
PLAGIO DUNQUE CINGUETTO - LA CROCIATA DI TWITTER CONTRO I COPIONI: SE COPI IL TWEET, LO CANCELLA - LA DENUNCIA DI UNA SCRITTRICE AMERICANA STANCA DI VEDERSI SCIPPARE BATTUTE SU INTERNET
Stefano Bartezzaghi per “la Repubblica”
Che Internet stia entrando nell’era della sua rosicabilità tecnica? Il dubbio è certamente lecito, se si considera la vittoriosa rivendicazione dei propri diritti di esclusiva da parte di una scrittrice e twittatrice americana.
Si chiama Olga Lexell e usa Twitter per vedere come reagiscono i suoi followers alle battute di spirito che intende poi usare nei suoi scritti. Tra le reazioni meno desiderate c’è il fatto che alcuni copiano queste battute e le twittano come se fossero proprie. Lexell se ne è allora lamentata con Twitter, che ha provveduto a cancellare i tweet da lei denunciati, come sinora è accaduto, perlopiù, per musica, video, spezzoni di film e altri contenuti protetti da copyright.
L’ammirazione, su Twitter, si esprime tramite il “re-twitting”: semplice dispositivo con cui dico ai miei followers: “oh, guardate un po’ che bella battuta ha fatto Olga Lexell!”. Se invece io copio il testo del suo tweet originale e lo incollo in un mio messaggio sto fingendo che la battuta sia mia, come legioni di comici, professionali e non, peraltro fanno dai tempi di Abele e Caino.
La battuta plagiata e la denuncia del plagio sono infatti le due opposte sindromi professionali che affliggono gli autori comici. La mania di copiare e la mania di denunciare plagi ricevuti parrebbero inconciliabili, o si soffre dell’una o dell’altra: ma invece non mancano i casi di autori afflitti, e in massimo grado, di entrambe le sindromi contemporaneamente. Come per la gelosia (i traditori sono spesso gelosissimi), anche il plagio è proiettivo.
Non per questo si può concludere che la vera plagiaria è Olga Lexell, come è evidente. Ma sicuramente la scrittrice non ha scelto con troppa cautela l’arena su cui sperimentare il suo sense of humour. Proprio su Twitter? Non le bastava far cadere le sue battute nella conversazione al bar con gli amici? E’ sempre brutto dare la colpa di un danno subito all’imprudenza di un danneggiato. Ma è anche vero che è difficile scrivere una battuta su Twitter senza pensare di starla devolvendo al divertimento di chi passa di lì. E’ come scriverla su un muro.
Olga Lexell dice di sé: “in quanto scrittrice freelance, vivo delle barzellette e delle battute che invento”. Che curiosi modi di dire! Difficile immaginarsi Mark Twain o Don DeLillo definirsi “scrittori freelance”, ma è anche chiaro che “writer” ha accezioni più ampie di quanto “scrittore” ne abbia in italiano. Il problema è casomai che le barzellette sono il più tipico prodotto dell’ingegno anonimo dei popoli: qualcuno deve pur averle inventate, ma nessuno sa chi sia.
Quando su Twitter lo slogan neoleghista “con Salvini” ha prodotto il contro-slogan “mai con Salvini”, molti twittatori hanno giocato con le parole e hanno opposto la foto del politico lombardo a quella del calciatore brasiliano, ora romanista, Maicon. Non è escluso che si possa risalire a chi è stato il primo a proporre la divertente arguzia. Ma avrebbe senso?
Fra l’altro non esiste solo l’identico e il diverso. Esiste l’identico, il quasi identico, il simile e lo sanno bene i plagiari, che cambiano qualche dettaglio per poter negare di avere semplicemente trascritto. Se io scrivo che “La corazzata Potemkin è demenzialmente noiosa” sto plagiando Fantozzi, lo sto parafrasando, mi ci sto ispirando? Capi di Twitter, si cancella o non si cancella? E la forza di Paolo Villaggio è stata quella di dire “per primo” la battuta, o piuttosto quella di avere costruito un intero mondo di cui quella battuta è perfetto componente?
La rete Internet, che è il più formidabile sistema distributivo che mai sia apparso al mondo, da un lato stimola la condivisione dei contenuti, ma dall’altro genera anche tentativi inediti di protezione. Con l’effetto di dimostrare come l’umorismo tenda oggi a frammentarsi nei limiti della pillola (l’aforisma, la battuta senza contesto, la scritta divertente e scema sulla maglietta) e a proteggersi commercialmente fino a mettere la “c” cerchiata vicino a una stupidaggine qualsiasi, che sarebbe potuta venire in mente a chiunque.
twitter rivede le sue linee guida
Questo però è più o meno l’ultimo degli argomenti su cui gli umoristi trovano da ridere e certo per Olga Lexell deve essere stato fastidioso vedere che i suoi plagiari guadagnavano followers grazie a battute e trovate umoristiche che le erano costate lavoro. Ma oltre a cercare altri mezzi per capire se funzionano o no, pensi al fatto che la popolarità di un detto come “e anche io non mi sento troppo bene” non toglie nulla alla grandezza di Woody Allen (“Dio è morto, Marx è morto e anch’io…”), ma anzi la accresce.
La vera immortalità, in ogni campo, consiste nel perdere la maiuscola del proprio cognome, come è accaduto a quell’Egidio Brugola che ha inventato la geniale vite che ha diffuso il suo nome in tutto il mondo. Come il nome passa dal proprio al comune, così l’idea: tanto più se è un’arguzia fatta per ridere e far ridere, a cui sarebbe sovranamente poco spiritoso apporre con ostinazione la propria griffe per dire “è mia, l’ho fatta io”.