OTTANT’ANNI FA LA NOTTE PIÙ NERA DEGLI EBREI ITALIANI – IL 30 NOVEMBRE DEL 1943, MUSSOLINI DECRETÒ L’ARRESTO E LA DEPORTAZIONE DI TUTTI GLI “APPARTENENTI ALLA RAZZA EBRAICA”. DA QUEL GIORNO I FASCISTI INIZIARONO I RASTRELLAMENTI E L’INVIO NEI LAGER – LE VIOLENZE DELLE “BANDE” CHE AFFIANCAVANO LA POLIZIA E I NAZISTI. E I RACCONTI DI ALCUNI SOPRAVVISSUTI: “SONO ENTRATI DENTRO LE CASE, HANNO ROTTO, HANNO PRESO, HANNO RUBATO, E NON SOLTANTO I NAZISTI, ANCHE I FASCISTI”
Estratto dell’articolo di Marcello Pezzetti per “la Repubblica”
Il 30 novembre 1943, con l’ordinanza di polizia n. 5, la RSI di Mussolini decretò la fine della presenza ebraica sul suo territorio, e per un numero altissimo di ebrei, questo provvedimento segnò anche la fine della loro vita. Fino ad allora, nonostante la presenza di una legislazione antiebraica pesantissima e le continue pressioni tedesche, gli ebrei non erano stati deportati dal territorio nazionale, Dodecaneso compreso, anzi, l’Italia aveva protetto quelli che si trovavano all’estero […]
Dopo l’occupazione dell’Italia centro-settentrionale, la polizia tedesca aveva incominciato da sola ad arrestare e a deportare gli ebrei, come nel caso della grande retata di Roma del 16 ottobre 1943 e nelle successive “azioni” nel nord del Paese, ad opera del Kommando di Theodor Dannecker, inviato dall’ufficio di Adolf Eichmann.
GUIDO BUFFARINI GUIDI CON Heinrich Himmler
Dopo la promulgazione dell’ordinanza di polizia n. 5, tuttavia, nel territorio della RSI il sistema degli arresti subì una profonda modifica: dal mese di dicembre gli «appartenenti alla razza ebraica», definiti pochi giorni prima nella Carta di Verona come appartamenti «a nazionalità nemica», non vennero più arrestati solo dai tedeschi, ma anche dagli agenti italiani.
Il testo dell’ordinanza, firmata dal ministro Guido Buffarini-Guidi, diceva che «tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale, debbono essere inviati in appositi campi di concentramento ». Che «tutti i loro beni mobili e immobili devono essere sottoposti a immediato sequestro» e che «siano intanto concentrati gli ebrei incampi di concentramento provinciali in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati».
Le modalità di questa nuova fase della persecuzione sono ricordate dai pochi sopravvissuti agli arresti e alle deportazioni. «Sono entrati dentro le case, hanno rotto, hanno preso, hanno rubato, e non soltanto i nazisti, anche i fascisti. Il loro obiettivo, di tutti e due, era lo sterminio ebraico». (Romeo Salmoni).
«Mio padre mi disse: “Scappa, Silvana!” Corevo, corevo , però le grida di mia madre… tornai indietro e lìfui presa. Le sue grida furono un tormento. Erano italiani, fascisti… perché il tedesco cosa ne sa lui che io sono ebreo?». (Silvana Zarfati).
L’istituzione italiana che ebbe la maggiore responsabilità nella messa in opera della «soluzione finale del problema ebraico» fu il ministero dell’Interno, con a capo Buffarini- Guidi e, successivamente, Paolo Zerbino.
Vari settori dell’apparato burocratico statale operarono attivamente all’interno del sistema persecutorio: innanzitutto gran parte della Pubblica sicurezza, la “normale” polizia di Stato; l’apparato delle prefetture e delle questure che emanavano gli ordini di cattura; le istituzioni confluite nella Guardia Nazionale Repubblicana – G.N.R. (i carabinieri, i componenti della Polizia dell’Africa Italiana –PAI– e gli uomini della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale), senza dimenticare il ruolo devastante del Ministero delle Finanze, che gestì i beni sottratti agli ebrei.
«Ci ha prelevato la polizia fascista. Siamo andati via con le nostre valigie in un carrettino con su tre materassi. Avevano una lista, ma ormai il grosso degli ebrei di Ferrara era già stato preso prima». (Franco Schönheit).
«L’arresto è avvenuto a Borgotaro, in modo molto semplice. Un giorno è venuto un carabiniere e ha detto: “Signora, venga con me con la valigia!” Con me c’era una mia amica, che piangeva, invece io no». (Dora Klein)
Ma, oltre alle forze “istituzionali”, venne dato ampio spazio all’azione criminale di numerose forze autonome, le famigerate “bande”, la cui condotta criminale andò ben oltre la collaborazione con i nazisti.
I componenti di queste bande, quali la “Cialli-Mezzaroma” e la“Ceccarelli” a Roma o la banda “Koch” in varie città , oltre ad essere prezzolati dai tedeschi, si distinsero per furti, saccheggi e violenze inaudite nei confronti della popolazione ebraica. Infine, va sottolineata la responsabilità dei singoli delatori, che spesso tradirono i loro innocenti concittadini ebrei.
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«Di notte due energumeni si sono introdotti nel nostro appartamento con la polizia e ci hanno arrestato. Caricati su una camionetta, mio padre ed io siamo stati portati al carcere maschile delle Murate, mia sorella e mia madre son state ricoverate nell’ospedale internodel carcere femminile». (Teo Ducci)
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«Siamo arrivati a Marassi in macchina. C’eravamo io, mio papà, mia sorella e mia mamma… Mi viene troppa rabbia a pensare al carcere, perché io non ho mai fatto niente di male. Entrare da ebrei è tremendo! Poi, dopo circa un quindici giorni, c’hanno caricato su un treno per Fossoli». (Dora Venezia)
«Alle Nuove di Torino, nella cella eravamo in cinque: io, la mia mamma, la mia nonna e un’altra signora con una ragazza. Facevamo i bisogni dentro la cella, c’era un buiolino in un angolino. Mi ricordo suor Giuseppina, la suora delle carceri, che è stata meravigliosa perché ha aiutato delle mamme che erano entrate coi bambini a nascondere quei bambini. Come potevi reagire? Cosa potevi fare? Subire. Ormai eravamo intrappolate. Poi, un mattino, ci hanno caricati su un camion, ci han portati alla stazione e ci hanno scaricati a Fossoli». (Natalia Tedeschi)
Dopo l’emanazione dell’ordine di polizia n. 5, i nazisti decisero un sostanziale cambiamento del loro sistema persecutorio: cercarono di superare la diffidenza nei confronti degli italiani sfruttandone le nuove misure persecutorie. Dannecker, l’incaricato della retata di Roma e dei primi arresti nel Nord del Paese, venne sostituito dal nuovo Judenberater Friedrich Boßhammer, che istituì un “ufficio antiebraico” (Ufficio IV B4) a Verona, dove aveva sede la Polizia di Sicurezza nazista.
adolf hitler e benito mussolini
Per gli ebrei residenti in Italia fu devastante la stretta collaborazione che si instaurò tra gli uomini di Boßhammer e le autorità italiane, in particolare le questure. I nazisti tennero stretta nelle loro mani l’organizzazione dei trasporti da Fossoli, e successivamente da Bolzano, per Auschwitz, ma non sarebbero mai riusciti a portare alla morte un numero così alto di innocenti senza la collaborazione dei «volonterosi carnefici» italiani.