memento

QUAL È IL VOSTRO PRIMO RICORDO? – LA MEMORIA SI FORMA SUBITO DOPO LA NASCITA, EPPURE DI QUELLO CHE CI È SUCCESSO FINO AI TRE ANNI NON CI RICORDIAMO QUASI NIENTE, PERCHÉ? – "THE ATLANTIC" CERCA DI DARE UNA RISPOSTA: “IN REALTÀ TUTTO RIMANE”, C’ENTRANO L’EMOZIONE, IL CONTESTO E IL FATTO CHE CI SONO DIVERSI TIPI DI RICORDO…

 

DAGONEWS

 

Che accade ai ricordi formati nei primi tre anni di vita? La domanda ce la siamo posta tutti, affacendandoci alla ricerca di richiamare alla mente fatti o cose accadute nella primissima infanzia. Alasdair Wilkins sull’Atlantic tenta di spiegare perché quei ricordi svaniscono come se non si fossero mai cristallizzati nella memoria.

ALASDAIR WILKINS

 

Wilkins racconta il suo primo ricordo: la nascita del fratello il 14 novembre del 1991. “C’è l’auto guidata da mio padre, la stanza, lui. Ma soprattutto la televisione, che trasmetteva gli ultimi due minuti di un episodio de ‘Il trenino Thomas’”.  

 

C’è chi crede che il primo ricordo che abbiamo è la prima cosa nella nostra vita che vale la pena di ricordare. E forse – scrive Wilkins – c’è del vero in questo assunto, d’altronde le ricerche sulla formazione e la conservazione della memoria suggeriscono che i ricordi cominciano quasi sempre con eventi personali significativi. In realtà è anche una questione di tempo – la maggior parte delle persone data le prime memorie intorno all’età di 3 anni e mezzo.

 

PROBLEMI ALLA MEMORIA

Bisogna però distinguere tra la memoria in assoluto e ciò che di essa rimane nel lungo periodo. Secondo una ricerca della psicologa Carole Peterson, i bambini possono ricordare eventi indietro nel tempo fino all’età di 20 mesi, ma si tratta di memorie che svaniscono tra i 4 e i 7 anni. “Le persone erano solite pensare che la ragione per cui non abbiamo memorie infantili è che i bambini non hanno un sistema di memorizzazione, o che sono incapaci di ricordare. Ma la permanenza a lungo termine dipende da altri fattori”, spiega Peterson.

 

Due dei più importanti dipendono dall’emozione e dalla coerenza. Dalla sensatezza, cioè, del ricordo che abbiamo e dalla sua verosimiglianza. Quando pensiamo al nostro primo ricordo, ci riferiamo a questo tipo di memoria. Per questo, ricordi che il nostro cervello giudica non coerenti vengono scartati. “L’amnesia infantile non esiste, subito dopo la nascita i bambini iniziano a ricordare le facce e a introiettare le reazioni a quelle facce: questo tipo di memoria si chiama ‘memoria di riconoscimento’ – spiega a Wilkins lo psicologo comportamentale Steven Reznick – ed è diversa dalla memoria in senso stretto, che si forma intorno ai sei mesi”. Ci sono poi altre forme di facoltà mnemoniche che si creano nel secondo anno di vita, come quella semantica, che permette di comprendere i concetti e la conoscenza del mondo. “Quando in passato si parlava di amnesia infantile ci si riferiva a una memoria episodica, che si fonda su infrastrutture mentali più complicate delle altre”.

PROBLEMI ALLA MEMORIA

 

Poi c’è il contesto, tutti quei concetti contingenti che danno significato a un evento. Tutti quei dettagli che si sfumano e diventano casuali, rischiando di essere falsati. Se il cervello non riesce a riempire tutti gli spazi infatti, inventa dettagli plausibili. Perché la memoria è un’attività di costruzione continua. Al di là di questo, si chiede Wilkins, e oltre il “primo ricordo”, ci sono tutta una serie di flash, piccoli lampi che ogni tanto appaiono, precedenti a quell’evento. La famiglia di Alasdair era emigrata proprio quell’anno, a giugno, pochi mesi prima della nascita del fratello, ma lui si era dimenticato totalmente di quella storia: “Adesso ho un’immagine vaga nella mia testa di me, seduto in mezzo ai miei genitori in un aereo diretto in America. Conoscevo l’Inghilterra come cultura, ma non come patria. Non si tratta di un ricordo in prima persona, come il viaggio all’ospedale, piuttosto uno scatto mentale fatto – o costruito – di noi tre dalla prospettiva del corridoio dell’aereo. La mia memoria si è dimenticata del fatto che mia madre fosse incinta, per esempio”.

MENOPAUSA E I PROBLEMI ALLA MEMORIA

 

Wilkins è tornato nella sua città natale, Chester. “Ci sono stato meno di un giorno, ma c’era qualcosa di così indicibilmente perfetto nel modo in cui mi muovevo. Una sensazione elusiva eppure inconfondibile: ero a casa”.

 

Era il cervello di Alasdair a sentirsi a casa, avendo costruito quel luogo mentalmente come tale? Oppure era la coincidenza perfetta di tutte le memorie pre episodiche della sua infanzia? Secondo gli esperti è la seconda, quella che Reznick chiama “memoria di riconoscimento”, il sistema più pervasivo dei nostri ricordi.

 

MEMENTO

“Le associazioni con la mia città natale che si erano formate durante i primi tre anni di vita erano durate più di venti anni, anche se vagamente. Anche l’accento si era trasformato”. Dimostrazione che quei ricordi, quegli episodi che ci sembra di aver dimenticato e che risalgono ai nostri primi anni di vita, in realtà, sono dei piccoli semi, pronti a trasformarsi in piante se alimentate e curate a dovere. Nulla si crea, nulla si distrugge, nemmeno la nostra memoria.

 

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