“ORA ISRAELE È FORTE, MA TRA DIECI O VENT’ANNI SARETE DEBOLI, E ATTACCHERÒ” – YAHYA SINWAR, IL LEADER DI HAMAS AMMAZZATO OGGI A GAZA, ERA STATO CATTURATO NEL 1989, E POI RILASCIATO NEL 2011 NEL MAXI-SCAMBIO PER LA LIBERAZIONE DEL SOLDATO GILAD SHALIT (1027 PALESTINESI PER UN ISRAELIANO) – LE CONVERSAZIONI CON IL “DENTISTA” YUVAL BITTON (A GIUDICARE DALLE FOTO, NE AVREBBE AVUTO BISOGNO) E L’OPINIONE DELL’AGENTE CHE LO INTERROGÒ: “SINWAR NON È IL PIÙ FORTE, È IL PIÙ CRIMINALE”
1. QUANDO SINWAR FU LIBERATO
Estratto da “7 ottobre 2023 – Il giorno più lungo”, di Sharon Nizza, ed. “la Repubblica”
[…] Yuval Bitton […] per anni è stato il dentista del servizio penitenziario israeliano e come tale ha curato centinaia di prigionieri palestinesi, tanto da sapere distinguere l’affiliazione ideologica dall’arcata dentale: «I detenuti di Fatah hanno la bocca messa molto peggio perché fumano tanto e bevono moltissimo caffè, a differenza di quelli di Hamas che seguono i dettami religiosi per cui è vietato fumare e in genere bevono tè».
L’intimità che ha creato con i pazienti, le lunghe conversazioni, la fiducia conquistata, lo hanno portato negli anni a diventare parte dell’intelligence del servizio penitenziario. Anche quando ricopriva quella carica, Bitton era noto a tutti semplicemente come “Il Dottore”.
IL PRESUNTO CADAVERE DI YAYA SINWAR
Bitton ha alle spalle ore e ore di conversazioni con Yahya Sinwar, il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, che ha iniziato la sua scalata ai vertici dell’organizzazione proprio dall’interno del carcere israeliano, dove si trovava dal 1989 condannato per aver brutalmente ucciso quattro presunti collaborazionisti palestinesi.
Sinwar aveva ideato e guidato il meccanismo di polizia interna di Hamas, volto a stanare i presunti traditori palestinesi anche con attività di monitoraggio dei trasgressori della morale islamica (chi gioca d’azzardo, chi tradisce, chi ha relazioni sessuali illecite è potenzialmente ricattabile e quindi obiettivo degli israeliani, per questo va eliminato). La sua spietatezza gli è valsa il titolo di “macellaio di Khan Younis”.
LE PRESUNTE PROVE DELL UCCISIONE DI SINWAR A GAZA
«Ora siete forti, ma forse tra dieci o vent’anni sarete deboli, e attaccherò», ripeteva Sinwar a Bitton nei loro lunghi colloqui volti anche a delineare il profilo psicologico di quel prigioniero che, rilasciato nel 2011 nello scambio Shalit (1027 prigionieri palesti- nesi per un soldato israeliano, Gilad Shalit, rapito nel 2006), oggi è l’artefice del più mortale attacco contro gli ebrei dopo la Shoah.
Quindi, no, non ha dubbi Bitton: già la mattina presto di quel sabato festivo, mentre alla vista delle immagini live dei massacri in corso chiunque si ripete “Non è possibile”, Bitton sa che lo è. Sa che Sinwar è irremovibile, gliel’ha ripetuto più volte che «la soluzione dei due Stati non è accettabile perché tutta questa è terra dell’Islam», e per questo lui si era opposto al suo rilascio nel 2011.
Mentre i pensieri scorrono freneticamente, Bitton viene informato da sua sorella Yael che a casa di Nir nel Kibbutz si sono infiltrati i terroristi, hanno sparato verso il salone e hanno devastato le stanze, ma non sono riusciti a penetrare il mamad, perché Nir ha lottato con tutte le sue forze per impedirglielo. La porta rafforzata in acciaio ha attutito gli spari. […]
2. NELLA TESTA DI YAHYA SINWAR
Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio” – 15 giugno 2024
Appena entrato nella stanza in cui lo attendeva l’agente dei servizi segreti israeliani Micah Kobi, Yahya Sinwar, senza neppure sedersi, disse: “Uccidimi, non ti dirò nulla, voglio essere uno shahid”, un martire. Sinwar aveva ventisette anni, un’ideologia ferrea e un piano chiaro che necessitava di tempo per essere letale contro Israele.
