LA MOSCHEA AL NASO - A PADOVA SONO BEN 13 LE MOSCHEE NELL’AREA URBANA: UN VIA VAI CONTINUO E POCHI REFERENTI UFFICIALI - TRA I FREQUENTATORI DEI CENTRI ISLAMICI C’ERA ANCHE IL MAROCCHINO 45ENNE ACCUSATO DI ESSERE LA MENTE DI UNA CELLULA JIHADISTA
Alessia Pedrielli per “Libero Quotidiano”
Tredici centri islamici solo nell'area urbana. Appartamenti, capannoni, una ex palestra e persino un edificio accanto ad una parrocchia. Le moschee a Padova sorgono ovunque, sono attive dalla mattina presto fino a notte, accolgono centinaia di persone ogni giorno con un viavai continuo e pochi referenti ufficiali.
E se non ti va bene vieni minacciato. Che tu sia un padre di famiglia, una donna o un anziano, devi tacere.«Sennò ti facciamo sparire», rispondono i fedeli a chi protesta. Qui l' immigrazione, quella pesante, incontrollata che soffoca le città, non ha un solo quartiere.
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È un'eredità di lunga data, diffusa e stratificata, frutto di anni di accoglienze senza regole e di un tam tam tra clandestini che ha reso la città del Santo, insieme ad altro nordest, crocevia della prostituzione e dello spaccio prima, del terrorismo jihadista ora, come dimostrano le rotte degli attentatori di Bruxelles.
Ma che tra Padova, Venezia e Treviso passi, da anni, il peggio dell' intellighentia islamista era cosa risaputa da tempo. La più problematica si trova nel quartiere Stanga, nella prima periferia della città. Era un atelier d' arte, oggi è una moschea molto attiva e poco trasparente.
Qui si sono riversati le centinaia di «fedeli» orfani del centro islamico di via Anelli, il quartiere ghetto noto per il muro dell' ex sindaco (ed ex ministro) Flavio Zanonato, smantellato a fatica da Bitonci.
E, proprio qui, pregava il marocchino di 45 anni indagato qualche settimana fa, accusato di essere la mente di una cellula jiadista. È stato trovato in possesso di materiale informatico «inequivocabile» e, pochi giorni dopo la strage del Bataclan, volò a Parigi, in un viaggio «più che sospetto» secondo gli inquirenti.
Era un assiduo frequentatore della moschea di via Turazza, dove le minacce a chi ha qualcosa in contrario da dire, sono all' ordine del giorno. Chi abita nelle case vicine al centro di preghiera racconta di «aggressioni, verbali e fisiche» da parte dei musulmani che lo frequentano.
Per che cosa? Per cose semplici, come aver chiesto di non occupare il marciapiede con auto e biciclette o essersi lamentati per il volume delle orazioni che risuonano fino a qualche via indietro, fin dalle cinque del mattino. «Ci hanno assalto più volte - raccontano chiedendo, per paura, l' assoluto anonimato - prima solo verbalmente, poi ci sono venuti a cercare a casa.
Fuori dal cancello, in 30 o 40 ad urlarci di scendere e sfidandoci alla rissa». Mostrano un video: una folla di energumeni assiepati al cancello di una villetta, sfidano il proprietario a scendere: «Vieni fuori mer… se hai il coraggio» gli gridano. «Adesso abbiamo paura. Ormai qui non parla più nessuno, subiamo in silenzio». La polizia?
«La chiamiamo, quasi ogni giorno e abbiamo anche sporto denuncia. Ma loro non se ne vanno. E sono sempre più aggressivi». Poi c' è Ermes Pavan, proprietario della più antica gelateria di Padova, un uomo tutto d' un pezzo. Lui, sulle spalle ha ben quattro esplicite minacce di morte, tutte arrivate dagli amici musulmani.
Ha osato chiedere ai frequentatori della moschea dell' Arcella, spuntata all' improvviso dietro il suo negozio, di non bloccare il traffico e di non pisciare sui muri. In risposta gli hanno promesso di farlo sparire e «un altro mi ha detto che mi taglierà a fette», racconta.
Anche a Pontevigodarzere, nella periferia del quartiere Arcella, non se la passano meglio.
Qui la moschea sorge proprio di fianco a una chiesa. I locali ai musulmani li ha venduti la parrocchia e le proteste devono essere state così tante che il parroco, a cui chiediamo informazioni, ci caccia a male parole. Almeno sono stati onesti: sul campanello ci hanno scritto «moschea» e non il solito, fasullo, «centro culturale».
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Qui pregano da più di 15 anni, è il primo centro musulmano realizzato in città, un tempo sotto stretta osservazione, oggi polo attrattivo per tutto il quartiere, ad altissima densità di immigrati. Interi palazzi con uno o due residenti italiani al massimo e, per strada, scene di ordinaria criminalità.
E anche qui, chi si ribella, chi chiama controlli subisce ritorsioni. «Da quando ci sono io di moschee non ne abbiamo autorizzate e non darò concessioni perché devono essere costruite in aree adeguate e non dove capita», spiega il sindaco di Padova Massimo Bitonci, che contro centri islamici e clandestini ha ingaggiato una guerra a suon di ordinanze e controlli.
Ma è una lotta impari. I numeri danno gli immigrati a più del 15% in città e, in molte zone, i padovani hanno fatto un passo indietro, soprattutto gli anziani. Li trovi nei caffè che raccontano di quella strada dove prima amavano passeggiare «occupata dai clienti del phone center ubriachi» e della paura che ti assale quando «ti guardi intorno e ti rendi conto di essere ormai straniero a casa tua».