KENNEDY SENZA PACE – LA NOTIZIA DEL (POSSIBILE) RILASCIO DELL’ASSASSINO DI BOBBY, SIRHAN SIRHAN, DIVIDE I FIGLI. RFK JUNIOR, DIVENTATO UN PREDICATORE NO-VAX, HA INVIATO UNA LETTERA FAVOREVOLE AL RILASCIO, NELLA QUALE HA RACCONTATO IL SUO INCONTRO CON IL KILLER DEL PADRE: “HA PIANTO, MI STRINGEVA LE MANI E CHIEDEVA PERDONO” – OVVIAMENTE LA MAGGIORANZA DEI FRATELLI ANCORA IN VITA (SEI SU NOVE) SI SONO DETTI SCIOCCATI E HANNO INVITATO IL GOVERNATORE DELLA CALIFORNIA A BOCCIARE LA RICHIESTA DI SCARCERAZIONE…
Marilisa Palumbo per il “Corriere della Sera”
L’uomo che il 5 giugno del 1968, all’Ambassador hotel di Los Angeles, uccise il sogno americano, potrebbe uscire di prigione dopo 53 anni. Venerdì, a differenza delle quindici volte precedenti in cui Sirhan Sirhan, palestinese con cittadinanza giordana killer di Robert Kennedy, ha chiesto la libertà condizionata, la procura di Los Angeles non si è opposta, e la commissione ha dato parere favorevole.
Ora la decisione spetta al governatore, ma nella famiglia Kennedy si apre una drammatica frattura. Douglas Kennedy, che aveva un anno quando il papà fu assassinato, ha testimoniato in favore del rilascio: «Sono sopraffatto dall’emozione al solo vederlo in faccia – ha detto ai membri del board - Ho vissuto la mia vita temendo il suo nome, in un modo o nell’altro. E sono grato di vederlo oggi come un essere umano meritevole di compassione e amore».
Anche un altro figlio di Bobby, RFK junior, di recente tristemente noto alle cronache per le sue campagne che diffondono bugie anti vax, ha inviato una lettera favorevole al rilascio in cui ha raccontato l’incontro in carcere con Sirhan: «Ha pianto, mi stringeva le mani, e, chiedeva perdono».
E ancora: «Anche se nessuno può affermare con certezza cosa direbbe mio padre, credo fermamente che sulla base del suo impegno per la giustizia e l’eguaglianza, incoraggerebbe questa commissione a rilasciare il signor Sirhan considerato il suo impressionante percorso riabilitativo».
Ma la grande maggioranza dei figli di Bob ancora in vita, sei dei nove, compresa Kerry Kennedy e l’ex deputato Joe, si sono detti scioccati dalla decisione e hanno invitato il governatore Gavin Newsom a bocciarla quando arriverà sulla sua scrivania. «Sirhan ci ha portato via nostro padre, l’ha portato via all’America – si legge nel comunicato – siamo sconcertati che possa essere raccomandato il suo rilascio».
La svolta della procura di Los Angeles non è legata al singolo caso, bensì alla volontà di facilitare o almeno non opporsi alla scarcerazione di prigionieri che hanno passato decenni dietro le sbarre, non sono più considerati un rischio per la società e le cui spese sanitarie peserebbero sulle casse del sistema penitenziario man mano che invecchiano.
marylin monroe tra bobby e john fitzgerald kennedy
Ma Sirhan non è un detenuto come tutti gli altri. Quando poco dopo la mezzanotte di quel lontano 5 giugno sparò con la sua calibro 22 al senatore che stava ringraziando i sostenitori per la vittoria appena ottenuta nelle primarie democratiche dello Stato, cambiò probabilmente il corso della Storia americana. Martin Luther King era stato ammazzato ad aprile, e proprio Bobby, che aveva preso la torcia kennediana dal fratello assassinato a Dallas, aveva consolato un Paese frastornato e ferito. La sua morte chiuse un’epoca di lotta e speranza. Ecco perché tanti non accettano che oggi Sirhan possa uscire di prigione. «Non riesco a comprendere perché l’assassino di Bobby Kennedy dovrebbe mai uscire dal carcere. Anche a 77 anni, potrebbe essere una minaccia. Il danno di lunga durata che ha inflitto è stato incalcolabile.
Se non fosse stato per il suo atto feroce, il resto della Storia degli Stati Uniti sarebbe stato diverso», ha scritto su Twitter il costituzionalista di Harvard Laurence Tribe. E Josh Mankiewicz, giornalista figlio di Frank, famoso reporter che fu in quella campagna elettorale il portavoce di RFK e comparve esausto e stravolto dopo 24 ore di bollettini per annunciarne la morte, è lapidario: «Mio padre non è più qui per dirlo quindi lo farò io: liberare un assassino politico qualunque sia la ragione è folle».
Come per tutti i grandi omicidi politici, a cominciare da quello del fratello a Dallas, la morte di RFK è circondata di dubbi, teorie, punti oscuri, che dividono anche gli eredi del senatore.
Sirhan dice di non ricordare nulla della notte dell’omicidio, e non ha mai spiegato bene il perché del suo gesto, salvo dire, anni dopo in una intervista televisiva, di essersi sentito tradito dal sostegno di Kennedy a Israele nella guerra dei Sei giorni del 1967. In tanti hanno espresso dei dubbi sulla sua colpevolezza, o sul fatto che quella sera fosse l’unico a sparare. Sirhan infatti era davanti a Kennedy, mentre l’autopsia parla di un colpo a bruciapelo da dietro, e secondo successive ricostruzioni 13 colpi furono esplosi nelle cucine, mentre la pistola di Sirhan ne aveva solo otto.
Proprio Robert Kennedy jr. qualche anno fa aveva detto al Washington Post di avere forti dubbi sulla colpevolezza di Sirhan. Tanto che sia lui sia una delle sorelle, l’ex vice governatrice del Maryland Kathleen Kennedy Townsend, hanno chiesto più volte una nuova inchiesta. Il sindacalista e consigliere di Kennedy Paul Schrade, tra le altre cinque persone rimaste ferite quella notte, oggi 96enne, da anni si batte per dimostrare che Sirhan sparò a lui, ma fu un secondo uomo armato a uccidere Kennedy.
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