NON SAPPIAMO DOVE METTERE LE SCORIE NUCLEARI - CON I PERMESSI FERMI DA ANNI, SI BLOCCA LA DISMISSIONE DELLE EX CENTRALI - A GARIGLIANO LE OPERAZIONI SONO FERME PERCHÉ MANCANO LE AUTORIZZAZIONI - E MENTRE SOGIN CHIUDE IL MIGLIOR ANNO PER SMANTELLAMENTI, C’È UN RISCHIO COLLO DI BOTTIGLIA…
Luca Zorloni per www.wired.it
I contratti sono stati affidati, le attività preparatorie completate. Manca solo l’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità di controllo, perché Sogin, l’azienda di stato incaricata dello smantellamento nucleare in Italia, attacchi il vessel della centrale di Garigliano, in Campania. Ossia il contenitore del combustibile radioattivo esausto. Uno dei passaggi più delicati per dismettere le ex centrali e chiudere il capitolo del nucleare in Italia.
SOGIN - RISULTATO DEL DECOMMISSIONING
L’operazione, annunciato lo scorso settembre dall’amministratore delegato di Sogin, Luca Desiata, attende ancora il via libera dell’Isin. Nel complesso, l’azienda dichiara di avere 34 autorizzazioni inchiodate, di cui 14 da più di tre anni. “Se l’Isin ci dà l’ok, andiamo avanti”, spiega l’ad. Ma la convinzione è che il disco verde non arriverà prima di giugno, quando scade il mandato dei vertici di Sogin.
“L’Isin attende il momento di discontinuità di giugno, perché per avviare lo smantellamento del vessel, vuole avere garanzie sulla continuità gestionale dell’azienda”, osserva Desiata: “Quindi non mi aspetto l’ok prima della conferma o della sostituzione dei vertici”.
Confermare il tandem al timone, l’ad Luca Desiata e il presidente Marco Ricotti, o scegliere nuovi rappresentati. È questo il rebus da sciogliere al ministero dello Sviluppo economico. Dove per qualche settimana è anche circolata l’ipotesi di un commissariamento, utile solo ad anticipare una scadenza di legge, e poi accantonato, come ha confermato a Wired il sottosegretario alla partita, Davide Crippa.
Le poltrone di Sogin sono sempre state contese dalla politica. Desiata e Ricotti tagliano il traguardo del mandato in un’azienda dove, in media, i manager non durano più di due anni. “Questo non ha giovato alla gestione: abbiamo attività pluriennali, serve continuità”, spiega l’ad. Sogin è un’azienda che interessa ai partiti non tanto per i soldi che muove, quanto per la materia che maneggia: lo smantellamento delle quattro ex centrali italiane (oltre a Garigliano, Trino Vercellese, Latina e Caorso), di quattro ex impianti di lavorazione del combustibile (Rotondella, Bosco Marengo, Casaccia e Saluggia), più l’impianto di Nucleco alle porte di Roma e il reattore del centro europeo di ricerca a Ispra, in provincia di Varese.
I numeri
Dai dati del preconsuntivo 2018, presentati da Desiata, emerge che l’anno scorso si è chiuso con un andamento delle attività di decommissioning per 80,4 milioni di euro. “È l’anno migliore”, spiega l’ad. L’ultimo picco datava 2015 ed era pari a 67,7 milioni. Il 2018 si dovrebbe chiudere con un margine operativo lordo di circa 5 milioni, in linea con l’anno scorso, e con ricavi da consulenze all’estero per 14,9 milioni di euro, con le prime entrate da contratti siglati in Estremo oriente (Corea del sud, Cina e Taiwan). La previsione del budget 2019 è “di poco superiore a 100 milioni di euro”, aggiunge Desiata. Anche se “30-40 milioni sono vincolati da autorizzazioni non arrivate”, precisa.
SOGIN - PIANO DI SPESA PER IL DECOMMISSIONING
Il nuovo piano industriale
Martedì 26 febbraio lo stato maggiore di Sogin sarà al ministero dello Sviluppo economico per presentare il nuovo piano industriale. I numeri, innanzitutto. Sulla base di 80 milioni di euro di smantellamento si dovrebbero innestare i progetti strutturali, ossia la cementificazione dei rifiuti liquidi alto-radioattivi al Cemex di Saluggia e all’Icpf di Rotondella e lo smaltimento delle resine da Caorso. “Mi aspetto un contributo aggiuntivo complessivo di 40-50 milioni ogni anno dal 2020 al 2024”, preannuncia Desiata.
I lavori sono stati avviati. A febbraio è stata assegnata la gara del Cemex e a gennaio lanciata quella per l’Icpf. Ma il collo di bottiglia restano le autorizzazioni. È uno dei “rischi esogeni” che possono rallentare il piano di decommissioning, che rientrerà nel progetto di ottimizzazione dei tempi e dei costi che Sogin deve presentare entro giugno all’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera). Ossia l’organo che ripaga le spese dell’azienda pescando dalle bollette delle famiglie italiane. Per la precisione, dalla compenente A2.
LA CENTRALE NUCLEARE DI GARIGLIANO
Sogin lavora a rimborso e l’Arera ha chiesto un taglio dei costi. Attività già avviate, per esempio con la riduzione dell’organico (123 lavoratori in meno, dai 1.296 del 2015) e degli appalti all’esterno. Per la prima volta, nel piano 2018, 1,7 milioni di lavori sono stati svolti internamente. L’obiettivo di Desiata è di arrivare a una percentuale tra il 3% e il 5% del budget annuale. Sogin ha costituito un albo di fornitori per accelerare le gare e sta rinegoziando i contratti all’estero con Francia e Regno Unito per il riprocessamento del combustile esausto. Ottenendo, finora, 26 milioni di risparmio su 1,1 miliardi. Un negoziato è in corso per strappare altri sconti sui 600 milioni rimanenti.
L’incognita del deposito nazionale
Ma perché il decommissioning arrivi in porto, ci sono due ostacoli da superare. Il primo è il potenziamento dell’Isin, che ha in organico 90 persone, di cui un terzo sulla soglia della pensione. Senza, le autorizzazioni languono sulle scrivanie e il piano di smantellamento pure.
LA MAPPA DELLE CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA
Il secondo, e più importante, è l’avvio del percorso per individuare la località dove costruire il deposito nazionale delle scorie nucleari. La carta per identificare le aree potenzialmente idonee, la Cnapi, è pronta dal 2015, ma sotto chiave. “Sogin attende il nulla osta per la pubblicazione”, conferma Desiata. Nei mesi scorsi la mappa è stata rivista ancora una volta.
Nel frattempo il tempo corre verso il 2025, scadenza entro la quale l’Italia dovrà far rientrare le scorie radioattive stoccate all’estero. Pena firmare nuovi contratti, aggiungendo nuovi oneri ai 7,2 miliardi di spesa per tombare i rifiuti nucleari. Per Desiata si potrebbe ovviare ai ritardi iniziando a costruire i moduli che conterranno queste scorie. Ma per farlo, occorre mettere nero su bianco il nome del luogo dove sorgerà il deposito. E ancora non ce n’è nessuno in vista.