“NON HO MAI CONTESTATO IL PRIORE DI BOSE MA COMPRENDO CHE LA MIA PRESENZA POSSA ESSERE STATA UN PROBLEMA” - PADRE ENZO BIANCHI SI DIFENDE DOPO L'ALLONTANAMENTO, DECISO DAL PAPA, DALLA COMUNITÀ DA LUI FONDATA: “INVANO, A CHI CI HA CONSEGNATO IL DECRETO, ABBIAMO CHIESTO CHE CI FOSSE PERMESSO DI CONOSCERE LE PROVE DELLE NOSTRE MANCANZE E DI POTERCI DIFENDERE DA FALSE ACCUSE…”
Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
«In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore, ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l' autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi».
Dopo un giorno di silenzio, Enzo Bianchi affida a un comunicato il tentativo di ricomporre una situazione che ha portato la Santa Sede a disporne, con un decreto approvato dal Papa, l' allontanamento della Comunità di Bose, da lui fondata alla fine del 1965.
«Temporaneamente», scrive, come a dire che non tutto è finito: «Io, fra' Enzo Bianchi, il fondatore, suor Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fra' Lino Breda, segretario della comunità, e fra' Goffredo Boselli, responsabile della liturgia, siamo stati invitati a lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove».
Enzo Bianchi ricorda che il suo successore è stato «un mio collaboratore stretto per più di vent' anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità» e «ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità». E fa capire di voler sapere che cosa, di preciso, gli si contesti: «In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa, chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto».
Il decreto di allontanamento era motivato da «una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l' esercizio dell' autorità del fondatore e il clima fraterno». Bianchi replica: «Invano, a chi ci ha consegnato il decreto, abbiamo chiesto che ci fosse permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse».
Ma aggiunge: «In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore».
Senza però contestare l' autorità del nuovo priore, chiarisce: «Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione».
Così il fondatore di Bose conclude: «Ringrazio dal profondo del cuore i tanti fratelli e sorelle di Bose che in queste ore di grande dolore mi sostengono e le tante persone che mi e ci hanno attestato la loro umana vicinanza e il loro affetto sincero». E, «nella tristezza più profonda», assicura di essere «sempre obbediente, nella giustizia e nella verità, alla volontà di papa Francesco, per il quale nutro amore e devozione filiale».