
“SO CHI HA UCCISO LILLY” – SERGIO, IL FRATELLO DI LILIANA RESINOVICH, LA DONNA RITROVATA MORTA IN UN BOSCO DI TRIESTE NEL 2022, PUNTA IL DITO CONTRO IL MARITO ORA CHE L’AUTOPSIA HA ESCLUSO IL SUICIDIO: “C’È UNA SOLA PERSONA CHE AVEVA INTERESSE A FAR SPARIRE E POI FAR RITROVARE IL CORPO. SE LILIANA NON FOSSE STATA PIÙ RITROVATA, LUI NON AVREBBE POTUTO DISPORRE DEI SUOI BENI ENTRO I TEMPI CHE LO ASSILLAVANO. IL LORO MATRIMONIO ERA FINITO” - MA L'ALTERAZIONE DELLA SCENA DEL CRIMINE E GLI ANNI TRASCORSI RIDUCONO LE POSSIBILITÀ DI OTTENERE GIUSTIZIA…
1 - “SO CHI HA UCCISO LILLY ORA CHE L’INCHIESTA RIPARTE NON POTRÀ PIÙ FINGERE”
Estratto dell'articolo di Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
«Oggi non posso essere contento perché dopo oltre tre anni l’assassino di mia sorella non ha ancora un nome. L’unico elemento di soddisfazione è che anche il procuratore Federico Frezza, grazie alla perizia dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, ha riconosciuto che Liliana non si è suicidata, ma che è stata uccisa».
Sergio Resinovich, fratello della donna scomparsa a Trieste il 14 dicembre 2021 e ritrovata morta il 5 gennaio 2022, ricostruisce «questa incredibile tragedia» e punta il dito contro Sebastiano Visintin, 74 anni, ex fotografo e marito di Liliana. Ieri la Procura, dopo il deposito della perizia che impone di riscrivere il mistero di Trieste, ha detto che è in corso «una profonda rivalutazione dell’intero procedimento, con eventuali nuovi accertamenti o acquisizioni» su cui la nuova pm Ilaria Iozzi è già al lavoro.
SEBASTIANO VISINTIN LILIANA RESINOVICH
Se Liliana non si è suicidata, chi l’ha ammazzata?
«Non faccio nomi, ma dico che una sola persona aveva interesse a far sparire e poi ritrovare il suo cadavere. Chiunque altro si sarebbe sbarazzato del corpo, rendendolo introvabile per sempre. Solo una persona aveva invece bisogno, dopo un po’ di tempo, di farlo riapparire».
Si riferisce al marito?
«Dico che lui, se Liliana non fosse stata più trovata, non avrebbe potuto disporre dei suoi beni, entro i tempi che lo assillavano».
Come è giunto a questa conclusione?
«Pochi giorni dopo la scomparsa, mentre diceva a tutti che Lilly si era allontanata, mio cognato mi ha convocato e in auto mi ha detto che lui, da solo, economicamente non poteva vivere. Mi ha detto: “Prendo solo 560 euro al mese di pensione, non ce la faccio”. Liliana non c’era più, la cercavamo disperati e lui già pensava solo ai suoi soldi».
Crede che sua sorella sia stata uccisa per ragioni economiche?
LILIANA RESINOVICH E SEBASTIANO VISINTIN
«È evidente, noi familiari lo diciamo da tre anni. Il matrimonio era finito e il marito non era in condizioni di vivere da solo, senza casa né soldi. Il piano, dal delitto alla scomparsa per prendere tempo, al ritrovamento per accedere all’asse ereditario, è stato architettato nei dettagli».
Perché Sebastiano Visintin ora chiede alla Procura di sentire tutti i protagonisti del caso?
«Da mio cognato sono usciti solo e sempre depistaggi, bugie e incongruenze. Se Claudio Sterpin, amante di Lilly, il giorno dopo la scomparsa non fosse andato in questura a raccontare che il 14 dicembre doveva vedere mia sorella e che avevano deciso di vivere insieme, le indagini si sarebbero fermate davanti a un suggerito allontanamento volontario».
