CHE POPOV DI SPIA! – LA STORIA DI DUŠKO POPOV, L’UOMO CHE HA ISPIRATO 007 – SERBO ANTINAZISTA, SI RITROVÒ A LAVORARE COME AGENTE SEGRETO PER HITLER E A FARE IL DOPPIO GIOCO TRA IL FUHRER E GLI INGLESI – LA SOFFIATA SU PEARL HARBOUR E LA DIFFIDENZA DELL’FBI, FINO ALL’INCONTRO CASUALE CON IAN FLEMING
Marcello Sorgi per “la Stampa”
Il gusto dell' avventura. Lo sprezzo del pericolo. L'amore per le belle donne. Chi ha visto un film di 007 sa che queste sono doti indispensabili per fare l' agente segreto. Ma chi vuol sapere qual era in realtà nel secolo scorso il presupposto di una vera carriera da spia internazionale, doppiogiochista, al limite dei limiti, deve assolutamente leggere il diario di Duško Popov ( Spia contro spia , Sellerio, pag. 448, 15), in servizio durante la seconda guerra mondiale sulla sensibile frontiera Germania-Inghilterra, in cui tra Hitler e Churchill si gioca quasi tutta la partita del conflitto.
Sorprendentemente scoprirà così che, se il talento è fondamentale per una carriera del genere, altrettanto lo sono una buona educazione, una famiglia benestante alle spalle, l' uso di mondo e la conoscenza delle lingue come solo le nannies inglesi che allevavano i pargoli dell' aristocrazia e dell' alta borghesia europea sapevano impartire, fin dalla nascita.
Il giovane serbo Duško ha tutte queste qualità, quando per completare la sua istruzione internazionale, ventenne va a studiare all' università tedesca di Friburgo, poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, ed è uno dei tanti ragazzi che per distrazione o per snobismo sottovaluta le capacità del nazismo. Su Hitler, incautamente, prova perfino a scherzare: la pagherà cara.
Antinazista
Ma per un' incognita del destino, è proprio questo incidente che gli schiude la porta dell' Abwehr, il controspionaggio del Führer e insieme la migliore scuola del tempo di quel mestiere.
Popov è e rimane antinazista, e tuttavia si sente attratto dall' offerta che riceve e lo trasformerà presto, grazie alle amicizie inglesi nell' MI6, il controspionaggio di Sua Maestà, in un agente doppiogiochista.
Qui Duško rivela la sua predisposizione alla doppiezza, l' ambiguità del carattere, l' impenetrabilità dello sguardo che un ruolo del genere esige per sopravvivere: «Qual è la linea di demarcazione tra essere un play boy e fingere semplicemente di esserlo?
», si domanda, quando i suoi modi disinvolti, la predilezione per il lusso, le spese esagerate, la compagnia abituale di ragazze da urlo insospettiscono John Edgar Hoover, lo storico direttore del Fbi che gli metterà più di un bastone tra le ruote.
In America Popov era arrivato negli Usa con il bagaglio di esperienze ricavato dalla semidistruzione della flotta della Marina militare italiana nel bombardamento inglese del porto di Taranto nella notte tra l' 11 e il 12 novembre 1940.
Colpo a sorpresa, sottovalutazione del nemico, concentrazione delle navi in un bacino molto attrezzato per le manutenzioni ma non altrettanto per la difesa delle navi da guerra: questi elementi, uniti a una soffiata sulle cattive intenzioni giapponesi nei confronti degli americani, avevano portato Duško a prevedere l' eventualità di un attacco a Pearl Harbor, dove si trovava alla fonda gran parte della flotta Usa del Pacifico, come poi effettivamente si verificò il 7 dicembre 1941, data che segnerà l' ingresso degli Stati Uniti nella guerra.
Presentatosi negli uffici del Federal Bureau con un forte accreditamento dell' MI6, il doppiogiochista serbo, in cuor suo schierato con gli inglesi e ormai di sentimenti anglosassoni, deve tuttavia scontare con grande rammarico la diffidenza del capo supremo del Fbi, che vede in lui solo un damerino che passa le sue serate tra ristoranti e night clubs e ha uno stile di vita incompatibile con l' austerità altera di John Edgard Hoover.
Inoltre, quella di Dusko è più un' intuizione che un' effettiva informazione: la spia insomma non è in grado di spiegare razionalmente e basandosi su fatti e comunicazioni precise il suo terribile presagio, che se preso sul serio avrebbe potuto evitare agli americani la perdita di 2402 soldati e il ferimento di altri 1247.
Addio agli Usa
Sarà anche per questa inaccettabile beffa del destino che la carriera di Popov a Washington si chiuderà prima di cominciare. Ripartendo però subito tra Londra e Lisbona - nella capitale del Portogallo sono acquartierati i servizi segreti di tutto il mondo -, dove riuscirà a trovare riscatto per il grande colpo mancato nelle Hawaii, e a mettere a segno la più grande operazione strategica della sua carriera: convincere i tedeschi, ormai più che sospettosi del suo doppiogiochismo, che lo sbarco degli Alleati in Normandia, ormai prossimo (6 giugno 1944), non avverrà sulle spiagge della regione del Calvados, ma un centinaio di chilometri più a Nord, ciò che renderà più agevole il D-day, cogliendo i tedeschi di sorpresa e le loro difese dispiegate fuori mira.
«Mi fermai a un tavolo in cui si giocava a baccarat. Tra i giocatori riconobbi una delle mie "béte noire", un lituano dall' aspetto insignificante ma molto ricco, di nome Bloch, particolarmente spavaldo. Non so cosa diavolo mi prese, ma quando Bloch proclamò "banque ouverte", annunciai con tono freddo e distaccato: "Cinquantamila dollari"». Erano i soldi per una missione segreta.
Popov era fatto così. Alle sue spalle, casualmente, sedeva Ian Fleming, l' inventore della saga di James Bond. Non poteva che innamorarsi del personaggio.