PERQUISIZIONI IN ITALIA ALLA RICERCA DEI CONTATTI DI ANIS AMRI: RICERCHE IN PROVINCIA DI LATINA - FERMATO A BERLINO UN TUNISINO FORSE COINVOLTO NELL'ATTENTATO - I SERVIZI SEGRETI ITALIANI FANNO TRAPELARE DI AVER INVIATO UN FASCICOLO DETTAGLIATO SUL (POTENZIALE) TERRORISTA NEL FEBBRAIO 2016
PERQUISIZIONI IN ITALIA SU CONTATTI AMRI IN CARCERE
(ANSA) - Sulla base di contatti avuti in carcere in Italia da Anis Amri, l'autore della strage di Berlino del 19 dicembre scorso, la Polizia ha eseguito diverse perquisizioni. Una, in particolare, in provincia di Latina.
BERLINO: SZ, FRENO AUTOMATICO TIR HA SALVATO VITE
(ANSA) - È stato il "sistema di frenata automatico" in dotazione al tir che Amri ha lanciato sulla folla a Berlino ad evitare che il bilancio dell'attentato fosse molto più pesante. Lo rivela la Sueddeutsche Zeitung citando fonti investigative. Grazie a questo sistema, il tir ha bloccato la sua corsa dopo 60, 70 metri, nei quali ha ucciso 12 persone ferendone una cinquantina. Il sistema entra in azione dopo un impatto, ha aggiunto il quotidiano. In un primo momento si era ipotizzato che fosse stato l'autista polacco a cambiare la direzione del tir lottando con Amri.(
BERLINO, FERMATO TUNISINO FORSE COINVOLTO NELL'ATTENTATO
ANSA
Un tunisino di 40 anni è stato arrestato a Berlino nell'ambito delle indagini sull'attentato di Anis Amri a Berlino. Lo ha confermato la procura generale, come riporta la Dpa. L'uomo è sospettato di essere "un presunto contatto" di Amri, giacché il suo "numero di telefono era nello smartphone" dell'attentatore ritrovato dagli investigatori.
ANIS AMRI ALLA STAZIONE DI MILANO IL 23 DICEMBRE
"Ulteriori indagini indicano" che il tunisino "potrebbe essere coinvolto nell'attentato" di Berlino, precisa la Procura tedesca spiegando "che per questo è stato temporaneamente arrestato". Secondo quanto riferisce Spiegel online, citando "ambienti di sicurezza" le perquisizioni sono avvenute nel quartiere di Tempelhof, a sud della città.
Amri è passato da Amsterdam per arrivare a Lione. E' quanto riferiscono i media olandesi e belgi citando quelli francesi. Anis Amri avrebbe quindi raggiunto la Francia via l'Olanda, con un bus della società Flixbus partito dalla stazione di Sloterdijk di Amsterdam sino a Lione senza mai essere stato controllato nonostante viaggiasse armato. Non si sa ancora come invece abbia raggiunto Amsterdam da Berlino.
La polizia ha pubblicato su twitter una foto che riprende Amri alla stazione ferroviaria di Porta Nuova a Torino il 22 dicembre alle 22.14.
La Questura di Milano ha diffuso un fotogramma estratto dalle telecamere della Stazione Centrale che riprende Anis Amri il 23 dicembre scorso, poche ore prima che il terrorista tunisino fosse ucciso in uno scontro a fuoco con la Polizia a Sesto San Giovanni. L'immagine - che mostra Amri mentre si dirige verso l'esterno della Stazione - è delle 00.58 del 23 dicembre e rappresenta un altro tassello nelle indagini degli investigatori che stanno ricostruendo gli spostamenti dell'uomo.
Anis Amri, il tunisino responsabile dell'attentato di Berlino, era passato per la stazione di Lione Part-Dieu dove aveva acquistato un biglietto per Milano con corrispondenza a Chambery. Lo dimostrano le immagini delle telecamere di video sorveglianza della stazione. Dopo essere passato da Lione e Chambery, prima di arrivare a Torino, Amri si era fermato alla stazione di Bardonecchia, nel Torinese quindi aveva raggiunto Sesto dalla Stazione Centrale di Milano a bordo di un autobus.
