“LE GUARDIE TI SPOGLIANO E TI TOCCANO OVUNQUE E SI CHIEDONO “COSA SEI?” – LE STORIE DELLE TRANS IN UCRAINA CHE NON POSSONO FUGGIRE PERCHÉ CONSIDERATE UOMINI DA MANDARE AL FRONTE SECONDO LA LEGGE MARZIALE IN VIGORE: SECONDO UNA DELLE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI UMANI, CIRCA IL 90% DELLE TRANS ARRIVATE AL CONFINE E' STATO RISPEDITO INDIETRO PERCHÉ SUL LORO PASSAPORTO, ACCANTO AL GENERE, C’È INCISA ANCORA LA “M”. MA I PROBLEMI CI SONO ANCHE PER CHI…
Giulia Taviani per www.corriere.it
Si sentono donne, hanno un aspetto del tutto femminile e la loro comunità le riconosce come tali, ma non il loro passaporto, dove in grassetto risulta ancora il nome maschile, e accanto alla voce genere è incisa ancora la «M».
Due parole che in queste settimane pesano molto a centinaia di donne transgender in fuga dalla guerra in Ucraina.
Secondo la legge marziale in vigore, i cittadini maschi tra i 18 e i 60 anni sono costretti a restare per prestare servizio militare e difendere l’Ucraina. E tra questi quindi, anche uomini trans certificati o donne trans senza alcun attestato che confermi il cambiamento.
Judis, una donna transgender, intervistata dal Guardian, ha raccontato di aver provato terrore una volta arrivata alla frontiera ucraina: «Le guardie ti spogliano e ti toccano ovunque. Puoi vedere suoi loro volti che si stanno chiedendo “cosa sei?” come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere». Alcuni le tiravano indietro i capelli per controllare che non fosse una parrucca.
Secondo una delle associazioni per i diritti umani transgender del Paese, circa il 90% delle donne trans arrivate al confine, e con solo un passaporto che non le rappresenta, sono state costrette a tornare indietro e imbracciare le armi.
Olena Shevchenko, difensore dei diritti umani e presidente di Insight, una delle poche associazioni pubbliche Lgbtq+ ucraine, denuncia una discriminazione al confine nei confronti dei transgender più in generale: «Sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle persone trans con un certificato valido, che riflette il loro nuovo genere, di lasciare il Paese, e nessuno sa il perché». È il caso di Judis, una donna trans, a cui è stato impedito di entrare in Polonia, dopo un lungo controllo negli uffici della frontiera, nonostante quella F accanto alla parola genere.
Molti di questi, per la fretta di abbandonare le proprie abitazioni e città sotto attacco, hanno dimenticato i documenti a casa, molte altre invece non hanno mai scelto di proseguire con la lunga pratica che in Ucraina permetterebbe alle persone transgender di legalizzare il loro nuovo sesso.
Secondo la legge ucraina, infatti, cambiare genere e nome è solo l’ultimo passaggio di un percorso fatto di valutazioni psichiatriche, ricovero in ospedale e molta burocrazia. Nonostante dal 2017 le persone trans siano state legalmente riconosciute, tutto questo spinge molti cittadini a non arrivare in fondo alla pratica e restare con i documenti originali, e quindi non corretti.
Secondo la International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, l’Ucraina è al 39esimo posto su 49 paesi europei per il trattamento complessivo riservato alle persone Lgbtq+. Inoltre ,la chiesa cristiano-ortodossa non ammette i matrimoni gay, così come non sono legali per lo Stato, e anzi, considera l’omosessualità un peccato.
L’organizzazione Hplgbt nei giorni scorsi ha denunciato anche la difficoltà di molti cittadini transgender nel trovare medicinali come i trattamenti ormonali, la cui interruzione è estremamente dannosa per la salute, e forniti dalle stesse ong alle persone rimaste nel Paese. Qualcuno nei primi giorni del conflitto è riuscito a scappare, anche senza documenti d’identità, ora invece i controlli si sono intensificati, e con loro anche i tentativi estremi per attraversare il confine, come la corruzione che potrebbe costare loro il carcere. Una paura non troppo grande paragonata a quella di trovarsi sotto il regime omofobo della Russia.