NICHI SECCHI - IL MARCHESE FULVIO ABBATE: “IL MAMMISMO DI VENDOLA APPARE DAVVERO INSOSTENIBILE, DI PIÙ, CULTURALMENTE REGRESSIVO, POICHÉ DEL TUTTO IMPOLITICO, MA PRONTO A GIOCARE IL SANTINO DELLA BONTÀ D’ACCATTO IN LUOGO DI UNA VERA RIVENDICAZIONE DI LIBERTÀ, FOSSE ANCHE QUELLA DI SPOSARE, CHE SO, UN FORMICHIERE. E’ QUANDO ESSERE GAY NON SALVA DAL CONFORMISMO PICCINO BORGHESE...”
Fulvio Abbate per www.linkiesta.it
Sembra di intuire che, dopo il fiocco azzurro giunto con Tobia, in casa di Nichi Vendola e del suo compagno Ed si abbia adesso voglia anche di un fiocco rosa, sì, di “una femminuccia”, come direbbero i semplici davanti alle vetrine della catena “Chicco”. Un nuovo dono del Cielo, in poche sante parole. Nel nostro caso, ancora una volta grazie al cielo della maternità surrogata o, se preferite, attraverso l’affitto di un utero.
Giungano quindi a Nichi e a Ed i nostri auguri sinceri e spassionati che ciò che sarà, s’intende. Assai meno l’adesione alla retorica rionale fatta fiorire intorno al lieto evento presente e futuro. Le parole dell’ex leader carismatico di Sinistra e Libertà nonché già governatore della Puglia, sembrano infatti consegnate al più banale degli altari familiari. Intervistato da Alessandro Trocino per il Corriere della Sera, Vendola non ha infatti trattenuto nulla del suo mammismo militante: «Per me è stata una scoperta straordinaria, è una forma d'amore di una radicalità spiazzante: accorgersi di come un neonato ti possa educare a sentire i suoi bisogni è un'esperienza meravigliosa».
E alla domanda «Ne volete un altro?», ecco la rivelazione: «Un figlio è un impegno anche fisico davvero travolgente, eppure sì: ci piacerebbe averne un altro». E ancora: «È un anno che vivo con lui. Non è passato un giorno senza che gli dessi il biberon, che gli cambiassi il pannolino. Ci gioco come un matto, lo nutro, lo curo, lo amo alla follia. Eppure, vivo ancora in un limbo giuridico. Mentre vedo lo sguardo di mio figlio che mi cerca in ogni momento, l'idea che io per lo Stato non sia nulla per lui, che non abbia alcuna parentela, è un'idea drammatica». I dépliant dell’Inglesina mostrano minore empito. Perfino Guido Gozzano impallidirebbe davanti a un simile quadretto.
All’obiezione sulla madre naturale, ecco che Vendola puntualizza: «Questa ripetizione del mantra "utero in affitto" è irrispettosa e ideologica. Nel nome dei diritti di un bambino astratto, il bambino concreto, mio figlio, dovrebbe essere privato delle mie cure?». Infine: «Innanzitutto, le donne: una che ci ha donato un ovulo e una che ha accettato di portare nella pancia un progetto di vita. Queste donne sono parte della nostra vita, gli uni per gli altri siamo come famiglie.
Vivono in California, ma ci sentiamo via Skype e siamo vicini. Per me e Ed è stato pregiudiziale definire la qualità del rapporto, che non vi fossero condizioni di miseria. Del resto difficilmente le motivazioni sono economiche. Francamente, poi, l'impegno e la gestazione per nove mesi non possono essere compensate da un rimborso economico: è difficile non percepire una motivazione etica».
Se lo dice lui, dobbiamo credergli in parola. Concludendo Vendola garantisce che “non voglio fare di mio figlio una bandiera”. Anche perché “il sorriso di mio figlio mi ripaga anche di questo”.
Perdonate l’eccessiva trascrizione del vigoroso verbo interiore di babbo Nichi, ma le sfumature, meglio, gli abitini, i calzini, le cuffiette e i ciripà che in questo caso il linguaggio adotta sono più significativi di un’interpellanza parlamentare e perfino un progetto di legge che introduca finalmente il libero amore.
Alla fine infatti il mammismo di Nichi Vendola appare, almeno ai miei occhi di siciliano laicamente ormai apolide, davvero insostenibile, di più, culturalmente regressivo, poiché del tutto impolitico, ma pronto a giocare il santino della bontà d’accatto in luogo di una vera rivendicazione di libertà, fosse anche quella di sposare, che so, un formichiere, spostando l’asse dei diritti su quell’altro asse.
Sì, l’asse da stiro dell’abito del sospirato battesimo da strapaese conformista; non è un caso se tra le immagini pubbliche della cerimonia offerte da Chi, il rotocalco da gossip berlusconiano, ci fosse la Sacra Famiglia Vendola proprio il giorno del battesimo, “cerimonia in gran segreto, intima, soltanto con pochi parenti e amici più stretti presso la Chiesa di San Michele Arcangelo a Suio Alto officiata da Don Natalino Di Rienzo, si è svolta nella frazione collinare di Castelforte in quanto il compagno dell’ex leader di Sinistra Ecologia Libertà è originario del piccolo comune aurunco, ma la scelta è caduta sulla parrocchia di Suio Alto in modo da nascondersi dai riflettori. Gli addobbi floreali sono stati curati dal negozio ‘Dillo con un fiore’, la cui proprietaria si è sorpresa di vedere Vendola con il suo compagno a richiedere il servizio. Si tratta del primo battesimo del figlio di una coppia gay in provincia di Latina”.
VENDOLA CON IL COMPAGNO ED TESTA E IL FIGLIO TOBIA
Un vero poster del costume cattolico meridionale, roba della serie “Anvedi che bello mi' fijo, quanto è bello mi' fijo che er mese entrante va a fa' pure 'a cresima!" Ovvero: quando essere gay non salva dal conformismo piccino borghese. Un proposito, nel caso Vendola, correlato a una forma di ricerca del consenso modello base C'è posta per te.
Un’amica, su Facebook, ha ipotizzato “un certo terrore di passare per un padre assente o per quello che ha voluto un figlio a tutti i costi (qual è)”. Sarà pure così, ma sarebbe davvero il minimo sapere che agli occhi dei figli i padri appaiono tutti inadeguati, è una legge di natura. E come scriveva un poeta rivolgendosi proprio ai figli: “Voi ci pensate come muri di sostegno, ma noi siamo invece frane sotto il diluvio…”
NICHI VENDOLA E TOBIANICHI VENDOLA E TOBIA
Forse soltanto l’“ateo per grazia di Dio” Luis Buñuel avrebbe gli enzimi necessari per rispondere a una simile recita, facendo così in modo che la cultura laica, anzi, il senso del limite e del ridicolo, non appaia come creatura indifesa e poliomielitica davanti alla solita falsa coscienza catto-comunista crocifissa a se stessa. Magari in presenza degli inviati di Alfonso Signorini.