MEDIOEVO ITALIA - UCCIDE IL FIGLIO, MA VISTO CHE ERA ADOTTIVO NON PUÒ ESSERE CONDANNATO ALL’ERGASTOLO. IN CASSAZIONE SONO UBRIACHI? NO, LA COLPA È DEL LEGISLATORE: A LIVELLO CIVILE I FIGLI SONO EQUIPARATI, MA NEL CODICE PENALE IL LEGAME DI SANGUE CONTA PIÙ DEI DOCUMENTI. E SENZA DI QUELLO, CADE L’AGGRAVANTE CHE PORTA ALL’ERGASTOLO - ORA LA CORTE D’APPELLO DOVRÀ RIDETERMINARE LA PENA PER ANDREI TALPIS
1.CASSAZIONE: UCCISE FIGLIO,MA ERA ADOTTIVO,NO ERGASTOLO
(ANSA) - Uccise il figlio ma siccome era "solo" adottivo, non può essere condannato all'ergastolo: lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso della difesa di Andrei Talpis, 57 anni, originario della Moldova, che la notte del 26 novembre 2013, a Remanzacco (Udine), colpì mortalmente con un coltello da cucina il figlio adottivo di 19 anni. Il ragazzo - si apprende dal difensore di Talpis, avv. Roberto Mete - era stato formalmente adottato dalla coppia in Moldavia. Dovrà ora svolgersi un nuovo processo.
La vicenda è raccontata oggi dal Messaggero Veneto. Tra Talpis e la vittima, dunque, non esisteva un rapporto di consanguineità. Sul piano civilistico, vale la parificazione di status con i figli legittimi operata dalla legge. Secondo il Codice Penale, invece, la distinzione permane e basta a escludere l'aggravante specifica che, proprio in virtù dell'esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, in caso di omicidio prevede la pena del carcere a vita, cui era stato effettivamente condannato il moldavo. La Corta di Cassazione ha disposto anche la trasmissione degli atti alla Corte d'assise d'appello di Venezia per la quantificazione della pena, prescrivendo che non scenda sotto i 16 anni di reclusione.
2.CASSAZIONE:UCCISE FIGLIO,CORTE DIRITTI UMANI CONDANNÒ ITALIA
(ANSA) - La vicenda processuale di Remanzacco (Udine), al centro della sentenza della Corte di Cassazione che ha ritenuto che non si può condannare una persona all'ergastolo per l'omicidio del figlio "solo" adottivo, è la medesima che alcuni mesi fa aveva portato a una condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani.
I giudici di Strasburgo avevano stabilito che "non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta" dalla mamma del ragazzo, "le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto, creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che alla fine hanno condotto al tentato omicidio della donna alla morte di suo figlio".
La Corte europea dei diritti umani ha agito per la violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno riconosciuto alla ricorrente 30 mila euro per danni morali e 10 mila per le spese legali. I giudici di Strasburgo hanno rilevato che "la signora Talpis è stata vittima di discriminazione come donna a causa della mancata azione delle autorità, che hanno sottovalutato (e quindi essenzialmente approvato) la violenza in questione".
"La donna aveva denunciato più volte il marito, aveva anche chiesto aiuto, ma il Comune non aveva ritenuto la situazione così grave - hanno spiegato gli avvocati della vittima - addirittura, il marito, il giorno stesso in cui ha poi ucciso il figlio e ferito gravemente la moglie, era stato fermato in stato di ubriachezza, ma era stato poi rilasciato".
3.CASSAZIONE: UCCISE FIGLIO; LEGALE, SI PRONUNCI CONSULTA
(ANSA) - "Sulla disparità ancora presente tra figli naturali e adottati dovrà eventualmente pronunciarsi la Corte Costituzionale: fino a che la legislazione vigente è questa è doveroso che i tribunali la applichino": lo ha detto, interpellato dall'ANSA, l'avvocato Roberto Mete, il legale del moldavo che era stato condannato all'ergastolo per l'omicidio del figlio adottivo di 19 anni.
L'ergastolo è stato annullato dalla Corte di Cassazione che ha rinviato gli atti alla Corte di Assise di Appello di Venezia per una ridetermininazione della pena che non potrà essere comunque inferiore ai 16 anni. "Sul piano civilistico vale la sacrosanta parificazione di status con i figli legittimi operata dalla legge - ha spiegato mete - ma il Codice penale mantiene la distinzione. Nel caso specifico, è previsto che questa circostanza è sufficiente ad escludere l'aggravante speciale che, proprio in virtù dell'esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, in caso di omicidio prevede la pena del carcere a vita".
"Su questo punto nell'udienza in Cassazione c'è stata unità di vedute - ha concluso Mete - tanto che lo ha riconosciuto anche la Procura generale, che ha chiesto l'accoglimento di queste nostre istanze". Nessun commento dalle parti civili che si erano costituite nel processo per l'omicidio del ragazzo e il ferimento della madre e che hanno riferito di attendere le motivazioni della Suprema Corte.