SI PUÒ GIOCARE A FARE I RAPITI? SECONDO LA PROCURA DI ROMA I BRESCIANI SERGIO ZANOTTI E ALESSANDRO SANDRINI SCOMPARVERO "PER FINTA" IN TURCHIA, CON L'OBIETTIVO DI SPARTIRSI CON I RAPITORI I SOLDI DI EVENTUALI RISCATTI - I CARABINIERI HANNO ARRESTATO DUE ALBANESI E UN ITALIANO, ORGANIZZATORI DELLA MESSINSCENA, MENTRE UNO DEI DUE OSTAGGI È ACCUSATO DI SIMULAZIONE DI REATO E TRUFFA - ALLA FINE PERÒ LE VITTIME FURONO DAVVERO PRESE IN CONSEGNA DA AL QAEDA...
Giovanni Bianconi per www.corriere.it
alessandro sandrini durante il finto sequestro
In origine dovevano essere due sequestri simulati, tanto che uno degli ostaggi, Alessandro Sandrini, è indagato di simulazione di reato e truffa; poi però sono diventati sequestri veri, perché le vittime sono state effettivamente prese in consegna da due gruppi seguaci di Al Qaeda, presenti tra Turchia e Siria.
E così c’è pure l’accusa di terrorismo ed eversione a carico dei due albanesi e un italiano arrestati stamani dai carabinieri del Ros, su ordine della Procura di Roma.
Gli albanesi in carcere
Il giudice dell’indagine preliminare ha mandato in carcere gli albanesi Fredi Frrokaj e Olsi Mitraj, di 42 e 41 anni, e il bresciano Alberto Zanini, 54 anni, perché considerati gli autori – in concorso con altri complici, alcuni dei quali tuttora ignoti – dei rapimenti di Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, entrambi scomparsi in Turchia, il primo a maggio e il secondo a ottobre del 2016, poi segregati in Siria e tornati liberi tra aprile e maggio del 2019.
alessandro sandrini col suo cane
Tre anni e più di prigionia nonostante all’inizio ci fosse, secondo l’accusa, l’accordo tra rapiti e rapitori per guadagnare e spartirsi i soldi di eventuali riscatti.
L’ex fidanzata di Sandrini: «Mi promise 100 mila euro per tenere il gioco»
Almeno nel caso di Sandrini, il trentacinquenne partito da solo per un’improbabile vacanza ad Adana, nel Sud della Turchia, del quale la ex fidanzata ha raccontato agli inquirenti: «Prima di partire mi aveva garantito che appena rientrato in Italia 100 mila euro sarebbero stati miei se gli avessi mantenuto il gioco con la sua famiglia, i giornali e le forze dell’ordine».
sergio zanotti sotto sequestro
Sulla base di altre testimonianze gli inquirenti hanno ricostruito che il giovane (al momento del sequestro non aveva ancora compiuto 31 anni) confidava di fare «molti soldi» con il finto rapimento. Poi si è convertito all’Islam.
Le «modalità anomale»
Le modalità del suo prelevamento sono molto simili a quelle con cui era sparito dalla circolazione l’imprenditore – sempre bresciano: tutte le trame sono riconducibili alla città lombarda, dove risiedono anche gli indagati stranieri – Sergio Zanotti, oggi sessantunenne, partito per Antiochia con l’intenzione di trovare e commercializzare dinari iracheni ormai fuori corso, dell’era di Saddam Hussein.
Modalità simili e considerate anomale dagli investigatori del Ros dei carabinieri e dello Sco della polizia, coordinati dal sostituto procuratore romano Sergio Colaiocco: dalla comune origine geografica delle vittime al modo in cui sono stati prelevati, senza agguati e narcotizzati subito dopo essere finiti in mano ai banditi.
C’è anche un terzo tentato sequestro che sarebbe stato pianificato dalla stessa banda italo-albanese in raccordo con i complici in Turchia, di un altro imprenditore di Rezzato (sempre in provincia di Brescia), che però al momento della partenza non si è presentato all’aeroporto; fallito quel tentativo, la banda ha poi ripiegato su Sandrini, che agli inquirenti avrebbe taciuto il presunto accordo con i rapitori parlando di un viaggio con scopi «esclusivamente turistici, in un periodo buio della mia vita».
Indagati anche un italiano e quattro stranieri
Il ruolo centrale nell’organizzazione dei due sequestri (più quello fallito) viene attribuito a Fredi Frrokaj, che non solo ha avuto contatti le vittime prima del rapimento, ma a sequestri avvenuti e in corso si è occupato di dare o far avere soldi (alcune migliaia di euro, per ciò che l’indagine ha potuto ricostruire) alla figlia di Zanotti e all’ex fidanzata di Sandrini.
L’obiettivo di questo “mantenimento” occulto di familiari o persone legate agli ostaggi era di alleggerire la loro apprensione, in modo che non fosse troppo intenso e invasivo l’impegno delle autorità di polizia e diplomatiche.
Nonostante ciò, l’attività dell’intelligence italiana riuscì a far liberare i sequestrati, nonostante il caso di Zanotti avesse destato da subito molti sospetti. A tenerlo segregato, dopo il rapimento in Turchia, sarebbe stato il gruppo jihadista siriano Jund Al Aqsa, che l’ha liberato senza aver raggiunto apparenti obiettivi politici, quindi è possibile che sia stato pagato un riscatto.
Sandrini invece è finito nelle mani del Turkestan Islamic Part, di ispirazione qaedista, che avrebbe ottenuto (oltre a un ipotetico bottino) un riconoscimento da parte del regime siriano in funzione anti-Isis.
Oltre ai tre arrestati e a Sandrini, nell’inchiesta sono indagate altre sei persone: un altro italiano residente in Germania, un albanese, due siriani, un egiziano e un marocchino che avrebbero partecipato alla preparazione e poi alla gestione dei viaggi tramutatisi in sequestri di persona. Pianificati e organizzati in alcuni bar di Brescia.
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