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MORIRE DI CREPACUORE - UN FORTE STRESS EMOTIVO PUÒ PROVOCARE I SINTOMI DI UN INFARTO E NON ESSERLO - LA SINDROME TAKOTSUBO DETTA ANCHE SINDROME DA CREPACUORE COLPISCE MOLTO PIÙ SPESSO LE DONNE CHE GLI UOMINI. E NON È VERO CHE È BENIGNA, COME SI PENSAVA FINO A POCO TEMPO FA. PUÒ ESSERE INVECE PERICOLOSA COME L’INFARTO

Giulia Gandolfi per www.pensallasalute.com

 

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Un forte stress emotivo può provocare i sintomi di un infarto e non esserlo. La sindrome Takotsubo detta anche sindrome da crepacuore colpisce molto più spesso le donne che gli uomini. Non è vero che è benigna, come si pensava fino a poco tempo fa. Può essere invece pericolosa come l’infarto.

 

Ne abbiamo parlato con Paolo Camici, Professore Ordinario di Cardiologia, dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

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Sembra che la sindrome da crepacuore o Takotsubo colpisca prevalentemente le donne.

 

È vero. La prevalenza femminile è molto alta: oltre l’80% delle persone colpite da sindrome di Takotsubo sono donne. Addirittura, secondo un importante studio internazionale in cui sono stati coinvolti 1750 pazienti (pubblicato nel 2015 dal "New England Journal of Medicine")il rapporto donna-uomo è di 9 a 1.

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Come per la malattia coronarica classica, il rischio aumenta dopo la menopausa. Sembra infatti che, anche la sindrome di Takotsubo sia in qualche modo legata alla carenza di estrogeni che hanno un effetto protettivo sui vasi e sul circolo coronarico.

 

Che cosa distingue questa patologia dall’infarto del miocardio?

Solitamente, l’infarto (sindrome coronarica acuta) è causato da un trombo in una arteria coronarica. Nella sindrome di Takotsubo non è così. Anche se la sintomatologia è la stessa (dolore al petto, affanno improvviso) e l’elettrocardiogramma presenta delle alterazioni simili a quelle dell’infarto, alla coronarografia le arterie risultano stranamente normali nella maggior parte dei casi.

 

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Inoltre, il cuore presenta un aspetto particolare nella parte apicale del ventricolo sinistro, un fenomeno detto "apical balooning". La punta del ventricolo sinistro non si contrae, si estroflette addirittura in sistole facendo assumere al cuore una forma che ricorda un vaso usato come trappola per i polpi dai pescatori giapponesi, il "tako-tsubo". Sono stati infatti proprio i Giapponesi a descrivere per primi, negli anni 90, questa sindrome.

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Quali possono essere le cause scatenanti?

I pazienti colpiti da sindrome di Takotsubo sono spesso stati sottoposti a forti stress emotivi, ma anche fisici. Per esempio, tornando al Giappone, dove la patologia è stata evidenziata per la prima volta, è stato osservato che l’incidenza di questa patologia aumentava particolarmente dopo i terremoti.

 

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Lo stress ovvero una situazione di allarme che l’individuo non sa gestire o a cui non riesce a reagire, comporta un’attivazione della corteccia cerebrale e del nostro sistema nervoso autonomo, in particolare della branca simpatica. Vengono liberati cortisolo e altri particolari ormoni chiamati catecolamine.

 

Sono proprio le catecolamine che, liberate in quantità 100 volte superiori ai valori normali, hanno un effetto tossico sul muscolo cardiaco e danno al ventricolo sinistro questo tipico aspetto a pallone che si evidenzia nella sindrome di Takotsubo.

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Ma le catecolamine sono doppiamente nocive perché, oltre a essere tossiche per il cuore, possono anche produrre una vasocostrizione delle coronarie e del microcircolo (quei piccoli vasi che scorrono dentro la parete del ventricolo) con conseguente ischemia. In sostanza, l’effetto è simile all’infarto anche se le cause non sono le stesse.

 

Rispetto all’infarto, si tratta di una patologia benigna?

All’inizio si pensava che lo fosse ma purtroppo non è così. La sindrome di Takotsubo non è meno pericolosa dell’infarto. La mortalità acuta di questi pazienti e anche quella cronica a un anno non sono molto differenti dall’infarto tradizionale.

 

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Lo sottolineo nel mio articolo “Pathophysiology of Takotsubo Syndrome”, pubblicato nel 2017 su "Circulation": come per l’infarto, la sindrome di Takotsubo comporta una prognosi negativa con una mortalità del 4-5% nella fase acuta. La benignità di questa sindrome è da sfatare.

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