SHARON NIZZA - 7 OTTOBRE 2023 - IL GIORNO PIU LUNGO
Micah Kobi aveva già trascorso molto tempo nella Striscia di Gaza come agente dello Shabak, i servizi segreti interni; aveva conosciuto diversi uomini di Hamas, aveva arrestato leader, miliziani, predicatori, e sapeva che in Sinwar c’era qualcosa di diverso, era spietato, ambizioso, paziente, inflessibile, per nulla sensibile ai richiami del compromesso: “Ucciderti ora sarebbe semplice – gli rispose Kobi – per te sarebbe comodo morire adesso, non soffriresti neppure. Se vuoi che ti uccida devi prima sederti e raccontarmi tutto: chi hai ammazzato a Gaza, chi hai ammazzato in Israele. Tutto”.
[…] “Quando Sinwar entrò nella stanza dell’interrogatorio, quando iniziò a raccontare i crimini commessi con esaltazione, capii che era diverso, quegli occhi da assassino parlavano da soli”. Venne condannato a quattro ergastoli, “continuò a uccidere anche dentro la prigione, recise con la lama di un rasoio la gola di tre palestinesi che era convinto stessero collaborando con noi, non era vero, non collaboravano, ma lui era ossessionato dalle spie, ossessionato dal castigo: il soprannome di ‘macellaio di Khan Younis’ non glielo abbiamo dato noi israeliani, sono stati i palestinesi a chiamarlo così”.
Sinwar venne rilasciato nel 2011, nell’ambito di uno scambio dispendioso per Israele che fece uscire dalle sue carceri mille detenuti palestinesi per far tornare il soldato Gilad Shalit, rapito nel 2006: molti dei palestinesi rilasciati hanno preso parte a nuovi attentati, alla pianificazione e all’esecuzione del 7 ottobre.
“Non ho potuto fare nulla per impedirlo – Kobi si lamenta – ho conosciuto Sinwar meglio di chiunque altro, meglio dei suoi genitori, l’ho detto, l’ho ripetuto, l’ho sottolineato quanto fosse pericoloso”.
Sinwar lasciò Israele, si rinchiuse a Gaza ed ebbe a disposizione tredici anni per creare il piano più doloroso possibile: “Sinwar non è il più forte, è il più criminale, dentro Hamas c’è chi lo odia, tutta la sua famiglia è detestata per quello che lui e suo fratello hanno fatto ad altri membri del gruppo, inseguendo l’ossessione del tradimento e lo zelo del castigo”.
I DENTI DEL CADAVERE A GAZA E QUELLI DI SINWAR
Ha curato, cesellato, fatto crescere un piano in tredici anni, ha capito che bisognava trasformare tutta la società di Gaza, che ogni cittadino andava coinvolto o prendendo parte alle azioni contro Israele o nella feroce posizione di vittima, perché lo spargimento di sangue aiuta Hamas, coma ha scritto Sinwar nella sua corrispondenza con altri leader del gruppo: il sangue fa notizia, distrae l’attenzione dai crimini e nessuno si domanda quale disegno ci sia dietro la morte dei civili palestinesi.
Yahya Sinwar in fuga nei tunnel di hamas 2
E’ un calcolo millimetrico, che ha i suoi effetti: sabato 8 giugno, Israele ha liberato quattro ostaggi, tenuti in prigionia per otto mesi e detenuti in un’area civile; i miliziani si sono opposti al salvataggio, hanno iniziato a sparare contro gli ostaggi e gli agenti arrivati a liberarli, Israele ha risposto al fuoco e l’azione ha causato la morte di diversi civili, più di duecento, secondo Hamas. Il sangue ha cancellato l’operazione di salvataggio, ha cancellato le condizioni degli ostaggi, ha cancellato anche l’evidenza del metodo di Hamas di usare la popolazione come scudo.
Il sangue si è trasformato in condanna internazionale nei confronti di Israele: Sinwar ha armato l'opinione pubblica e non era un’arma che aveva previsto di usare sin dall’inizio. “E’ stata una sorpresa positiva, lo ha scoperto nel 2021 quanto potesse funzionare, e ne ha fatto una strategia da implementare”. […]
Micah Kobi non aspetta, suggerisce: “Sinwar non deve essere arrestato, deve essere eliminato, non deve avere il tempo di ricostruire la sua rete, il mondo dimentica la crudeltà”.