STORIE CRIMINALI SOTTO LA MADONNINA - NORBERT FEHER, MEGLIO NOTO COME “IGOR IL RUSSO”, L’ULTIMO SERIAL KILLER D’EUROPA, AVEVA ELETTO MILANO A SUA BASE CRIMINALE: ANDAVA CON LE ESCORT IN VIALE MONZA, FUMAVA IL NARGHILÈ IN CORSO BUENOS AIRES, ALLOGGIAVA IN UN HOTEL A SAN SIRO – IL PASSATO DA CORRIERE DELLA DROGA TRA GIBILTERRA, VALENCIA E BARCELLONA - OGGI FEHER SCONTA L’ERGASTOLO NELLA GALERA DI HUELVA, IN ANDALUSIA, DOPO AVER AMMAZZATO DUE PERSONE IN ITALIA E TRE IN SPAGNA…
Andrea Galli per corriere.it - Estratti
Dalle «carte» investigative: «In corso Buenos Aires andava al bar “Cin cin” e nel locale a nome “Il Gladiatore” dove si fuma il narghilè». Da uno che ci divise la cella: «Si incontrava con i marocchini nella zona di Benedetto Marcello dal baracchino dei panini all’area cani». Ancora dalle carte investigative: «Frequentava la discoteca di un egiziano a Cologno Monzese, e stava con le prostitute marocchine».
Storie criminali, ecco la Milano di «Igor il russo», il nome mediatico in luogo dell’esatta identità, ovvero Norbert Feher, nato a Subotica, in Serbia, oggi all’ergastolo nella galera di Huelva, in Andalusia, sul golfo di Cadice, 43 anni, serial killer: due morti ammazzati in Italia e tre in Spagna, nell’ordine un barista, una guardia ecologica volontaria, un pastore, due agenti della guardia civil.
L’ultimo serial killer d’Europa era stato ospite fisso qui in città prima di uccidere e divenire una preda continentale. L’inchiesta è stata sì chiusa da tempo — assassino per appunto catturato — ma aveva insieme esplorato vari mondi, ad esempio dalle rotte della droga a quelle dei migranti, che ancora hanno da raccontare; a distanza di sette anni il Corriere è tornato sulle tracce del serial killer.
Di nuovo dalle «carte» investigative: «La ragazza che stava con Igor in occasione di un controllo della polizia a Cologno Monzese era bionda, occhi chiari, aveva circa 25/26 anni, alta circa 180 centimetri, magra, aveva un seno prosperoso, era molto bella, non ricordo il nome».
Le parole sono quelle di un collaboratore dei carabinieri che si riferisce a un precedente «incrocio» tra la polizia e Feher non ancora omicida; dopodiché una donna di nazionalità marocchina, escort, raggiunta attraverso un lungo passaparola, accetta di rispondere alle nostre domande. Rammenta più che altro di Feher perché in quell’estate 2017 della Grande Caccia, carabinieri e poliziotti con insistenza chiesero possibili informazioni a chi viveva la strada, e sulle chat whatsapp delle prostitute venne veicolata l’allerta relativa a quell’uomo.
«Lui era fissato con noi marocchine, quella bionda alta non l’ho e non l’abbiamo mai sentita... Di solito gli incontri avvenivano nei bar di corso Buenos Aires, mi ricordo anche ai tavolini all’aperto di uno che c’era in piazza Argentina, e di altri tra piazzale Loreto e l’inizio di viale Monza. Offriva da bere, ma subito iniziava a tirare sul prezzo oppure chiamava degli amici che avevano contatti negli hotel a una e due stelle per avere camere gratis... Chi c’è andata ricorda di uno tranquillo, parlava poco».
I rapporti di Feher con il Marocco riguardavano anche l’asse nella droga con le bande nordafricane; una fonte dei carabinieri: «Si guadagnava da vivere facendo il corriere tra Gibilterra, Valencia e Barcellona»; a Milano, come riferito dagli stessi carabinieri, in passato il serial killer «aveva avuto appuntamenti con marocchini nella zona di San Siro e di viale Certosa».
A San Siro era solito pernottare in un hotel rimasto sconosciuto, nella misura in cui l’amico di Feher che ha fatto riferimento alla struttura con gli investigatori non ne rammentava la dicitura, mentre in viale Certosa il serial killer sostava «in bar di arabi per fumare il narghilè» come succedeva in corso Buenos Aires.
Il medesimo corso, così ci svela l’ex compagno di cella — prima dell’arresto in Spagna per i delitti, tra il 2005 e il 2015, Feher era stato detenuto dei penitenziari di Forlì, Rovigo e Ferrara —, gli servì per agganciare albanesi e serbi per questioni di stupefacenti anche se, nonostante le origini, con l’area balcanica non aveva solidi contatti.
Nella sua Serbia il serial killer aveva vissuto infanzia e adolescenza nella guerra civile, da ragazzo aveva stuprato una ragazza, era stato incarcerato, era evaso e aveva attraversato il confine sloveno approdando a Milano e in Emilia Romagna, la terra dei delitti italiani (a ridosso di Bologna e nelle campagne ferraresi).
Ma per quale motivo «Igor il russo»? Lui millanta d’aver combattuto nelle forze speciali russe e poi d’aver disertato: balle, come detto.
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