mussolini palazzo citterio brera

A CHI BRERA? A NOI! “QUADRO DI GIOVANNI BOLDINI. DONO DI BENITO MUSSOLINI”, LA GAFFE SULLA DIDASCALIA FATTA RIMUOVERE AL NUOVO PALAZZO CITTERIO DI MILANO - IL MUSEO SI CORREGGE: DALLA PROSSIMA SETTIMANA DI FIANCO ALL’OPERA CI SARÀ SCRITTO “DONO DELLA VEDOVA BOLDINI”, COME DA LEI RICHIESTO NEL 1934 IN UNA LETTERA INDIRIZZATA ALL’ALLORA DIRETTORE DELLA PINACOTECA - NESSUNO SI È DOMANDATO SE FOSSE OPPORTUNO METTERE UN RIFERIMENTO DIRETTO A MUSSOLINI, LASCIANDO INTENDERE AL VISITATORE POCO ESPERTO CHE IL LASCITO ARRIVASSE DALLA SUA COLLEZIONE PERSONALE. FORSE UNA OMISSIONE O, PIÙ SEMPLICEMENTE, UNA LEGGEREZZA DA PARTE DI UNA… - DAGOREPORT

giovanni boldini il pastello bianco

Teresa Monestiroli per repubblica.it - Estratti

 

«Giovanni Boldini. Pastello Bianco. Ritratto di Emiliana Concha de Ossa 1888. Dono di Benito Mussolini. Pastello su tela». Recita così la didascalia che accompagna il dipinto del pittore ferrarese allestito da poco nella prima sala del nuovo Palazzo Citterio di Milano: poche righe che raccontano l’aria che tira nella cultura italiana ai tempi del governo Meloni e dimostrano una certa disinvoltura nell’utilizzo del nome del Duce.

 

 

Soprattutto perché sono imprecise e per questo a breve verranno sostituite. Dopo un controllo più accurato sulla provenienza del quadro, che evidentemente il mese scorso era stato considerato superfluo nella fretta di inaugurare l’estensione della Pinacoteca di Brera che la città attendeva da 52 anni, il museo si corregge: dalla prossima settimana di fianco all’opera ci sarà scritto «Dono della vedova Boldini», come da lei richiesto nel 1934 in una lettera indirizzata all’allora direttore di Brera.

 

giovanni boldini

Se gli storici dell’arte, che per professione sono persone rigorose, avessero verificato meglio, avrebbero scoperto facilmente che nel 1933 la tela, una delle preferite dell’artista italiano che durante la Belle Époque conquistò Parigi, fu regalata dalla vedova Emilia Cardona allo Stato, con la precisa volontà di destinarlo alla Pinacoteca di Brera.

 

Invece, nell’appenderlo di fianco al quadro simbolo della lotta dei lavoratori di Giuseppe Pellizza da Volpedo (Fiumana) nessuno si è domandato se fosse opportuno mettere un riferimento diretto a Mussolini, lasciando intendere al visitatore poco esperto che il lascito arrivasse dalla sua collezione personale. Forse una zelante omissione o, più semplicemente, una leggerezza da parte di una direzione che non stigmatizza il Duce.

 

«Abbiamo fatto riferimento al Catalogo ragionato della Pinacoteca di Brera pubblicato nel 1993 secondo il quale la vedova donò l’opera a Mussolini che a sua volta decise di destinarlo a Brera e ammetto che nella concitazione dell’apertura di Citterio non ho chiesto approfondimenti, nonostante la dicitura mi sembrasse curiosa – spiega il direttore Angelo Crespi, nominato a fine 2023 dall’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, area politica centrodestra –

 

hitler ranuccio bianchi bandinelli e mussolini agli uffizi[2]

Alla luce delle polemiche di questi giorni ho chiesto un’indagine d’archivio e fra le pagine di una fitta corrispondenza fra la vedova, l’allora direttore di Brera Ettore Modigliani e il segretario particolare di Mussolini, Alessandro Chiavolini, è emerso che Emilia, in accordo con Modigliani, aveva manifestato l’intenzione di offrire il dipinto al capo del governo Mussolini affinché facesse parte del patrimonio nazionale, auspicando come destinazione la Pinacoteca di Brera. Il Duce per ringraziarla le manda una foto autografata e lei a sua volta lo ringrazia, scrivendo da un famoso hotel di Cannes. Ho già dato indicazioni di cambiare la didascalia, ma sto pensando di aggiungere anche una nota in cui viene riassunta tutta la storia, che in effetti è articolata».

 

(...)

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