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BULLISMO ALLA SCUOLA PIÙ NOTA E PRESTIGIOSA DI MILANO, IL COLLEGIO SAN CARLO: UNA BAMBINA DI 7 ANNI FINISCE ALL'OSPEDALE CON UNA COSTOLA ROTTA. AUTORI: 4 COMPAGNI DI 10 ANNI - SELVAGGIA LUCARELLI: ''I QUATTRO DELLE ELEMENTARI HANNO FATTO CHINARE A TERRA UNA BIMBA, INTIMANDOLE CHE 'LE DONNE NON STUDIANO, PULISCONO IL PAVIMENTO', E DI RACCOGLIERE LE CARTE CON LA BOCCA. LEI SI RIFIUTA E VIENE PRESA A CALCI''

Estratti dall'articolo di Selvaggia Lucarelli per ''il Fatto Quotidiano''

                                            

SELVAGGIA LUCARELLISELVAGGIA LUCARELLI

A Milano, da parecchi giorni, circola insistentemente una notizia su un gravissimo episodio di bullismo che ha coinvolto quattro ragazzini molto piccoli. La notizia è inizialmente un chiacchiericcio. Poi una voce. Poi una di quelle cose di cui tutti parlano ma di cui stranamente si fatica a conoscere i contorni precisi.

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La ragione è semplice. L’episodio non è accaduto in un edificio scalcinato dell’hinterland o in una scuola comunale qualunque. I fatti si sono svolti tra le mura del Collegio San Carlo, la scuola più nota e prestigiosa di Milano assieme al Gonzaga e alla Leone XIII. Una scuola con rette da 8 000 euro l’anno (tra i docenti anche lo scrittore Alessandro D’Avenia) e inevitabilmente frequentata dai figli delle famiglie ricche, bene, potenti, borghesi di Milano.

 

collegio san carlo milanocollegio san carlo milano

Ed è cosa nota, quando succede qualcosa al San Carlo, è sempre difficile ottenere risposte o dichiarazioni dalla scuola e talvolta pure dalla stampa. C’è sempre qualcuno che ti dice “No, ma sai, lì ci va il figlio di o il nipote di, lascia stare.”. Il rettore tace. I genitori chiacchierano, ma tra di loro. L’etichetta della scuola delle famiglie bene va preservata.

 

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La ricostruzione dei fatti, che nella prima comunicazione ufficiale della scuola è stata definita “una normale dinamica di gioco”,  è questa: qualche mattina fa, durante la ricreazione, quattro studenti di 10 anni circa cominciano a infastidire verbalmente P., una studentessa di 7 anni. Dalle parole passano ai fatti. Le dicono che si deve chinare per terra, che le donne non studiano, puliscono il pavimento.

 

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“Raccogli quelle carte con la bocca!”, insistono. P. si rifiuta e iniziano i calci. Da qui in poi la ricostruzione si fa confusa, c’è chi dice che l’abbiano picchiata in due e gli altri due stavano a guardare, c’è chi dice che abbiano partecipato tutti e quattro. Fatto sta che la bambina inizia a vomitare, viene portata in infermeria e più tardi in ospedale.

 

Diagnosi: infrazione a una costola. Ora da giorni P. si rifiuta di tornare a scuola, i genitori riferiscono che è molto turbata, temono per le ripercussioni psicologiche della vicenda. Riguardo la sorte dei quattro bambini, di cui uno è il figlio di un noto giornalista, pare che solo due di loro siano stati sospesi.

 

L’avvocato della famiglia di P. , Alessandro Mezzanotte, conferma la ricostruzione dei fatti e afferma: “Con la famiglia stiamo attendendo di sapere dalla scuola che tipo di provvedimenti saranno presi. Il termine sospensione è vago, aspettiamo chiarimenti.”. Il papà aggiunge che la famiglia ha iniziato a confrontarsi con la scuola sulle conseguenze di questo grave episodio. Fatto sta che l’iniziale versione della stampa e della scuola parlava, come già detto,  di un paio di spinte durante l’ ora di ricreazione. Di “normali dinamiche di gioco ” all’interno di una scuola.

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Certo, chi di noi non ritiene una normale dinamica di gioco un figlio che finisce all’ospedale vomitando dopo calci e pugni? Ma soprattutto: dove sarebbe la normalità in quattro bambini di 10 anni che dicono a una ragazzina di sette che le donne devono pulire, come i peggiori trogloditi sessisti?

 

Nel frattempo, là dove il rettore tace, qualche genitore parla. Si riunisce. Si irrita per il modo in cui la scuola ha ridimensionato i fatti e per l’utilizzo del termine “gioco”. Minaccia il ritiro dei figlia dalla scuola se i bambini colpevoli del grave atto di bullismo non vengono espulsi. Per l’espulsione però bisogna fare richiesta al provveditorato e per legge le sospensioni non possono durare più di tre giorni.

 

Allora il pro-rettore Don Alberto Torriani, ieri pomeriggio, invia una circolare a tutte le famiglie degli studenti in cui con una superba supercazzola specifica che per lui il termine gioco ha un significato molto serio. (evidentemente anche molto ampio, visto che racchiude anche l’accezione di “calci nello stomaco”).

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Poi aggiunge: “Il San Carlo non vuole nascondere o insabbiare, lascio ad altri queste letture e questi linguaggi che non mi appartengono”, però specifica che per il bene dei minori bisognerebbe intraprende azioni “senza il brusio delle preoccupazioni e la eco dei giornali”. (quindi se non lanciano l’allarme i genitori preoccupati e non lo lanciano i giornali chi dovrebbe lanciarlo? I bidelli?)

 

Infine, il pro rettore della scuola che non vuole insabbiare o minimizzare, chiude così: “Ho chiesto alla professoressa Bignardi insieme al nostro psicologo della scuola di prendere contatti con strutture esterne che ci possano aiutare a rispondere a queste emergenze educative”. (…) Inoltre ho già preso contatti con la struttura specializzata del Fatebenefratelli.”.

 

collegio san carlocollegio san carlo

Per carità, tutte ottime iniziative, ma il giro di parole per omettere la parola “bullismo” è commovente. Ora bullismo si dice emergenza educativa. “Ehi mamma oggi due bulli mi hanno picchiata!”. Tesoro, i bulli sono a Quarto Oggiaro, quelli del Collegio San Carlo non sono bulli, sono dei ragazzi in emergenza educativa!”. Bello anche il passaggio sulla scuola specializzata del Fatebenefratelli. Specializzata in che? In radiografia? Tecniche di bendaggio e gesso? Rianimazione? No. Ve lo dico io. Al Fatebenefratelli c’è il centro anti-bullismo.

 

Tutti qui. Specializzata in BULLISMO. Se si vuole essere chiari, netti, trasparenti, usare le parole giuste è importante, caro pro rettore. Anche quando le parole giuste sono scomode e tolgono un po’ di smalto dalla corazza lucida della scuola fighetta, quella in cui crescono i “sancarlini”. Perché se lo faccia dire, caro pro rettore, è dei genitori e dei figli della Milano perbene che sono tanti anche in quella scuola che dovrebbe occuparsi, non di quelli della Milano bene.

 

Detto ciò, i tempi sono cambiati significativamente: prima se facevi il cattivo finivi in collegio. Ora, se fai il cattivo, dal collegio vieni espulso. Forse.

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