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Cosa ha convinto voi familiari di essere davanti a un omicidio?
«La ricostruzione dei fatti è apparsa inverosimile dal primo istante. Non mi hanno mai fatto vedere il cadavere di Liliana. Solo settimane dopo il funerale ho potuto vedere le foto complete: il viso di mia sorella era sfigurato dalle botte, come se avesse fatto a pugni con Mike Tyson. Prima di venire soffocata, Lilly è stata selvaggiamente pestata».
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2. IL MISTERO DI LILIANA
Estratto dell’articolo di Gianluigi Nuzzi per “la Stampa”
[…] Lilli è stata soffocata. Frana la tesi della procura che leggeva in questo decesso un suicidio. Potrebbe sembrare un passo avanti verso la verità per trovare finalmente l'assassino ma non è così.
L'alterazione della scena del crimine, le contaminazioni avvenute, gli anni passati tra meline e rinvii riducono drammaticamente le possibilità di arrivare ad ottenere giustizia. […] Il corpo andava messo nell'apposita sacca-salma, senza maneggiarlo in modo disorganizzato come invece è stato fatto.
Così la borsetta andava repertata senza toccarne il contenuto in una sacca diversa da quella della salma.
Il cordino non bisognava tagliarlo. Anche la micro area dove Lilli giaceva andava documentata meglio, per capire stato delle foglie con macro fotografie e prelievi rispetto alla zona adiacente. Parziali le analisi dei sacchi, andavano eseguite tutte le analisi sugli abiti e non solo su quelli intimi.
Con l'assurdo che gli sforzi del team della Cattaneo per indicare numerosi punti (le ferite, la presenza di particolari germi, i rilievi antropologici) a favore della tesi omicidiaria rischiano di non essere da soli sufficienti a imbastire un processo per omicidio contro l'assassino.
L'avvocato Nicodemo Gentile - che rappresenta i familiari della vittima - lo ha ripetuto fin dalle prime indiscrezioni da me in studio a Quarto Grado, quando l'inviata Ilaria Mura venerdì 21 anticipava i punti della superperizia alla vigilia del deposito telematico in notturna avvenuto solo venerdì scorso.
[…] Di certo, il tempo trascorso dal ritrovamento del cadavere ad ora è impressionante, degrada Dna e fiducia. Con magari dubbi sulle capacità di chi confonde una donna uccisa con una suicida. Troppi omicidi vengono archiviati come morti volontarie.
Eppure, l'assenza di impronte digitali sui sacchetti della spazzatura che avvolgevano il corpo doveva far dubitare della tesi che la donna si fosse tolta la vita infilandosi gli stessi, senza lasciare tracce. Così le microfratture e le ferite sul volto di Lilli incompatibili con una naturale caduta dovevano da subito valorizzare i dubbi indicati anche dal medico legale consulente del marito Sebastiano Visentin.
liliana resinovich e sebastiano visintin 7
Invece, questo immobilismo investigativo, questo sfinente procrastinare, ha creato una situazione intollerabile con Sebastiano al centro delle indagini difensive degli altri parenti che ne valorizzavano bugie, contraddizioni e non ricordo.
Per una parte del Paese Sebastiano, bugiardo e reticente, ha così ucciso la moglie.
E risulta un esercizio di mera retorica ricordare che lui non è nemmeno indagato.
Di certo fosse innocente nessuna sentenza cancellerà il marchio di assassino che una certa giustizia social, più che sociale, gli ha già impresso. Ma il rischio è che appunto un eventuale processo non arrivi a una certezza, lasciando tutti in un limbo che animerebbe ancora sospetti, reiterando quel ludibrio finora protratto.
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Certo, lui ha fatto di tutto per sedimentare il peggio sulla sua reputazione.
Nei silenzi, nelle omissioni, nelle menzogne, ma non credo che ciò giustifichi la gogna.
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