Il terrorista ha sparato alla testa dell'autista polacco del tir con cui è stato compiuto l'attentato a Berlino "tra le 16.30 e le 17.30". È quanto scrive la Bild, citando risultati dell'autopsia. Lukasz Urban ha perso molto sangue e può anche essere stato ancora in vita quando Amri si è lanciato contro la folla al mercatino di Natale, ha proseguito la Bild, "ma i medici escludono che sia stato in grado di agire con consapevolezza" e quindi "di aggrapparsi al volante durante l'attentato". Una prima ricostruzione della dinamica aveva invece lasciato intendere che Urban avesse lottato fino all'ultimo, aggrappandosi più volte al volante e, forse, costringendo il tir a sbandare, salvando così molte altre persone.
Vallone, temiamo vendetta contro chi porta divisa - "È la prima volta che un terrorista viene ucciso in Italia e sicuramente una divisa è diventata bersaglio privilegiato. Non dimentichiamo che anche in Francia sono stati uccisi due poliziotti. Noi siamo la vetrina dello Stato".
Lo afferma - in un'intervista al Corriere della Sera - Maurizio Vallone, a capo del servizio controllo del territorio del Dipartimento della Pubblica sicurezza, dopo l'uccisione dell'attentatore Anis Amri: "dobbiamo essere particolarmente attenti, prendere tutte le iniziative possibili di autotutela". I due agenti di Milano, dice, "Sono stati perfetti, la loro è stata un'operazione da manuale". Dopo Berlino, il dispositivo è stato potenziato: "Oltre agli agenti in servizio in ogni città, abbiamo 1.800 uomini a disposizione per potenziare i servizi quando questori o prefetti lo richiedono.
L'aspetto principale in questo momento riguarda quanto accade prima delle manifestazioni ritenute a rischio: noi elenchiamo le prescrizioni da rispettare, se la risposta non è adeguata scatta il divieto".
Ad esempio, spiega, "un concerto di fine anno non si potrà svolgere se non ci saranno 'filtraggi' delle persone all'entrata e all'uscita, come avviene negli stadi. Inoltre dovranno essere montate le barriere di cemento per impedire l'accesso dei mezzi. In ogni occasione saranno presenti le Unità operative antiterrorismo", addestrate dai Nocs che si muovono in macchine blindate e fucili ad alta precisione: "Abbiamo a disposizione 400 poliziotti e circa altrettanti carabinieri".
anis amri dopo l attentato a berlino 3
Gli ultimi spostamenti di Amri - Gli investigatori della Digos sono stati al lavoro anche durante il giorno di Natale per ricostruire nel dettaglio di spostamenti di Amri, ucciso la notte tra giovedì e venerdì scorso a Sesto San Giovanni durante un controllo di un equipaggio della Volante.
Da analizzare anche i dati che ieri gli investigatori tedeschi hanno portato a conoscenza degli agenti della Digos, coordinati dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, a capo del Dipartimento Antiterrorismo della Procura di Milano e dai pm Paola Pirotta e Piero Basilone. All'esame la pistola calibro 22 che il tunisino aveva con sé, la sua scheda telefonica non utilizzata e altri elementi che potrebbero chiarire se l'uomo poteva disporre di appoggi nel Milanese, oppure se Sesto era solo un luogo di passaggio per andare altrove.
Amri era in contatto con suo nipote attraverso Telegram per poter eludere i controlli della polizia. E' quanto emerso dopo un'operazione delle forze di sicurezza tunisine, che hanno smantellato ieri una cellula terroristica composta da tre membri tra i 18 e i 27 anni, tra cui il nipote dello stesso Amri. La cellula terroristica operava tra Fouchana nel governatorato di Ben Arous, e Oueslatia, in quello di Kairouan.
