
LA GROENLANDIA DIVENTERÀ "AMERICANA"? LO SCOPRIREMO PRESTO - OGGI IL POPOLO GROENLANDESE VA ALLE URNE PER RINNOVARE IL PARLAMENTO: UNA DECISIONE CRUCIALE, VISTO IL PIANO DI DONALD TRUMP PER METTERE LE MANI SULL'ISOLA DI GHIACCIO - LA SPERANZA DI "THE DONALD" È CHE VINCANO GLI INDIPENDENTISTI, PER POI AVVIARE LE TRATTATIVE PER COSTITUIRE UNA "FREE ASSOCIATION" (COME GLI USA HANNO GIÀ CON NAZIONI DEL PACIFICO TIPO PALAU, MICRONESIA E MARSHALL ISLANDS) - MA COSA NE PENSANO GLI ABITANTI DELL'ISOLA? CIRCA IL 90% VORREBBE L'INDIPENDENZA, ANCHE SE L'85% È CONTRARIO ALL'ANNESSIONE AGLI STATI UNITI…
1. REFERENDUM PER L’INDIPENDENZA POI UN TRATTATO SPECIALE ECCO IL PIANO TRUMP PER L’ISOLA
DONALD TRUMP RE DELLA GROENLANDIA - MEME REALIZZATO CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI GROK
Estratto dell'articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/esteri/2025/03/11/news/tom_dans_trump_strategia_washington-424055124/
Far vincere le elezioni agli indipendentisti, quelli veri; attivare l’articolo 21, per avviare il processo che porta alla sovranità; una volta tagliato il legame con la Danimarca, costituire una “Free association” con gli Usa, come hanno fatto altri paesi nel Pacifico. È questo il piano con cui Donald Trump conta di mettere le mani sulla Groenlandia. […]
LA GROENLANDIA AL CENTRO DELLA ROTTA ARTICA
Tom Dans, membro della United States Arctic Research Commission durante la prima amministrazione Trump, spiega così il progetto a Repubblica: […] «I ghiacci si sciolgono, rendendo questa regione strategicamente cruciale per la sicurezza nazionale americana e degli alleati occidentali. Per tre motivi: primo, le basi militari, che garantiscono protezione dagli attacchi nucleari, dal cielo e dal mare; secondo, le enormi risorse naturali non sfruttate, a partire dalle terre rare; terzo, l’accesso alle rotte di navigazione che si aprono nell’Artico. I rivali sono Cina e Russia, che hanno infrastrutture migliori delle nostre, e la Danimarca non hai mezzi per competere».
Dans non prevede invasioni militari[ …] Quindi la strada è un’altra: «Dare la parola agli abitanti della Groenlandia attraverso le elezioni. Se sceglieranno l’indipendenza, poi potremo negoziare con loro un Compact of Free Association , come gli Usa hanno già con nazioni del Pacifico tipo Palau, Micronesia e Marshall Islands».
Kuno Fencker, parlamentare che ha appena lasciato il partito di governo Siumut per passare con Naleraq, condivide il progetto e spiega i dettagli: «Per arrivare all’indipendenza è necessario attivare l’articolo 21, che prevede il negoziato con la Danimarca, l’approvazione da parte del Parlamento e il referendum. […] è necessario vincere le elezioni e poi avviare il processo».
[…] «L’Onu dice che dobbiamo decolonizzare, ma la Groenlandia non l’ha ancora fatto. La Danimarca poi non ha i mezzi finanziari per sviluppare le nostre risorse, perciò è logico discutere le alternative». Anche l’Italia potrebbe aiutare: «La premier Meloni ha un ottimo rapporto con Trump, ma siete con la Danimarca nella Ue e la Nato, quindi sareste in una posizione ideale per mediare. Poi qui ci sono grandi opportunità economiche, per chiunque ci aiuti a svilupparle».
2. LA GROENLANDIA ALLE URNE TRA IL SOGNO DI INDIPENDENZA E LE MINACCE DI TRUMP
Estratto dell'articolo di Sara Gandolfi per il “Corriere della Sera”
Lo stato d’animo dei groenlandesi, poco più di 60.000 abitanti su un’isola grande quanto metà dell’Unione europea, all’80% oltre il Circolo polare artico, in questi giorni si riassume in una parola impronunciabile, nella lingua kalaallisut: «Nuannaarsuataarpoq», sopraffatto. Così si sente la maggioranza della popolazione, al 90% inuit.
Oggi affronta le elezioni forse più importanti nella storia di questo immenso territorio che fu colonia danese dal 1721 al 1953, poi parte integrante del Regno e dal 1979 è auto-governato per le questioni interne: si rinnovano i 31 deputati dell ’Inatsisartut , ma la posta in gioco è ben più alta rispetto al passato. perché Donald Trump vuole l’isola artica, «ad ogni costo» e per questo le elezioni sono state anticipate di due mesi, precipitosamente, all’indomani del suo insediamento.
la posizione strategica della groenlandia
Sono favoriti i due partiti, indipendentisti ma con prudenza, della coalizione di sinistra al governo: l’ecologista Inuit Ataqatigiit (attualmente, 12 seggi) del premier Múte Egede, che oggi compie 38 anni, e il socialdemocratico Siumut (10 seggi). Seguono il centrista Naleraq, che vuole l’indipendenza subito e non esclude partnership con gli Usa (4 seggi), i Democratici, favorevoli all’auto-governo ma contrari all’indipendenza (3), e Atassut (2) partner del partito danese Venstre.
[…] Secondo i (pochi) sondaggi, l’85% dei groenlandesi è contrario all’annessione agli Stati Uniti e il 90% è favorevole all’indipendenza, che in base ad un accordo del 2009 con la Danimarca potrà realizzarsi dopo un referendum. La sfida lanciata da Egede a Capodanno — «è tempo di rompere le catene del colonialismo» — è però complicata sia dalle mire del tycoon Usa sia dal costo di un welfare integralmente sostenuto dalla Danimarca, che mantiene il controllo di politica estera e difesa, ma fornisce anche alla Groenlandia sussidi per 554 milioni di euro l’anno. […]
Un dilemma per il popolo e il governo Inuit, chiamato a giocare una partita geopolitica intricata, che si inserisce nel Grande gioco artico fra le superpotenze — Usa, Russia, Cina — per accaparrarsi terre rare indispensabili all’economia hi-tech, nuove rotte marittime e un prezioso avamposto strategico-militare fra i ghiacci. […]
Trump si è rivolto direttamente ai groenlandesi: «Vi terremo al sicuro. Vi renderemo ricchi. E insieme porteremo la Groenlandia a vette che non avreste mai pensato possibili prima». Egede gli ha risposto via Facebook: «Kalaallit Nunaat is ours», la Groenlandia è nostra. L’Unione europea, da cui l’isola è uscita nel 1985 rifiutando le quote sulla pesca, farebbe bene ad entrare in partita.