MAMMINA CARA - DUE KILLER DILETTANTI DIETRO L'ASSASSINIO DI HELENE PASTOR, LA DONNA PIU’ RICCA DI MONTECARLO – L’ARRESTO DELLA FIGLIA DELLA VITTIMA E DEL GENERO, L'ELEGANTE UOMO D'AFFARI CHE HA SCALATO I VERTICI DEL PRINCIPATO
1. DUE KILLER DILETTANTI DIETRO L’ASSASSINIO DELL’EREDITIERA PASTOR
Jean-michel Verne per "La Stampa"
Due killer, non molto «professionali», e un flusso di denaro «sospetto» sui conti del genero di Hélène Pastor, l’ereditiera monegasca assassinata lo scorso 6 maggio a Nizza. Sono i primi dettagli che emergono dalle indagini che hanno portato, lunedì, all’arresto di 23 persone nel sud della Francia.
Li ha forniti ieri il procuratore Brice Robin. Prima di tutto, i nomi dei due presunti esecutori. Due giovani delle isole Comore, Alhair Hamadi, 31 anni, e Samine Saïd Ahmed, 24. Tutte due già noti agli inquirenti per altri crimini ma non, probabilmente, dei killer professionisti. Bisognerà però aspettare venerdì per sapere qualcosa di più sui mandanti di un crimine che ha oramai tutti i contorni di un «complotto di famiglia».
L’arresto della figlia della vittima, Sylvia, e del marito Wojciech Janowski, dovrebbe portare a ulteriori chiarimenti e soprattutto al movente del delitto. Il primo capitolo del giallo mette in scena due giovani comoriani dei quartieri nord di Marsiglia, trasformati in apprendisti assassini. La sera del 6 maggio, nel parcheggio dell’ospedale Larchet di Nizza il killer, protetto dal suo palo, spara due colpi di fucile da caccia su Hélène Pastor e il suo autista Mohammed Darwich.
Le due vittime moriranno qualche giorno dopo per le terribili ferite. Ma i killer agiscono a volto scoperto sotto il naso di dozzine di testimoni e delle telecamere di sorveglianza dell’ospedale. Un dato che colpisce gli investigatori. Per quanto «efficace» il lavoro non è stato «da professionisti». Le indagini su tabulati telefonici, sulla geolocalizzazione dei cellulari e delle immagini delle telecamere portano rapidamente a identificare gli esecutori. E di lì a risalire verso l’alto.
I due sospetti sono stati reclutati a Marsiglia da intermediari che in questo momento sono sotto interrogatorio. La dinamica del delitto è degna di una puntata della serie «Gomorra». I due giovani comoriani si trovano alle 12 e 47 alla stazione Saint-Charles di Marsiglia. Scendono a Nizza alle 15 e 35, dove sono filmanti dalle telecamere di sorveglianza. Poco dopo sono in una camera di un albergo per preparare la spedizione. Arrivano sul luogo delitto uno dopo l’altro, alle 18 e 45 e alle 18 e 47. Dopo l’omicidio ripartono assieme, dopo aver nascosto il fucile in una sacca da palestra. Prendono un autobus per tornare all’hotel. E poi, in taxi, a Marsiglia, dove arrivano alle 21 e 50.
Le perquisizioni permettono di ritrovare la borsa. In un appartamento di Rennes, nel nord della Francia, dove lo sparatore si era spostato qualche giorno dopo il delitto, vengono invece trovati 10 mila euro in contanti, parte del «contratto» pattuito con gli intermediari. Nell’albergo nizzardo vengono invece ritrovate tracce del Dna dei sospetti su un flacone di bagnoschiuma nella doccia. Un’arma compatibile con quella del delitto viene infine sequestrata a casa di un complice, un gendarme in prova nella compagnia di Lançon-de-Provence. Dovrebbe essere l’arma del delitto.
L’inchiesta, quindi, ha solide basi per quanto riguarda gli esecutori. Ma lo stesso procuratore ammette che il «movente» è ancora poco definito. Le indagini puntano sul genero della vittima, console onorario per la Polonia nel Principato di Monaco. Movimenti di denaro «sospetti» sono stati identificati sui suoi conti correnti pochi giorni prima dell’omicidio. E Janowski aveva apparentemente contatti con gli intermediari che hanno assoldato i killer, anche se non c’è nessuno legame diretto fra lui «e gli assassini», precisa il procuratore Robin.
