Mer.
I Boroli avevano pagato 1,4 milioni di euro per i posti barca. Secondo un rapporto della Guardia di Finanza di Milano, invece, il valore effettivo dei tre ormeggi ammonta a 3 milioni di euro.
Che i tre posti barca fossero nella disponibilità di Gianni Agnelli era dimostrato non solo dal fatto che fin dagli anni Settanta li utilizzasse per le sue barche ma, soprattutto, che a condurre le trattative per la vendita fosse stata Ursula Schulte. Secondo le testimonianze dei Boroli, la signora svizzera si era presentata come «collaboratrice dello studio legale Staiger, Schwald & Roesle» di Zurigo, ma in realtà era sempre stata persona di estrema fiducia di Gianni Agnelli, aveva lavorato come dipendente a tempo pieno per la Sadco di Zurigo (cioè il family office dell'Avvocato) alle dirette dipendenze dell'avvocato Hans Rudolph Staiger, che ne è stato amministratore e liquidatore.
Nonché per la Sacofint (l'altro family office svizzero), costituita a Zurigo e nel tempo trasferita a Ginevra. Non per nulla Margherita Agnelli aveva presentato al tribunale civile di Ginevra una causa di rendiconto, analoga a quella italiana, nei confronti proprio di Ursula Schulte e di Siegfried Maron, volta a dimostrare che tale società era riconducibile a Gianni Agnelli.
Un altro bene al centro dell'attenzione era un appartamento a Parigi su cui Margherita, nella postilla all'accordo di Ginevra, aveva espressamente chiesto di avere una prelazione nel caso la madre avesse deciso di venderlo. Donna Marella accettò ma si guardò bene dal rivelare alla figlia che aveva già venduto quell'immobile pochi mesi prima a John e Lapo per una cifra irrisoria.
A rendere tesissimi i rapporti tra madre e figlia era stato in particolare l'atteggiamento di Marella nei confronti degli otto figli di Margherita: per lei era come se i cinque de Pahlen non fossero mai esistiti. Tutti i privilegi e molti asset oggetto dell'accordo - in primis le azioni dell'Accomandita Giovanni Agnelli - non solo erano stati in pratica «girati» al primo nipote Elkann, oggetto anche di una cospicua donazione di quote della Dicembre da parte della nonna, ma c'erano altri due punti in cui Marella danneggiava pesantemente i cinque nipoti de Pahlen. Nella transazione avvenuta a Ginevra, la nonna attraverso l'«accordo tombale» andava a ledere irrimediabilmente anche i diritti successori futuri di cinque degli otto figli di Margherita. (6. Continua)
Edoardo, Marella e Gianni Agnelli GIANNI E MARELLA AGNELLI NEL gianni agnelli con la moglie marella e i figli edoardo e margheritaMARGHERITA AGNELLIMARGHERITA AGNELLIgianni agnelli e marellla agnelliMARGHERITA AGNELLImargherita agnelli e gianni agnelli 1margherita agnelli e gianni agnelliil matrimonio tra margherita agnelli e alain elkannGianni Agnelli con Marella