“NOI ITALIANI CI SENTIAMO SEMPRE INFERIORI MA IN REALTÀ SONO GLI ALTRI CHE HANNO PAURA DI NOI” - STEFANO GABBANA PASSA AL CONTRATTACCO DOPO IL DURO ARTICOLO DEL “NEW YORK TIMES” SULLA MODA MILANESE - “DOVREMMO RESTARE UNITI E LAVORARE PER IL BENE DI MILANO. VALENTINO SFILA A PARIGI: PERCHÉ NON VIENE QUI?”
Daniela Monti per il Corriere della Sera
#staiacasatuabucchina. Cominciamo dalla fine, dall'hashtag che chiude il post sui social di Stefano Gabbana, risentito, risentitissimo per la lettura che il New York Times ha dato della fashion week milanese appena conclusa: «A Napoli, bucchino lo si dice a chi è sveglio, sgamato. Lo usa sempre nei suoi video su Instagram Deianira Marzano: la sua satira mi fa morire dal ridere - dice lo stilista -. Io ho usato l' aggettivo in modo ironico, ovvio: chi ha scritto queste cose sulla nostra moda è tutto fuorché sveglio».
Milano «fuori fuoco», terra di periferia mentre la moda guarda altrove, a Parigi, a Londra, dove lavorano gli «stilisti intellettuali». L' articolo è durissimo. «Tutti si sentono in diritto di sparare sull' Italia perché tanto non c' è mai nessuno che replica. Io non sono stato zitto anche se potevo farlo: Dolce e Gabbana non è neppure citato nel pezzo. I giornalisti del New York Times non entrano alle nostre sfilate da anni, eravamo stanchi degli insulti, così abbiamo deciso di lasciarli fuori.
Mi auguro che adesso lo facciano anche altri, Ferragamo, Missoni, quelli presi di mira. Non ti piace quello che faccio? Vai a vedere un altro! L' importante è avere un prodotto che vende e poter contare sul supporto dei negozi: alla fine a mandarti avanti non è la stampa, ma chi ti compra, Armani lo ha sempre detto».
Siamo sicuri che Milano ormai conti poco?
«Milano ha tutto, tutto. L' ultima fashion week mi è sembrata più allegra del solito, rilassata: tanti eventi, tanto movimento. Il problema è che noi italiani siamo insicuri, ci sentiamo sempre inferiori, mentre in realtà sono gli altri che hanno paura di noi. Sappiamo fare tutto: tessuti, accessori, bottoni, persino le etichette degli abiti, i sacchetti. Per cui è logico che agli altri convenga farci sentire in difetto, sminuirci. Un Paese che fa tutto questo non fa paura?».
L' Italia ha bisogno dei mercati esteri...
«E loro hanno bisogno del nostro prodotto perché se sei abituato a vestire italiano, poi non ci rinunci più».
L' accusa alla moda italiana è di non saper più raccontare il proprio tempo.
«La moda non è politica. Davanti ai fatturati delle aziende italiane ci sono tutti segni più: vorrà dire qualcosa questo, no? Noi per forza siamo attenti, viviamo tutto quello che succede, viviamo la Corea del Nord, gli scandali, le disuguaglianze, siamo circondati da paure. Non tutti debbono per forza essere stilisti intellettuali: è intellettuale Sophia Loren?
DOLCE E GABBANA A NAPOLI - SOPHIA LOREN
No, eppure la conoscono anche su Marte. La moda è una delle poche cose in grado di far sognare. È lo specchio del momento, ma anche della persona che la fa. E per me e Domenico questo momento parla di amore, di bellezza. Noi siamo quello che siamo, un concentrato di cultura e di eccellenza. Se qualcuno non lo capisce è un problema suo».
La moda italiana sa prendersi dei rischi?
«Se c' è un rischio per la moda italiana è quello di non avere una nuova forte generazione di stilisti. Servono dieci anni per affermarsi. Le grosse aziende prendono i designer, li pagano bene, li illudono che con i soldi diventeranno famosi, ma nel frattempo questi giovani perdono anni importanti, in cui potrebbero costruire qualcosa di loro, solido».
Alla serata conclusiva della fashion week di Milano, alla Scala, c' erano tutti gli stilisti che contano. Lei e Domenico Dolce no.
«Siamo fuori dalla Camera della moda, non so neppure se eravamo stati invitati».
Mostrarsi uniti potrebbe far bene alla moda italiana...
«Fare sistema non significa fingere di essere uniti: fra stilisti ci si conosce, si porta rispetto, ma l' unione è finta. Anche i francesi sembrano tutti amici, in realtà si odiano. Unità è stare a Milano, sfilare a Milano, lavorare per il bene di Milano. Valentino sfila a Parigi: perché non viene qui? Il suo ceo è nella Camera nazionale della moda: che ci sta a fare? Portare i designer italiani in Italia, non farli andare via: questo è fare sistema. Sistema è fare bene le proprie cose, perché in questo modo si fa il bene dell' intero settore. Il nostro dovere è questo ».