"SIAMO STATI FERMATI DA UN COMMANDO DI SEI PERSONE ARMATE, VIOLENTE E DISORGANIZZATE" - IL RACCONTO DI ROCCO LEONE, SOPRAVVISSUTO ALL'ASSALTO IN CUI SONO MORTI LUCA ATTANASIO E VITTORIO IACOVACCI: "CI HANNO OBBLIGATI TUTTI A SCENDERE. MUSTAPHA, L'AUTISTA, SI È RIFIUTATO ED È STATO FREDDATO SUL POSTO - CI HANNO TRASCINATO NELLA BOSCAGLIA. MENTRE ATTANASIO E IACOVACCI CAMMINAVANO DAVANTI, IO HO AVUTO LA FORTUNA DI RIMANERE INDIETRO. POI SONO SCAPPATO. LO SCONTRO A FUOCO È AVVENUTO CON I NOSTRI DUE CONNAZIONALI IN MEZZO…"
Raffaella Scuderi per "la Repubblica"
ROCCO LEONE (SECONDO A SINISTRA) - FRANCO BORDIGNON - LUCA ATTANASIO - VITTORIO IACOVACCI
«Non sembrava neanche lui. Era sotto shock. Si interrompeva a ogni parola per la commozione». Rocco Leone si trovava sul convoglio assalito da una delle 122 milizie che uccidono, rapiscono e rapinano sulla strada che da Goma porta verso il Nord delle Repubblica democratica del Congo. Direttore del programma Onu del World Food Programme, è il terzo italiano a bordo dei due veicoli assaliti, scampato alla morte perchè era rimasto indietro. Un vantaggio che gli ha permesso di scappare prima che scoppiasse l'inferno.
Di lui ci parla il missionario saveriano Franco Bordignon, amico fraterno dell' ambasciatore Attanasio, da quasi 50 anni in Congo. La sera di martedì ha cenato con Leone.
«Mi ha raccontato quello che sapeva, anche se di quanto successo nella boscaglia a Luca e a Iacovacci non aveva visto nulla perché era già in fuga». Solo il giorno prima del massacro, Leone, Attanasio e i due uomini della scorta, Iacovacci e Mansour del Wfp, avevano percorso duecento chilometri di strada sterrata da Goma a Bukavu per andare a trovare Bordignon alla missione.
«Luca voleva aprire un consolato qui a Goma. Era la quarta volta in meno di un anno che veniva da noi. Nessun ambasciatore in 50 anni lo aveva mai fatto prima». Il viaggio di sabato dei quattro, anche questa volta, era avvenuto senza scorta e senza blindati. Una sola persona armata, il carabiniere Iacovacci, perché la guardia di sicurezza Onu non indossava armi.
CONGO - LA MORTE DI LUCA ATTANASIO E VITTORIO IACOVACCI
«Domenica alle 10.15 - racconta Bordignon riportando le parole di Leone - sono stati fermati da un commando di sei persone armate, violente e disorganizzate. Li hanno obbligati tutti a scendere. Mustapha, l' autista, si è rifiutato ed è stato freddato sul posto». A quel punto il gruppo del convoglio di sei persone è stato brutalmente trascinato nella boscaglia. «Mentre Attanasio e Iacovacci camminavano davanti trascinati dai banditi, Leone invece, mi ha raccontato, ha avuto la fortuna di rimanere indietro. Questo gli ha consentito poi di scappare».
Stando alle parole di Bordignon, Leone non avrebbe visto nulla di quanto successo dopo, perché appena libero, è corso sulla strada per cercare i soccorsi. «Intanto il gruppo di balordi veniva circondato dai ranger del parco Virunga e dalle forze armate congolesi. Lo scontro a fuoco è avvenuto con i nostri due connazionali in mezzo. Attanasio è stato colpito da tre proiettili, racconta il padre saveriano, Iacovacci da uno-due, mortali. Dal momento in cui il nostro ambasciatore è stato colpito a quando è arrivato all' ospedale di Goma dove è morto, sono passati 50 minuti.
Un tempo lunghissimo e cruciale in cui forse si sarebbe potuto salvare». Certo è che stiamo parlando di 25 chilometri di distanza in un territorio immerso nella foresta e attraversato da strade sterrate molto trafficate.
fdlr foca forze democratiche per la liberazione del ruanda 1
Bordignon continua il suo racconto, e ci tiene a sottolineare, d' accordo con Leone, che il vero testimone chiave dell' assalto, è la guardia di sicurezza del Wfp, Mansour Rwagaza, che si trova ricoverato ancora sotto shock all' ospedale di Goma. Lui si è salvato fingendosi morto a terra .
«Sarà impossibile determinare chi li ha uccisi - dice il missionario -. Ne ho viste tante di inchieste in Congo. Iniziano, ma non hanno mai fine. Leone mi ha detto che erano molto brutali e sembravano criminali allo sbaraglio, improvvisati. È altamente improbabile che appartengano alle Fdlr (le Forze democratiche di liberazione del Ruanda, che appartengono all' etnia hutu, nemica giurato del governo di Kigali, ndr ).
Anche il direttore del Pam con cui ho parlato la pensa così». Kinshasa, a distanza di poche ore dall' agguato, attraverso il ministro dell' Interno, ha subito puntato il dito contro le milizie Fdlr, riportando le testimonianze di abitanti locali e basandosi sulla lingua parlata dai banditi: il kinyarwanda.
«Ma in questa regione tutti la parlano. Che prova è? Il gruppo ribelle Fdlr è come il comune denominatore in matematica. Se la prendono tutti con loro». E la sicurezza. «Hanno ammazzato un ambasciatore come niente fosse - continua il missionario - .
Non è concepibile che lui girasse senza scorta e senza blindato, in una zona di guerra come questa. Ogni giorno quella strada è percorda da veicoli Onu e Pam. Tutti sono scortati e blindati». Secondo Bordignon, che conosceva molto bene Attanasio, forse è stato proprio lui a non insistere sulla scorta, «per non disturbare».
fdlr foca forze democratiche per la liberazione del ruanda 2
«Era un bellissimo amico. Insieme abbiamo fatto tante cose. Aveva tanti progetti. Semplice, squisito. Parlava sempre con tutti. Aveva una missione umana e cristiana, perché era un forte credente», conclude il missionario con la voce incrinata per la commozione.