2. JANOWSKI, L’ELEGANTE UOMO D’AFFARI CHE HA SCALATO I VERTICI DEL PRINCIPATO
Pierangelo Sapegno per "La Stampa"
«Ah, adesso è ancora troppo presto», ha detto Brice Robin, il procuratore della Repubblica di Marsiglia, a chi gli chiedeva qual era il movente di questo delitto da Agatha Christie, nell’alta società del Principato. In fondo, i primi a non capirci troppo e a restare senza parole devono essere stati proprio loro, gli inquirenti, quando cercando nelle file della camorra la logica di un omicidio su commissione, si sono ritrovati davanti al video le immagini di questi due improbabili killer delle isole Comore, a volte scoperto, con un cappellino in testa, che lasciavano tracce dappertutto, anche sul taxi che li riportava a Marsiglia per 500 euro, smaneggiando con la carta Sim del cellulare.
Partendo da lì, sono arrivati increduli dentro la famiglia. Non direttamente, ma attraverso le innumerevoli telefonate che i due sicari facevano a degli intermediari e che qualcuno di questi a sua volta avrebbe fatto a un signore insospettabile, quel Wojciech Janowskj, console onorario di Polonia a Monaco dal 2007, insignito pure di una decorazione particolare assegnatagli appena 4 anni fa dall’ex presidente della Repubblica Francese, Sarkozy.
Il fatto è che Janowskj, 65 anni portati con eleganza, uomo d’affari molto noto non solo nel Principato, presidente della Camera di Commercio polacca a Montecarlo e soprattutto della società di nanotecnologia Firmus Sam, era anche il marito di Sylvia Ratkowski Pastor, la figlia di Hélène, la miliardaria uccisa.
sala dello sporting di montecarlo
Al contrario di Wojciech, Sylvia non compare mai nelle telefonate. Hélène Pastor aveva avuto due figli, da due matrimoni differenti: Sylvia, nata Ratkowski, nel 1961, e Gildo, nato Pallanca, sei anni dopo, figlio di Claude, un anziano chirurgo dentista. Ma se Sylvia era la primogenita, non pare godesse di tutta la fiducia da parte della madre. È stata amministratrice in alcune delle società Hélène Pastor Pallanca, che gestiscono gli immobili dei palazzi dell’impero di famiglia, un patrimonio così vasto da comprendere circa mezzo milione di metri quadri, al valore di 40 mila al metro: solo che le avevano affidato la parte più piccola della torta, in un tempo, forse, abbastanza limitato.
Molto più tempo aveva a disposizione per gestire attività mondane, e proprio tra una festa e l’altra aveva avuto modo di approfondire la conoscenza di Wojciech Janowskj, un benemerito del settore che si distingueva soprattutto nelle grandi occasioni di beneficenza. Proprio per questo, il presidente Sarkozy l’aveva nominato Ufficiale dell’Ordine Nazionale della Repubblica francese «per il suo impegno nello svolgere attività benefiche». Con lui, Sylvia si era risposata. Un matrimonio in linea con le ambizioni della famiglia, che aveva già allargato la sua vista sul Principato unendosi ai Marzocco, gli altri grandi impresari edili arricchiti da Montecarlo.
Janowskj era comunque un partito importante. Nato a Varsavia 65 anni fa (quindi 12 anni più anziano di Sylvia), si era laureato in economia e commercio a Cambridge. Oltre alle varie presidenze accumulate nella sua permanenza a Monaco, era diventato anche direttore di alberghi e casinò delle società Grand Metropolitan e Sbm, il gruppo che gestisce la maggior parte dei beni della famiglia del Principe. Janowski era un buon partito e, a suo modo, un uomo di potere.
Ma per Sylvia, negli ultimi tempi, all’interno della famiglia, le cose non andavano troppo bene. Il suo ruolo sembrava fermarsi lì, limitato solo ad alcune società abbastanza marginali. Sua madre preferiva versarle una pensione di 500 mila euro al mese piuttosto che lasciarle le redini dell’impero. Secondo alcune fonti dell’inchiesta, questo avrebbe generato tensioni fra madre e figlia, e gelosie, viste le sue smaccate preferenze per il figlio maschio.
Da lì a costruire un delitto con due killer che sembrano delle autentiche caricature di film da serie B, ce ne passa: con tutti i soldi che avevano proprio a degli sfigati così dovevano rivolgersi? Gli unici sicuri, per ora, sono gli inquirenti. La realtà non finirà mai di sorprenderci abbastanza.