IL “QUINTO UOMO” - LA STORIA DI JOHN CAIRNCROSS, UNA DELLE SPIE DI CAMBRIDGE CHE PASSO’ ALL’UNIONE SOVIETICA I PIANI NAZISTI E CAMBIO' IL CORSO DELLA STORIA - QUANDO FU COSTRETTO A LASCIARE LA GRAN BRETAGNA SI RIFUGIO’ A ROMA, AI PARIOLI, TRA INTELLETTUALI, LEVRIERI E FESTE SULL’APPIA - POI NEL 1990 UN EX AGENTE DEL KGB…
Marco Zatterin da www.lastampa.it
Finché la verità non fu rivelata, e questo accadde solo molto avanti nella storia, nessuno sospettò che lo scozzese elegante e colto che abitava ai Parioli fosse il «Quinto Uomo», la spia che regalò ai russi i piani nazisti intercettati dai servizi segreti di Churchill e cambiò il corso della guerra.
le cinque spie di cambridge john cairncross
«Non l’avrei mai immaginato», confessa oggi Fiorenzo Niccoli, il fotografo romano che ospitò più volte quel gentiluomo di nome John Cairncross: «Lo credevo uno storico, un letterato appassionato di economia, distinto e spiritoso». Persino le donne che lo sposarono erano all’oscuro del passato. L’eccezione fu Graham Greene. Ma lo scrittore inglese non era uno come gli altri.
«John cambiava le vite di chi incontrava, contagiava con il talento», concede Allan Evans, musicologo americano, sodale di Cairncross nelle passeggiate romane Anni 80. S’è persuaso che avesse scelto Roma per «la bellezza, l’arte e lo spirito della gente che ancora oscillava tra presente e passato». Forse credeva che nel caos della città eterna in piena Dolce Vita, il suo mistero non sarebbe stato svelato. Si sbagliava. Quando ti cercano tre potenze mondiali difficilmente la fai franca.
Cairncross nacque nel 1913 a Lesmahagow, nei pressi di Glasgow. Non era di famiglia ricca, ma si rivelò presto un giovane ingordo di conoscenza, alunno modello accolto alla Sorbona e al Trinity di Cambridge. Assorbiva le lingue con facilità, il francese era perfetto, appena meglio del tedesco appreso pedalando sul continente negli anni dell’ascesa di Hitler. Fu assunto al ministero degli Esteri, quindi assegnato a Bletchley Park, la centrale che decrittava le comunicazioni tedesche, casa del progetto «Ultra» che dissolse il mistero della macchina nazista Enigma.
GLI INIZI
Il «Quinto uomo» era entrato in contatto con l’intelligence russa già a Cambridge, un college che pullulava di giovani passati dall’«altra parte», facendo la storia del doppiogioco: Guy Burgess, Kim Philby, Donald Mclean, Anthony Blunt. I «Quattro di Cambridge», mitici e controversi. Restano dubbi su quanto organico fosse il rapporto di Cairncross con gli altri. È certo però che il giovane si sentì ferito quando il premier Chamberlain andò da Hitler e non giocò a muso duro.
«Era un veemente antifascista», assicura Gayle Brinkerhoff, la cantante americana che Cairncross sposò giovanissima a Roma a metà Anni 80. Quando passò a Stalin i piani nazisti, «fu per aiutare un alleato e combattere il Male». Davvero? «Io gli credo», puntualizza la donna, che ha da poco passato la sessantina e si è rifatta una vita a Edimburgo.
I resoconti dicono che Mosca, fra il ’41 e il ’45, ricevette dall’agente «Liszt» oltre 4000 documenti. E che il «pianista» Cairncross ruppe il suo legame col Mgb (poi Kgb) quasi subito, continuando a lavorare per il Tesoro di Sua Maestà sinché, dalle carte di Burgess, emerse un foglietto col suo nome che lo costrinse a lasciare il posto e la Patria.
Senza lavoro e soldi, ma ancora con una copertura, il «Quinto Uomo» sulla soglia dei 40 anni ricominciò da zero. Fu così che nel 1952 spuntò in via dei Pamphili a Roma «John Cairncross, giornalista», corrispondente che la tessera rilasciata dal ministero degli Interni affilia all’Economist. Arrivò con una moglie, Gabi, tedesca naturalizzata americana per cui «Liszt» era un compositore austriaco e non suo marito.
