‘CHAPO’ LIBERO! RIVOLTA IN MESSICO, IN 5MILA SCENDONO IN STRADA PER CHIEDERE LA LIBERAZIONE DEL CAPO DEI NARCOS: ‘È IL NOSTRO BENEFATTORE’

Roberto Pellegrino per "Libero quotidiano"

Per l'occasione hanno voluto creare un hashtag, un oggetto di discussione su Twitter: #ilovechapo, «amo il Tappo» per manifestare il totale supporto a Joaquín Guzmán Loera, al secolo El Chapo «il Corto», colui che fino allo scorso sabato, quando è stato fermato dai Marines messicani, dal basso del suo metro e cinquantotto centimetri, era il narcotrafficante più ricco, potente e ricercato al mondo.

Ieri a Culiacán, nello Stato di Sinaloa, Messico occidentale, in oltre cinquemila sono scesi in strada, sotto l'occhio vigile della Policia, per dare vita a un'insolita protesta: hanno chiesto alle autorità di Città del Messico di rimetterlo subito in libertà, di restituirlo alla loro gente, perché il boss del cartello di Sinaloa, la più pericolosa e sanguinaria organizzazione di narcos messicana, da sempre è il loro unico sostentamento e datore di lavoro, capace di far piovere con generosità su quel poverissimo lembo montuoso di Messico milioni di pesos.

Più di qualsiasi forma di Welfare o di servizio sociale, Joaquín «El Chapo» Guzmán, è considerato un «onesto criminale benefattore», al di là del suo curriculum di feroce sanguinario, per un ventennio ha permesso la sopravvivenza di migliaia di campesinos a cui, oltre ad aver dato veri posti di lavoro - nell'allevamento di cavalli, nella distribuzione di merci e nella pastorizia - ha elargito soldi per mantenere buoni i rapporti di vicinato, anche se su di lui grava, tra i tanti, anche il sospetto di aver ordinato l'omicidio di Juan Jesús Posadas Ocampo, il cardinale messicano assassinato nel 1993 alla luce del sole, mentre all'aeroporto di Guadalajara attendeva l'arrivo del Nunzio Apostolico. «Chapo libero» e «Ti vogliamo bene» sono stati gli slogan più gettonati, assieme ai «narcorridos», gli stornelli ispanici che esaltano le gesta dei re del narcotraffico.

Per l'occasione alcuni musicisti mariachos hanno suonato trombe e chitarre, mentre gli studenti delle scuole elementari e medie, in uniforme scolastica, hanno srotolato striscioni inneggiando a «El Chapo», dimenticandosi, davanti alla necessità di un posto di lavoro per i loro genitori, che il loro eroe ha insanguinato il Messico coinvolgendo migliaia di civili inermi. Della sua generosità e attenzione verso i poveri si raccontano innumerevoli episodi: dalla distribuzione di derrate alimentari, con centinaia di litri della tequila buona, alle sue repentine incursioni nei ristoranti della zona.

Arrivava circondato da una ventina di uomini armati fino ai denti e pronti a confiscare ogni telefonino dei presenti. Lui si sedeva educato, pranzava in silenzio, poi lasciava il locale pagando il conto a tutti e dando una colossale mancia ai camerieri. Un amore verso questo criminale così ben radicato che ieri le forze dell'ordine messicane hanno faticato per calmare gli animi, ricorrendo al lancio di gas lacrimogeni.

La Policia ha preso in custodia una decina di dimostranti. La popolazione di Culiacan teme, infatti, che le autorità concedano l'estradizione de «El Chapo» richiesta dagli Stati Uniti, dove deve rispondere di centinaia di omicidi.

 

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