“PERCHÉ NON HA URLATO? FACCIAMO ANCORA QUESTE DOMANDE?” – LO SFOGO DELLA PM DI TORINO CHIAMATA A FORMULARE L’ACCUSA CONTRO UN MARESCIALLO DELLA GUARDIA DI FINANZA CHE SUI SOCIAL OFFRIVA MASSAGGI GRATIS A GIOVANI MODELLE IN CAMBIO DI UN FEEDBACK: SECONDO LA VITTIMA, PERÒ, L’UOMO LE AVREBBE INFILATO LE DITA NELLE PARTI INTIME – LA DIFESA PARLA DI "DICHIARAZIONI AMBIGUE DI UNA RAGAZZA ESUBERANTE", MA IL PUBBLICO MINISTERO…
Massimiliano Nerozzi per www.corriere.it
Capita di stufarsi dei luoghi comuni, figurarsi dei più odiosi: «Che c’è un comportamento atteso della vittima di violenza sessuale lo sentiamo tutti i giorni — dice a un certo punto della requisitoria il pubblico ministero Lisa Bergamasco —. Perché non ha chiamato l’amico? Perché non ha urlato? Facciamo ancora queste domande?». Davanti al tribunale (presidente Rosanna La Rosa, a latere Andrea Natale e Cristiano Trevisan) c’è un maresciallo della guardia di finanza con l’hobby dei massaggi, durante uno dei quali — è l’accusa — avrebbe infilato le dita nelle parti intime di una giovane modella.
Le cui parole, con i due soli in una stanza, sono l’unica fonte di prova: «La verità è che non esiste un codice di comportamento della vittima — continua il pm — e lei risponde a domande che per me neanche dovrebbero essere fatte». Il che non significa ovviamente eliminare il confronto con elementi e testimonianze per valutare la genuinità del racconto della parte offesa. Ma, appunto, è anche una questione di pre-giudizi, in senso letterale, a volte pure da parte degli inquirenti, ragiona ancora Bergamasco, che da sette anni si occupa di questi reati, nel gruppo «Fasce deboli».
Tant’è che, all’inizio, la polizia giudiziaria parlò «di dichiarazioni ambigue e preordinate», fatte da una «ragazza esuberante». Osservazioni che si sono vaporizzate, in udienza: «Non c’era alcun dato oggettivo o discrepanza per affermare ciò». Eppure, la querela fu fatta il 26 settembre 2018 e arrivò sul tavolo della Procura solo il 9 novembre successivo. Per l’accusa, non ci sono dubbi: violenza sessuale, «senza alcun elemento per sostenere attenuanti di qualche tipo», e una richiesta di 6 anni e 6 mesi di reclusione.
La stessa condanna, per un episodio simile, subita dal maresciallo nel febbraio scorso, in primo grado, contro la quale la difesa — gli avvocati Yuri Marchis e Katiuscia Bonetto — ha fatto appello. Questi ultimi danno una lettura diametralmente opposta del racconto della ragazza, in aula al fianco del suo legale, l’avvocato Luigi Vatta: «La parte offesa è completamente inattendibile ed è caduta in contraddizioni imbarazzanti». Per loro, non ci sono dubbi in senso contrario: «O mente, o non sa cosa è successo». Il contatto era nato su Instagram, dove il maresciallo offriva massaggi gratis a modelle, in cambio «di un feedback positivo».