A PASSO DI GAMBERO (ROSSO) - L'ECCELLENZA SICILIANA DI MAZARA DEL VALLO FA IL GIRO DEL MONDO – SE È FRESCO VA GUSTATO PER INTERO, SUCCHIANDO LA TESTA COME FOSSE UN CIUCCIOTTO - “QUELLI GRANDI FANNO UN FIGURONE. SONO COSÌ BELLI, CHE MI SEMBRA DI PORTARE IN TAVOLA UN QUADRO”
Licia Granello per la Repubblica
R osso è rosso. E anche lucido, profumato, cedevole senza mollezze sotto la corazza che lo protegge. Se è fresco - che significa mangiato appena uscito dall' acqua oppure conservato come dio comanda - va gustato per intero, succhiando la testa come fosse un ciucciotto per palati adulti. A Mazara del Vallo ne hanno fatto una ragione di vita, perché buoni come i gamberi rossi di qui, in giro per il mondo si fa fatica a trovarne.
Il guaio è che pescare non basta. Perché poi bisogna saper vendere. Paolo Giacalone, mazarese con tre generazioni di pescatori alle spalle, ha smesso di andare in mare poco più che ragazzo e si è inventato un mestiere di terra: venditore del gambero rosso di Mazara. Ed è a Mazara che l' ha trovato Patrizia Di Benedetto, la cuoca capace di riportare quasi dieci anni fa la stella Michelin sul mare di Palermo, Mondello, un' ora di macchina da Mazara del Vallo. E con la stella, la glorificazione assoluta del gambero rosso locale.
Occhi azzurri e modi allegramente ruvidi, in pochi anni Giacalone ha trasformato un' intuizione - pescare è importante, ma vendere il prodotto valorizzandolo lo è altrettanto - in affare di famiglia. «Ho fatto società con mio padre Antonino e mio fratello Nicola e registrato il marchio Gambero Rosso di Mazara. Siamo proprietari di due pescherecci, con quattordici marinai che stanno con noi da trent' anni. Per cinquant' anni la flotta peschereccia di Mazara è stata la più importante di tutto il Mediterraneo, con quasi trecento pescherecci. Oggi siamo ridotti a ottanta».
La vicenda che ha contribuito a strozzare l' economia di un bel pezzo di Sicilia è figlia di un malinteso apparente, l' equazione Europa uguale Mediterraneo. «Noi abbiamo l' obbligo di usare maglie da cinquanta millimetri, ed è giusto perché altrimenti tiri su pesci piccoli e piccolissimi.
Peccato che sfuggano alle nostre reti per finire in quelle dei tunisini, che non sono europei e usano maglie da venti millimetri. Noi non possiamo pescare le neonate, però importiamo la puntiglia dalla Cina, pagandola due euro al chilo. Diamo le quote tonno a tre armatori che in un mese incassano un milione e mezzo di euro pagando una dozzina di stipendi e se noi peschiamo un tonno ci denunciano. E poi il fermo biologico, cosa vuole che sia un mese? Ce ne vorrebbero almeno tre. Lo dico contro il mio interesse, ma alla fine il mare se lo rispetti ti ripaga ».
Patrizia Di Benedetto benedice il giorno che ha incontrato Giacalone, «perché la qualità dei suoi gamberi è senza paragoni. E io i gamberi li ho sempre usati, fin da quando eravamo solo un pub con pochi piatti, nei primissimi anni Novanta, io in cucina e Toni in sala. Quando ci siamo sposati, Piero Selvaggio del Valentino di Los Angeles, che era diventato un nostro cliente, ci ha invitati da lui, ho passato il viaggio di nozze nella sua cucina... Sono tornata con l' entusiasmo a mille. Erano gli anni delle stragi, ma anche quelli della primavera palermitana, la gente aveva voglia di facce pulite, venivano a mangiare i magistrati, c' era una bellissima energia.
Nella Palermo dei cannoli e del tonno stracotto col pomodoro noi cuocevamo poco o niente e facevamo una cucina di ingredienti, senza orpelli. Abbiamo rotto gli schemi della ristorazione locale, facendoci amare dai nostri coetanei, che poi hanno cominciato a mandarci i genitori...».
paolo giacalone patrizia di benedetto
Quindici anni fa, da Osaka è arrivato Yuki Matsugama, laureato in matematica e funzionario infelice della Honda, pronto a licenziarsi pur di inseguire il suo sogno: imparare il mestiere della tavola e i segreti del tonno rosso, vero mito della cucina giapponese. «Grazie a lui ho premuto l' acceleratore sui crudi di mare. Sa come si dice qui? "Carne cruda, pesce cotto". La tartare di tonno era considerata un azzardo improponibile... I gamberi non li ho mai voluti cuocere, anche nel condimento delle paste sono appena scottati, preferiamo sottolineare il sapore con il brodo di carapaci, o schiacciando le teste, che in estate sono piene di uova nere e hanno un gusto fantastico. A volte i clienti non capiscono, pensano che il colore scuro sia segno di marcescenza, bisogna spiegare».
L' altro mito da sfatare riguarda la lunghezza.
«In commercio si va a pezzature, quantificate dal numero per chilogrammo: gli XXL per esempio, sono dai venti ai ventidue per chilo, poi si sale a trenta, cinquanta, fino a settanta gamberi per chilo. Io trovo che la terza pezzatura sia la migliore, per consistenza e sapore. Uso quelli per la tartare con ricotta di pecora e carciofi, uno dei miei cavalli di battaglia. Certo, i gamberi grandi fanno un figurone. Sono così belli, che mi sembra di portare in tavola un quadro».