ROMANZO LITORALE - “A OSTIA NON C’E’ MAFIA”, RIBALTATA LA SENTENZA E I BOSS APPLAUDONO - ESPLODE LA POLEMICA, ESPOSITO (PD): "GIUSTIZIA SCHIZOFRENICA: ALLORA PERCHE’ IL MUNICIPIO E’ STATO SCIOLTO PER MAFIA?" - E DOPO IL VERDETTO INSULTI IN AULA ALLA CRONISTA DI “REPUBBLICA” FEDERICA ANGELI
1. "A OSTIA NON C'E' MAFIA"
Federica Angeli per “la Repubblica”
Le famiglie criminali di Ostia, Fasciani e Trassi, non sono mafia. A stabilirlo è la sentenza d’Appello arrivata alle 13.30 di ieri in un’aula Occorsio del Tribunale di Roma strapiena. Che ha rimesso in libertà tutti, tranne don Carmine che non sarà però più al 41bis.
Accolto dall’applauso dei 18 imputati e dei loro familiari, il verdetto ha completamente ribaltato quello del primo grado. Ma la Procura, ha già fatto sapere, farà ricorso in Cassazione, che proprio lo scorso giovedì aveva invece riconosciuto per 4 prestanome dei Fasciani, l’aggravante del metodo mafioso. Le richieste a oltre 200 anni di carcere proposte dal procuratore generale Amato ieri si sono ridotte a 56 anni, in totale, per tutti. Esclusi i fratelli Vito e Vincenzo Triassi, assolti con formula piena.
Si tratta dunque di un’associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni e all’usura quella che in questi anni ha regnato sul litorale romano. Ed è per questo che le pene inflitte col primo verdetto dal giudice Rossana Ianniello, la stessa che presiede il maxiprocesso Mafia Capitale, sono attenuate. Per alcuni sono state addirittura annullate con un’assoluzione, con un bilancio di 10 condanne, su 18 richieste. Finisce così il primo dibattimento per 416 bis istruito a Roma dai tempi della Banda della Magliana.
Ieri dopo tre ore di riunione in camera di consiglio la Corte d’Appello ha dunque sentenziato per un 416 semplice. La pena più alta è toccata a Carmine Fasciani che ha avuto 10 anni a fronte dei 28 del primo grado. «Abbiamo trovato un meraviglioso collegio di magistrati — ha dichiarato l’avvocato storico di don Carmine, Mario Gilardi — che hanno saputo leggere e interpretare le carte e soprattutto hanno constatato che l’impianto accusatorio del 416bis era semplicemente il parto malato di un tipo di accusa delirante».
Soddisfatto anche il penalista Sciullo: «Abbiamo smontato la credibilità del pentito Cassia che aveva un ruolo importante nella contestazione mafiosa ». Cassia sarà ascoltato proprio oggi come teste nel maxiprocesso Mafia Capitale. Ecco quindi le altre condanne: 6 anni e 6 mesi per la moglie di Carmine, Silvia Bartoli, 5 anni e 4 mesi anziché 25 e 10 mesi per la primogenita Sabrina e per la sorella Azzurra 4 anni e 10 mesi a fronte degli 11 anni. Condanne, per loro e gli altri, fuori dal carcere.
OSTIA - BLITZ POLIZIA LUGLIO 2013
Indignazione per la sentenza dalla politica. «Giustizia schizofrenica — dice il senatore dem e commissario del Pd di Ostia Stefano Esposito — allora perché il municipio è stato sciolto per mafia?». Il Verde Bonelli invece chiama in causa il ministro Orlando: «le cose sono due: o la mafia non esiste a Roma o la ha assunto una conformazione che rende necessario rivedere il codice penale ».
2. QUEI FEROCI CLAN DEL LITORALE DECLASSATI A BANDE DI STRADE
Attilio Bolzoni per “la Repubblica”
La mafia ad Ostia non c’è e non c’è mai stata. Nemmeno per sbaglio. Perché se non sono mafiosi i Fasciani, nessun altro può essere considerato mafioso ad Ostia. Ma proprio nessuno. Non possono essere additati come mafiosi gli Spada, tribù sprovvista di quarti di nobiltà criminale. Non possono essere bollati come mafiosi neanche i Triassi, parenti stretti di quella premiata ditta “Caruana & Cuntrera” di origine siciliana — il loro paese, Siculiana, era una Wall Street della droga — sul cui regno «non tramontava mai il sole ». È ovvio e lampante: i giudici della seconda sezione della Corte di Appello di Roma stanno assicurando a tutti noi che la mafia ad Ostia non esiste.