Entrambi furono ingaggiati da Fao e Onu, in una capitale che a Cairncross parve «tranquilla e provinciale. Si poteva vivere bene anche con pochi mezzi». Acquistò un’auto e «curò il fegato passando dai grassi inglesi all’olio di oliva». Soggiorno breve, comunque. Nel 1956 «Liszt» era a Ginevra, l’anno dopo a Bangkok.
Viaggiava continuamente. Fuggiva? Nel 1964 i servizi britannici lo rimisero sotto torchio, lui raccontò tutto e fecero un patto «libertà in cambio di silenzio». Dovendo decidere fra farsi arrestare e trovare una nuova casa, scelse ancora il Tevere. «A Roma si sentiva senza vincoli e al centro della comunità sociale e intellettuale – riepiloga Geoff Andrews, giornalista gallese che sta scrivendo la biografia di Cairncross –. È più che una fuga dal MI5 e dal Kgb».
Il rapporto con Gabi era finito. Cairncross si appoggiò in viale dei Quattro Venti, a Monteverde, sinché trovò il ritiro definitivo ai Parioli, in via Spadini. Lì si sentiva un re, pur nella consapevolezza d’essere controllato. Tornò alla Fao, occupandosi di economia agricola, con una competenza testimoniata da un articolo sulla Stampa nel 1979. Fece traduzioni per Bnl, Imi e Bankitalia.
Curò l’edizione Penguin di Corneille e Racine. Scrisse un divertente saggio sulla poligamia. «Gli chiesi perché non lavorasse su Molière - rivela Evans -, rispose che era troppo facile. In realtà, aveva scoperto come ricostruire il testo originale del Tartufo», progetto che appassionava anche Greene. «Vorrei leggerlo», gli scrisse nel 1984. I due avevano molto in comune, compresa una casa ad Anacapri, comprata forse con soldi russi.
GLI ANNI ROMANI
«Parlava un italiano perfetto, l’accento era lieve», ricorda un vicino di casa che abita ancora nello stabile. «Diceva sempre “nevvero”», sorride il fotografo Niccoli. «Viveva come un eremita, quando sono arrivata non aveva nemmeno la cucina», aggiunge Gayle Brinkerhoff, entrata nella vita di Cairncross nel 1983, «una festa sull’Appia che ricordava un film di Fellini». L’americana aveva meno della metà degli anni del consorte e, ovviamente, non ne conosceva la storia: «Un giorno un’amica priva di tatto chiese “Lo sai con chi vai a letto?”». Lei non fece una piega. «Era una brava persona».
In via Spadini la coppia viveva all’ultimo piano. Frequentavano la Roma del pensiero, che andava da Bruno Zevi a Elena Croce. Il loro appartamento traboccava di volumi, con stampe orientali e alcuni disegni di Van Gogh comprati per pochi franchi a Parigi. «Pieno di palline di canfora», precisa Gayle. Era davanti a Villa Balestra, ideale per i levrieri persiani, Sidam e Stella. Ai giardini si riuniva il club dei padroni di cani, la cui star era una principessa russa, Elena Wolkonsky, nipote d’un ministro dell’ultimo zar assassinato a Kiev nel 1911. Non era lontano il bus che conduceva a piazza San Silvestro: lì Cairncross incontrava gli amici, tappa obbligata era il libraio dei Remainders ora sparito. «Pranzavamo a Trastevere, una volta è capitato il Ranieri in centro», sorride Evans: «Che buongustaio!».
L’INCIDENTE
Ci fu in incidente, prima che tutto precipitasse. Cairncross fu arrestato a Chiasso nel giugno 1982, accusato di voler esportare 52 milioni illegalmente. Si professò innocente, asserì che erano i soldi della casa di Anacapri appena venduta con cui voleva comprare dei farmaci. Fu condannato, ma l’età lo salvò dalla reclusione e tornò ai Parioli. La pace durò poco.
Nel 1990 un russo ex Kgb confessò che Cairncross era «il Quinto uomo». «Per me non era un grande problema, che ci crediate o no», dice Gayle. A vedere le foto provenzali di Saint-Antonin-du-Var, dove la coppia si era rifugiata, è facile crederlo. «Improvvisamente sparirono», nota il musicologo Evans.
Ora tutto il mondo sapeva e Cairncross giurò di non riconoscersi nel ritratto tracciato dai giornali. Scrisse una biografia per spiegare che «le mie ragioni erano pure ma non abbastanza». Morì nel 1995, lontano da Roma, convinto di non essere un traditore. «Fui più fortunato che coraggioso», ammise. Difficile da digerire. Anche se, con il gesto estremo, aveva fermato Hitler.