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UN SACCO BULLI - LA 12ENNE CHE SI E’ LANCIATA NEL VUOTO A PORDENONE RACCONTA IL SUO INCUBO: SPUTI, UMILIAZIONI, SOPRUSI E VIOLENZE DAI COMPAGNI BULLI - ACCUSE ALLA PRESIDE: “SAPEVA TUTTO MA NON E’ INTERVENUTA” - UNA PROF: “DAVANTI AL TENTATO SUICIDIO DELLA RAGAZZINA UNO DI LORO RIDEVA”

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Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”

 

A dodici anni ha tentato il suicidio. Il perché lo ha spiegato ai pm. Compagni di classe bulli che le dicevano «a cosa servi a questo mondo?».
 

Erano due quelli che la insultavano nella scuola media di Pordenone. Ragazzi temuti anche dai professori. E pure la preside - sebbene informata - non sarebbe intervenuta. E così anche lei è finita nel registro degli indagati per concorso omissivo in atti persecutori.
«Tentato suicidio» è troppo per i suoi dodici anni. Per lei quel volo dal secondo piano è «la cosa». «Ho deciso di fare la cosa perché...».
 

La ragazzina di Pordenone racconta tutto al pubblico ministero e alla psicologa infantile. Spiega che il 18 gennaio scorso voleva morire perché non aveva più energie per resistere ai bulli della sua classe.
 

Sulle prime fatica a fare nomi e cognomi, poi si lascia andare. E parla di quei due compagni che la tormentavano. Mille e mille angherie, offese, umiliazioni. Uno dei due le ripeteva sempre: «Sei una buona a nulla, non vali niente, non fai sport, che cosa servi a questo mondo? Buttati giù, suicidati, non vali niente, fatti male da sola perché servi solo a noi per divertimento».
 

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«Mi faceva stare male...» ricorda lei. «Dopo ti convinci... ti senti anche tu stessa che non sei accettata da nessuno, che non vali, che non servi...». Gli inquirenti mettono a verbale che «in questa fase del racconto la ragazzina appare molto coinvolta emotivamente: la voce è incerta e tremolante così come tutto il suo corpo».
 

L' italiano e il bosniaco

Nelle carte messe assieme finora dalla procura per i minori di Trieste e dai magistrati della procura ordinaria di Pordenone ci sono i racconti delle prepotenze di due ragazzini che, da soli, hanno tenuto in scacco la classe intera, insegnanti compresi, per tutto l' anno scolastico 2014/2015 (quand' erano spalleggiati da un terzo ragazzo poi bocciato) e fino a qualche giorno dopo il tentato suicidio della loro compagna (che sta ancora affrontando i postumi di diverse fratture).
 

I «cattivi», non imputabili perché minori di 14 anni, sono un italiano e un bosniaco: tredici anni appena compiuti uno e 14 ancora da compiere l' altro. E per non averli fermati nei loro soprusi quotidiani, nonostante le segnalazioni che alcuni testimoni giurano di averle sottoposto, la preside della scuola media, Stefania Mamprin, sarebbe finita sotto la lente degli investigatori che indagano per concorso omissivo in atti persecutori.
 

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Se iscritta nel registro degli indagati diverrebbe correa, in teoria, dello stalking dei due bulli che esasperavano tutti, in quella classe, a cominciare dalla ragazzina del tentato suicidio (sulla quale però lei dice di non aver mai ricevuto segnalazioni). I magistrati starebbero valutando anche la posizione e le possibili accuse per i genitori dei due stalker e per alcuni insegnanti.
 

I racconti dei ragazzi

La procura dei minori ha videoregistrato l' audizione di 17 compagni di classe della dodicenne aspirante suicida. Tutti, ma proprio tutti, vanno dritti verso i nomi e i cognomi dei soliti due «che disturbano continuamente», qualcuno racconta fatti più gravi. Ecco alcune frasi verbalizzate: «Mi ha toccata e so che anche... (fa il nome della ragazzina del tentato suicidio, ndr ) è stata toccata ma non mi ha detto da chi».

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La stessa alunna che voleva uccidersi parla di un' amica «toccata» e «ricattata». Del bullo più aggressivo una compagna di classe dice «...prendeva in giro con insulti volgari un nostro compagno, lui si è ribellato e si sono picchiati, so che è stato fatto anche un video (...) a me ha detto: ucciditi perché non servirai a nessuno, sei sola, non ti vuole nessuno, ti metto tutti contro, ti faccio odiare da tutta la scuola».

 

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E ancora: «È difficile contrastarli, se ti prendono di mira sei finito». Un altro degli allievi dice: «Uno dei due mi ha dato un pugno, una volta ha sputato una caramella contro...
» (nomina la compagna del tentato suicidio). A qualcuno ripetevano «stai zitto, sfigato» oppure: «Sei bruttona, sfigata, fogna».

 

«Sputano gomme in bocca oppure addosso, urlano» dice un altro. Per uno di loro il trattamento prevedeva frasi tipo: «Brutto gay, vaff..., sei sfigato, frocio». Per una ragazzina figlia di immigrati invece il saluto più gentile era «puzzi, sei spazzatura». «A scuola non va molto bene» ha riassunto una delle ragazzette sentite dal magistrato. «Hanno preso di mira.... Io per sicurezza gli sto lontana...».
 

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L' insegnante

C' è la testimonianza di una professoressa che fotografa una situazione drammatica nella classe (una seconda) dei due bulli. La prof parla di «grossi problemi di disciplina».

 

Di uno dei due dice: «I comportamenti cambiavano di lezione in lezione. Un giorno buttava a terra i libri in modo violento per gran parte del tempo, oppure parlava di droga a voce alta sovrastando la mia. A volte correva per i banchi usando la cartella con le ruote a mo' di macchina e urlando. A me diceva: sei vecchia, vattene in pensione».

 

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La docente giura che di tutto questo si è discusso più volte nei consigli di classe e che la dirigente scolastica sia stata informata «ma non è stato preso alcun provvedimento nonostante la nostra preoccupazione».
 

Ancora: «Dopo i noti fatti di Parigi hanno manifestato poco rispetto». Il ragazzo bosniaco «ripeteva "do it", sostenendo l' azione terroristica e pronunciando più volte "Allah", l' altro ha recitato un' Ave Maria blasfema».

 

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Le cose «non sono cambiate nemmeno dopo il tentato suicidio» racconta la prof. Una delle alunne dice che quella mattina, davanti allo choc di tutti, «uno di loro rideva». «Del tutto indifferente», aggiunge una docente nella sua deposizione.

 

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E specifica: «La loro azione di disturbo è continuata imperterrita, tant' è che sono stati isolati (...) Sono soli in una classe con a disposizione un professore per l' intero orario scolastico».

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