
CHI NASCONDE LA VERITÀ? RESTA UN MISTERO LA MORTE DELLA BIMBA RICOVERATA A VILLA MAFALDA - GLI ISPETTORI DEL MINISTERO SI TROVANO DI FRONTE FALLE, DOCUMENTI MANCANTI E QUALCHE SILENZIO DI TROPPO
Andrea Garibaldi e Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera”
Una bimba muore in clinica e non si riesce ad accertare perché. Non ci riescono neanche gli ispettori del ministero della Salute, che si trovano di fronte a misteri, falle, documenti mancanti. Il 29 marzo 2014 Giovanna muore nella casa di cura Villa Mafalda. Soffriva di otite, era entrata per una «banale» operazione di timpanoplastica. Aveva dieci anni.
Per due volte, — 31 marzo e 9 aprile — due inviati del ministero bussano a Villa Mafalda, per capire i motivi della tragedia. Parlano con il presidente della clinica, Paolo Barillari, con l’anestesista, Pierfrancesco Dauri, con due infermieri, esaminano il blocco operatorio. Scrivono una relazione di otto pagine, mai resa pubblica.
Dicono gli ispettori, dottor Alessandro Ghirardini e dottoressa Angela De Feo: «Il paziente pediatrico presenta peculiarità, soprattutto anestesiologiche, che impongono competenze specifiche: a conferma di ciò si vedano le numerose incongruenze nell’uso di alcuni farmaci». La scheda di monitoraggio dell’anestesia non viene consegnata, non si sa con precisione neanche quali farmaci siano stati somministrati.
Altro punto chiave: «L’anestesista Dauri dichiara che i parametri vitali della bambina non sono stati annotati perché l’apparecchiatura per il monitoraggio (Drager medical-Mod. Fabius GS) non è dotata di programma di conservazione dei dati e quelli riferiti a Giovanna sono stati cancellati». Come mai? Perché la macchina è stata staccata dalla presa elettrica e utilizzata in altre operazioni. Qui si chiama in causa — indirettamente — l’attività della Procura, che ha sequestrato la sala operatoria solo 4 giorni dopo la morte di Giovanna.
villa mafalda giovanna fatello
La conclusione degli ispettori coinvolge la Regione, che dovrà — esortano — riconsiderare le autorizzazioni date alle strutture private, tenendo conto delle garanzie di qualità e di sicurezza, in particolare riguardo a Villa Mafalda.
Cos’altro scoprono gli ispettori? L’operazione all’orecchio di Giovanna Fatello comincia alle 9,30. Alle 10,15 compare una bradicardia, che porta all’arresto cardiaco. I tentativi di rianimazione durano fino alle 13,40. L’emoglobina dei globuli rossi scende da 12,1 (valore d’ingresso) a 6,5 (ore 12). I medici dicono che è dovuto alla somministrazione di liquidi. Annotano gli ispettori: «Non appare chiaro il motivo della somministrazione, in assenza di una precisa causale, ad esempio una emorragia, né si hanno riscontri circa la quantità di liquidi».
Non basta: «Non è stato possibile trovare riscontri di una eventuale emorragia, in quanto nella documentazione consegnata manca la check list di sala operatoria, da cui rilevare il numero di garze utilizzate». Inoltre, «il tardivo sequestro della sala operatoria ha impedito la verifica della presenza di sangue nell’aspiratore e la relativa quantità».
Medici e infermieri dicono che durante la rianimazione, «la bambina viene scoperta» dai teli operatori. Gli ispettori non se lo spiegano e ipotizzano una «cianosi conseguente alla disconnessione del tubo di raccordo del respiratore con l’erogatore di ossigeno, incomprensibilmente non segnalata dalle apparecchiature».
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Gli ispettori trovano che le cartelle clinica, anestesiologica e chirurgica risultano «estremamente carenti», poco accurate, incomplete. Il presidente di Villa Mafalda, Paolo Barillari, commenta: «Concordo pienamente con le raccomandazioni degli ispettori e anzi mi auguro che negli ospedali romani ci sia lo stesso livello di qualità che c’è nelle cliniche romane. Quanto alla cartella clinica, ci rendiamo conto delle carenze, ma è umano che un medico impegnato a rianimare una bambina trascuri i dati». Quasi un anno dopo, l’inchiesta non è ancora conclusa, il pm non ha completato le richieste per il gip. I genitori di Giovanna, Valentina e Matteo, chiedono un «processo per la verità».
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