PIO ALBERGO TRIVULZIO, L’AFFARE SI INGROSSA – “MORTI DOVUTE A NEGLIGENZA E IMPERIZIA”, LA FINANZA SEQUESTRA I REFERTI DEGLI ULTIMI 4 MESI. LA "BAGGINA", TRA LE CASE DI RIPOSO MILANESI, È QUELLA CON IL MAGGIOR NUMERO DI VITTIME, 78 SOLO NEI PRIMI DODICI GIORNI DI APRILE. IL RUOLO DEL DIRETTORE GENERALE CALICCHIO (INDAGATO). SARANNO APPROFONDITI ANCHE I "RAPPORTI" TRA TRIVULZIO E REGIONE…
C. Gu. per “il Messaggero”
Un avviso di garanzia al direttore generale del Pio Albergo Trivulzio Giuseppe Calicchio per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo, la casa di riposo indagata per la legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti. L'inchiesta sulla Baggina assume contorni molto più corposi di un fascicolo dopo le perquisizioni della guardia di finanza di Milano che ieri mattina si è presentata negli uffici della storica Rsa, quasi trent'anni dopo il blitz che ha aperto la stagione di Tangentopoli.
Obiettivo degli investigatori sono le cartelle cliniche dei pazienti morti da gennaio a oggi, ma anche le «direttive» inviate dalla Regione Lombardia per la gestione di ospiti anziani e pazienti. E soprattutto per l'accoglimento dei malati di Covid-19 dimessi dagli ospedali, operazione assegnata dalla Giunta alla Baggina con il compito di smistare i degenti nelle strutture della regione.
NEGLIGENZA E IMPERIZIA
Nell'imputazione del decreto a carico del direttore generale Giuseppe Calicchio viene contestato all'indagato di non aver rispettato i protocolli sanitari di sicurezza e di aver così «messo in pericolo» la salute degli operatori e degli ospiti, nonché di aver causato con «negligenza, imprudenza ed imperizia» le morti degli anziani.
LA MAXI INCHIESTA
Il Trivulzio è solo un tassello della maxi inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, composta da più filoni sulle presunte carenze e omissioni che avrebbero causato centinaia di decessi nelle case di riposo milanesi. La Baggina è quella con il maggior numero di vittime, 78 solo nei primi dodici giorni di aprile, ed è una «ingente mole di documenti» quella acquisita tra cartelle cliniche, documenti cartacei e informatici. Sono stati sequestrati pc, tra cui quello del direttore generale Calicchio, e altri dispositivi informatici alla ricerca di email e documenti.
L'analisi del materiale allargherà il perimetro degli indagati, coinvolti nell'inchiesta su due fronti: la mancata protezione dall'infezione del personale e dei pazienti, le direttive arrivate dalla Regione Lombardia. Per questo secondo ambito investigativo, la finanza ha acquisito anche la delibera regionale dell'8 marzo che dava la possibilità alle Rsa, su base volontaria, di ospitare pazienti Covid dimessi dagli ospedali, per «liberare rapidamente i posti letto degli ospedali per acuti (terapie intensive, sub intensive, malattie infettive, pneumologia, degenze ordinare)». E la Baggina aveva un ruolo centrale, ovvero distribuire i pazienti in altre case di riposo, a condizione che fossero in reparti separati dagli ospiti sani.
GLI AVVISI DI GARANZIA
I pm stanno iscrivendo nel registro degli indagati tutti i vertici delle residenze nel mirino, almeno una dozzina da Lambrate, Affori e Corvetto. Oltre che sul sequestro dei referti, utili per accertare eventuali omissioni e correlazioni tra le morti e i contagi nella struttura, al Trivulzio le attività degli investigatori si concentrano sulla gestione organizzativa interna della struttura e sulle direttive date dall'amministrazione regionale, così come ad altre Rsa, in questa fase di emergenza. E, in particolare, su quei «nuovi arrivi» di pazienti alla Baggina, circa venti, quando era già scoppiata l'epidemia, anche se ufficialmente la struttura dichiara di non aver ricoverato malati Covid nonostante il via libera del Pirellone.
REPARTI ISOLATI
Proprio i «rapporti» tra Trivulzio e Regione saranno approfonditi: il Pat ha fatto da centro di smistamento verso altre strutture dei malati di Coronavirus a bassa intensità, che venivano dimessi da ospedali ormai al collasso. Una «commistione» che potrebbe aver creato dei focolai. Sequestrata anche la documentazione sui tamponi, pochissimi quelli effettuati nelle Rsa prima per mancanza dei test ora per carenza dei reagenti, e poi le disposizioni interne sull'uso delle mascherine, perché alcuni operatori hanno denunciato di essere stati «minacciati» quando le usavano tra fine febbraio e inizio marzo.
Agli atti anche carteggi e mail su disposizioni interne e regionali, che il direttore generale Calicchio ha affermato di aver seguito di fronte agli ispettori del ministero della Sanità. La mole di materiale acquisito richiederà settimane di lavoro, mentre tra i vertici delle Rsa indagati figurano anche quelli del Don Gnocchi (che respinge le accuse) e della a Sacra Famiglia di Cesano Boscone.