Non sono scorribande di mafia quella quarantina di attentati, gambizzazioni, atti incendiari ai chioschi e danneggiamenti agli stabilimenti balneari consumati negli ultimi due anni intorno allo spettrale «lungomuro» e davanti a un mare che non si vede più. Non sono delitti di mafia gli omicidi fra cosche, ma volgari regolamenti di conti fra bande di briganti rivali. Non sono mafiosi gli emissari del racket del pizzo e neanche quelli dell’usura. Semplici manutengoli, metà favoreggiatori e metà magnaccia.
Nulla è riportabile alla mafia nella Ostia che a noi ricorda invece un po’ il quartiere palermitano di Brancaccio e un po’ Casal di Principe, controllo esasperato del territorio, vincolo associativo e forza intimidatrice.
BLITZ A OSTIA CONTRO IL CLAN SPADA
Neanche il suo «Municipio», la famigerata decima circoscrizione, con i suoi 300 mila abitanti il «comune » sciolto per mafia più grande d’Italia (il record apparteneva prima a Reggio Calabria, 180 mila residenti) che è andato a casa al completo per le infiltrazioni del crimine. Tutti fraintendimenti, malintesi. Causati da anni di indagini costruite sul nulla, sulle suggestioni o — peggio — su «teoremi». Inchieste gonfiate con quel 416 bis per dare dignità criminale a «malfattori» come quel Carmine Fasciani, che nella sua Ostia però pretende che tutti lo chiamino «don» Carmine come si fa con i Padrini.
È vero che le sentenze si rispettano ed è vero che si possono correttamente interpretare soltanto dopo averne letto le motivazioni, ma è altrettanto vero che questo verdetto porta inevitabilmente con sé una carica distruttiva contro l’impianto accusatorio che è difficile da comprendere sino in fondo.
Anche perché, appena quattro giorni fa — il 9 giugno — la Cassazione aveva confermato le condanne con l’aggravante mafiosa a quattro imputati dello stesso clan Fasciani che avevano scelto il rito abbreviato, riconoscendo di fatto l’esistenza di un’associazione criminale con tutte le caratteristiche della mafia. Come si dice in Sicilia e in molte altre località del nostro Meridione «ogni testa è tribunale», ogni giudice decide secondo coscienza, ma è evidente il netto contrasto sulla vicenda fra la Suprema Corte e la seconda corte di appello di Roma.
La sentenza di ieri però potrebbe avere anche un altro «valore », un significato che punta dritto a Mafia Capitale. E non solo perché se la mafia non c’è ad Ostia secondo alcuni orientamenti potrebbe diventare più complicato rintracciarla a Roma, ma anche perché il collegio giudicante che ha condannato in primo grado i Fasciani come mafiosi è lo stesso che presiede il processo contro Buzzi e Carminati.
Vedremo che peso — e se l’avrà, non è detto — il pronunciamento della seconda corte di appello di Roma, ma intanto qualche riga la vogliamo dedicare all’ultima carica dell’imputato Vincenzo Triassi («Scrivila la verità, giornalara») contro la giornalista di Repubblica Federica Angeli. Lei ha già subito minacce, come già obiettivo di insulti è stato Lirio Abbate dell’Espresso.
Sono due colleghi che ricevono «attenzioni» per il solo fatto di scrivere quello che vedono e quello che sentono, senza mai cedere alla tentazione di «pompare » avvenimenti e personaggi. Forse è arrivato il momento di mettere un punto a quest’ossessione di prendersela sempre con gli stessi cronisti, è inutile intimidire, provocare o sfidare. Tanto la Angeli e Lirio Abbate non saranno mai i soli a raccontare Ostia o Mafia Capitale, tutti continueremo a scrivere. Rispettando tutti ma senza trascurare niente.