terapia intensiva

A COSA PUO’ SERVIRE L’EUROPA - L'IPOTESI DI UNA RETE UE DEI POSTI IN TERAPIA INTENSIVA – CHE AD OGGI SIANO LE TERAPIE INTENSIVE ITALIANE AD AVERE MAGGIOR BISOGNO NON È UN GRAN MISTERO (ATTUALMENTE CI SONO 5.090 POSTI CHE DOVREBBERO SALIRE A 6200 UNITÀ). QUANTO CI FAREBBERO COMODO ALCUNI DEGLI OLTRE 25 MILA POSTI LETTO IN TERAPIA INTENSIVA DISPONIBILI IN GERMANIA…

Valentina Arcovio per “il Messaggero”

 

Se in questa grave emergenza coronavirus la grande assente è l'Europa, perché non ripartire progettando la realizzazione di una rete europea delle terapie intensive? Oggi l'Italia ne ha più bisogno che mai e domani potrebbero averne bisogno i nostri vicini.

 

terapia intensiva

«Da questa grave crisi potrebbe nascere qualcosa di bello e utile per l'Europa», conferma Giuseppe Remuzzi direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, che sposa con entusiasmo questa ipotesi. Sarebbe un ottimo modo per cancellare errori e rancori del recente passato e per ritornare a far essere l'Europa una grande potenza unita. «In questo modo ognuno potrebbe fare la sua parte», spiega Remuzzi.

 

«Si potrebbe iniziare con il dare aiuti concreti alle terapie intensive dei paesi più bisognosi in un dato momento, come lo è oggi l'Italia, fino anche a stabilire dei criteri e degli standard di qualità che ogni paese dovrebbe adottare», aggiunge.

 

ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus

Che ad oggi sono le nostre terapie intensive ad avere maggior bisogno non è un gran mistero. Si stima che, entro la fine del mese, il numero dei posti letto in terapia intensiva in Italia dovrebbe salire dagli attuali 5.090 posti a 6200 unità, con un incremento di circa il 20% del totale. Uno studio condotto da Remuzzi e pubblicato di recente sulla rivista The Lancet ha calcolato che entro metà aprile, quando si prevede il periodo peggiore dell'infezione, potrebbero essere necessari fino 4mila posti letto di terapia intensiva.

 

I NUMERI

Secondo la circolare emanata dal ministero della Salute lo scorso 4 marzo, il numero dei posti letto nei reparti di terapia intensiva nei diversi ospedali deve aumentare del 50%, ovvero di altri 2500 unità circa. Di questi, almeno 1107 nuovi posti dovrebbero essere disponibili già a partire dalla fine del mese con diverse regioni che hanno già completato una prima fase di potenziamento.

 

RESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVA

Come per esempio la Lombardia, che è passata da circa 900 a 1067 nell'arco di poche settimane, o come l'Emilia Romagna che ha allestito già altri 211 posti di terapia intensiva portando il totale dei letti disponibili a circa 650. Ma ammettiamolo: quanto ci farebbero comodo alcuni degli oltre 25mila posti letto in terapia intensiva disponibili in Germania?

 

Del resto l'Italia è ben al di sotto della media europea per numero di unità in terapia intensiva. Secondo l'Eurostat, nel nostro paese si contano 3,2 posti letto per mille abitanti, dato che ci colloca solo al sesto posto nell'Unione Europea, dove la media dei posti letto in terapia intensiva è di 5 unità per mille abitanti. Al primo posto c'è la Germania con 8 posti letto su mille abitanti, seguita dalla Bulgaria con 7,5 posti letto per mille abitanti e l'Austria con le sue 7,4 unita per mille abitanti.

 

terapia intensiva 2

«Dalla Germania - dice Remuzzi - potremmo aspettarci qualche posto letto, dal Regno Unito ad esempio potremmo aspettarci il contributo dei loro medici esperti, eccetera. L'Italia, dal canto suo, potrebbe mettere a disposizione la sua grande esperienza nei livelli di assistenza ai malati ricoverati in terapia intensiva».

 

E ancora: si potrebbero condividere attrezzature e strumenti, in base alle necessità. E' esattamente quello che ci si aspetterebbe da una grande Rete europea. «Le basi potrebbero già esserci», dice Remuzzi. «Basta pensare a come sono strutturate le nostre lauree in Medicina: un medico tedesco o spagnolo potrebbe esercitare qui in Italia, e viceversa», aggiunge. «Serve solo volontà e lungimiranza, qualcosa che l'emergenza coronavirus potrebbe insegnare a tutti», conclude.

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