“SCOMMETTERE È COME FARE GOL: LA GRATIFICAZIONE È FORTE, IMMEDIATA” – PARLA PAOLO JARRE, TRA I MASSIMI ESPERTI ITALIANI DI LUDOPATIA, CHE ORA HA IN CURA LO JUVENTINO NICOLÒ FAGIOLI: “I DISTURBI DA GIOCO D'AZZARDO SONO MOLTO PIÙ FREQUENTI TRA I CALCIATORI PERCHÉ PARLIAMO DI GIOVANI CON MOLTI SOLDI E UN LIVELLO D'ISTRUZIONE MEDIO BASSO. POI HANNO MOLTO TEMPO LIBERO. CON IL CELLULARE IN MANO E PARECCHIA DISPONIBILITÀ ECONOMICA…”
Estratto dell’articolo di Irene Famà per “La Stampa”
«Scommettere è come fare gol. La gratificazione è forte, immediata». Il dottor Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell'Asl Torino 3, riflette sul legame tra ludopatia e calcio. Terapeuta del centrocampista bianconero Nicolò Fagioli, finito in un'inchiesta di "bische online", è tra i massimi esperti italiani sulle tematiche legate all'azzardo patologico.
Le scommesse sembrano travolgere il mondo del calcio. È un'esagerazione?
«Facciamo i conti. Anche solo limitandoci ai calciatori di Serie A, abbiamo a che fare con una platea di circa 500 ragazzi. Secondo le stime che si basano sulla popolazione generale, in questi 500 dovremmo trovare dall'1 al 3% di persone con disturbi da gioco d'azzardo, tra 5 e 15 soggetti. Invece riscontriamo un tasso verosimilmente superiore di tre volte».
Perché?
«Parliamo di giovani, maschi (i maschi da sempre azzardano di più), con parecchia disponibilità economica e contemporaneamente con un'attitudine al risparmio e all'uso oculato del denaro molto limitata».
Troppi soldi che non sanno gestire?
«I fattori di rischio sono molti. Sicuramente i soldi e un livello d'istruzione medio basso. Poi c'è un altro aspetto: il loro mondo li pone in una situazione di prossimità con le scommesse sportive. Se ne parla continuamente. E sono ragazzi che molto spesso non hanno gli strumenti per affrontare certe tentazioni. I più sono andati via di casa giovanissimi, affidati alle strutture delle società sportive che, va da sé, non hanno la valenza educativa paragonabile a quella di una famiglia».
SANDRO TONALI - NICOLO ZANIOLO - NICOLO FAGIOLI - MEME FEBBRE DA CAVALLO
Molti di loro dicono di aver iniziato a scommettere per noia. Semplice giustificazione o nasconde qualcosa di più profondo?
«I calciatori hanno mezza giornata di allenamento e una volta alla settimana una giornata intera. Poi la partita. Tutto il resto è tempo libero. Con il cellulare in mano, non più l'autoradio di Toto Cotugno. E tanti soldi, che arrivano all'improvviso. Sono soldi che, lo dico tra virgolette, non sono faticati. È pagato un talento, una fortuna, non una fatica in senso canonico. E questi ragazzi non sempre hanno la struttura per reggere e gestire le ore libere insieme a una disponibilità economica molto elevata». […]
[…] giocano tutti grandi cifre. Più di quanto potrebbero permettersi.
«A livello psicologico e neurologico accade qualcosa di sovrapponibile al consumo di droga. Cercano la gratificazione forte, immediata. La complessità delle scommesse, in fondo, punta a questo».
Ovvero?
«Oggi le scommesse sportive sono più complesse di una volta, quando l'esito era vince uno, vince l'altro, c'è un pareggio. Adesso sono state parcellizzate così da ottenere responsi immediati, controllabili e circoscritti. Ad esempio, in ambito illegale si può scommettere su un'ammonizione. Questi sono tutti elementi che se da un lato spingono alla corruzione dall'altro sono pensati per ottenere subito un responso della propria puntata. E l'immediatezza determina una gratificazione paragonabile a quella di una piccola dose di droga».
NICOLO ZANIOLO NICOLO FAGIOLI SANDRO TONALI
Crea dipendenza come lo stupefacente?
«Da 10 anni la comunità scientifica ha messo il disturbo del gioco d'azzardo nello stesso capitolo della dipendenza da sostanze».
«Lo fanno tutti e così abbiamo iniziato anche noi», raccontano molti calciatori. Quanto incide l'emulazione?
«Il problema è culturale. Negli ultimi 25 anni in Italia c'è stata un'espansione pazzesca di consumo del gioco d'azzardo. Soprattutto legale. Giocare soldi non è più un disvalore. Non è più un qualcosa di negativo». […]