L'ultimo viaggio del terrorista che ha fatto strage a Berlino inizia nella stazione di Chambery, cittadina francese ai piedi della Alpi dove Amri è arrivato proveniente dalla Germania. Senza documenti, senza libri o testi scritti, senza telefono, con pochi soldi e pochissimi effetti personali. Ma con una pistola in tasca. "Era come un fantasma", dirà poi il questore di Milano Antonio De Iesu. A Chambery il tunisino sale su un treno diretto in Italia e arriva a Torino attorno alle 20.30. Gli investigatori ritengono che l'uomo, dopo aver varcato il confine, abbia preso dei treni locali con i quali ha raggiunto la stazione di Porta Nuova.
Qui Amri rimane tre ore circa e, secondo chi indaga, non avrebbe avuto contatti con alcuno. La Digos ha in ogni caso già acquisito le immagini delle telecamere di sicurezza per cercare di ricostruire i suoi spostamenti e verificare eventuali incontri. Quel che è certo è che Anis arriva in stazione Centrale, a Milano, attorno all'una di notte e poi, secondo alcune fonti con un bus navetta che sostituisce il servizio della metropolitana, a quell'ora chiusa, raggiunge Sesto San Giovanni. Anche i filmati delle telecamere delle due stazioni sono già stati acquisiti e saranno analizzati.
Sono ormai passate le 3 di notte: Anis si incammina con le mani in tasca e lo zainetto sulle spalle. A meno di 300 metri dalla stazione incrocia la volante della Polizia. Gli agenti gli chiedono i documenti e lui reagisce, estraendo l'arma. E' il suo ultimo atto: viene raggiunto da due colpi di pistola, uno dei quali mortale.
Appena le impronte digitali hanno confermato l'identità, sono scattate le indagini per capire cosa ci facesse Amri a Sesto. Una prima risposta potrà arrivare dal telefonino, ritrovato nel camion utilizzato per compiere la strage e già da due giorni in mano agli investigatori della Bka tedesca. Tra gli effetti personali del tunisino, inoltre, ci sarebbe anche una scheda sim. Si dovrà verificare se tra i contatti e le chiamate in entrata o in uscita vi siano delle utenze che rimandano all' Italia.
Oppure se quella scheda sia stata utilizzata per contattare persone all'estero. E' plausibile che nei quattro anni trascorsi nelle carceri siciliane, Amri abbia stabilito dei contatti che possano essergli tornati utili in questa occasione. Sesto San Giovanni, tra l'altro, è un centro con una forte presenza di migranti di origine maghrebina e dunque non è escluso che cercasse qualcuno che lo ospitasse per qualche tempo in modo da far perdere le sue tracce e far abbassare l'attenzione nei suoi confronti. Le ipotesi sul tavolo di intelligence e antiterrorismo sono comunque diverse.
Una è che Amri fosse a Milano per reperire dei documenti falsi: Sesto San Giovanni si trova a meno di 5 chilometri da via Padova, zona dove è presente una moschea è dove, soprattutto, indagini passate hanno rilevato la presenza di centrali per la fabbricazione di documenti falsi. In Germania Amri era stato fermato la prima volta con un falso documento italiano e alle autorità ha fornito almeno una decina di alias: l'obiettivo poteva dunque essere quello di ottenere una nuova identità per lasciare l'Europa.
Un'ulteriore ipotesi da verificare è che il tunisino avesse scelto Sesto perché dalla stazione partono decine di pullman internazionali, con destinazione soprattutto i paesi dell'Est. Un modo per uscire dall'Ue e avvicinarsi ai territori ancora in mano all'Is. Ma c'è un'altra possibilità, che gli investigatori non tralasciano: Amri è arrivato a Milano perché con il nostro paese aveva un conto in sospeso. In Italia ha passato 4 anni in carcere e un paio di mesi nei Cie, maturando probabilmente sentimenti di rivalsa e di rabbia. Visto in quest'ottica, il suo piano era perfetto: il testamento in cui invita i fratelli a colpire, la strage al mercatino, il viaggio solitario fino in Italia e l'ultimo gesto eclatante nel nostro paese. Sulla sua strada, però, ha trovato una volante della Polizia.