STRATEGIA SCAFISTA – LE BANDE DI TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI SI RIORGANIZZANO PER AGGIRARE IL BLOCCO DI SALVINI – STOP AI GOMMONI STRACARICHI DI GENTE APPENA SUFFICIENTI PER RAGGIUNGERE LE ONG, ORA I CRIMINALI LIBICI SI DOTANO DI PICCOLI MOTOSCAFI VELOCI E ARRIVANO DIRETTAMENTE IN SICILIA CON…
Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Barchini più piccoli, con motori molto più potenti, che mirano a raggiungere direttamente le acque territoriali italiane: così i trafficanti libici d' esseri umani rispondono alle sfide di Matteo Salvini. Partono dalle aree attorno a Khoms, Zlitan e Garabulli, i tre porti maggiori sulla costa tra Tripoli e Misurata.
«L' Italia chiude i porti e le navi ai migranti? Per qualche settimana abbiamo notato che le nuove politiche di Roma stavano pagando. In effetti, il mercato dei migranti è andato in crisi a inizio estate.
Ma adesso le bande di scafisti più abili si stanno organizzando e hanno trovato nuove risposte. Non utilizzano più grandi gommoni stracarichi di gente (sino a 200 migranti ciascuno) con piccoli e obsoleti fuoribordo appena sufficienti per raggiungere le navi delle ong (che prima stazionavano a 30-40 chilometri di distanza dalla costa libica).
Ora gli scafisti si sono dotati di piccoli motoscafi in grado di eludere i radar e i guardacoste libici e capaci di navigare per i 450 chilometri tra Tripolitania e Sicilia con a bordo 20-40 persone», spiega Abu Ajela Abdelbari, uno dei comandanti dei guardacoste a Tripoli.
gommoni su alibaba perfetti per scafisti
A Khoms i responsabili delle milizie locali che lavorano con i guardiacoste aggiungono dettagli. Le loro conoscenze sono di vecchia data, qui stava una delle basi più importanti della marina militare di Gheddafi. «Abbiamo notato che gli scafisti si stanno attrezzando con motori Yamaha e Mercury da 450 cavalli. Tutto diverso dai 20-25 cavalli del passato.
Questi nuovi sono fuoribordo che permettono ai loro barchini in vetroresina leggera di volare sull' acqua, sino a sfiorare i 70-80 chilometri orari. Noi guardacoste non siamo in grado di inseguirli, i nostri mezzi sono molto più lenti.
Ma anche le navi italiane che incrociano al largo e quelle europee della missione Sophia possono fare ben poco», dicono. Ci tengono a non rivelare i loro nomi. I rapporti con i comandi a Tripoli sono difficili e le connivenze con i circoli malavitosi dei contrabbandieri li tiene in guardia.
Ma possono svelare un elemento importante: esistono bande criminali, una volta coinvolte nello spaccio di droga e petrolio, che da Malta si stanno riattivando per facilitare i traffici d' esseri umani.
«In particolare, a La Valletta c' è un gruppo formato da marito e moglie italiani assieme a due maltesi, che si preoccupa di rifornire di carburante i barchini in rotta per l' Italia. Può anche avvenire che a metà strada, più o meno all' altezza di Malta, i barchini libici tornino indietro dopo aver trasbordato i migranti su altri motoscafi salpati dalle coste italiane.
In genere partono numerosi, anche una decina di assieme. In questo modo, anche se li intercettiamo, al massimo possiamo fermarne un paio: gli altri riescono a passare».
La coppia di italiani è una vecchia conoscenza dei pescatori di Khoms, sino alla caduta di Gheddafi partecipavano ai traffici di droga. Il tempo bello, il mare calmo e il caos nella regione di Tripoli in questo periodo stanno favorendo gli scafisti.
migranti nel canale di sicilia 2
«Noi guardacoste abbiamo fatto un eccellente lavoro, da quando oltre un anno fa l' ex governo italiano ci ha aiutato fornendo quattro battelli e assistenza. Solo dal gennaio di quest' anno abbiamo salvato in mare e riportato sulle nostre coste oltre 13.000 migranti.
Ma dai primi di agosto siamo fermi: non abbiamo benzina e mancano i pezzi di ricambio. Ogni tanto i nostri gommoni escono in mare aperto, se ci arrivano Sos dai migranti in difficoltà o segnalazioni dalle navi militari italiane», dice ancora Abu Ajela.
A Khoms aggiungono di avere recuperato in mare da agosto oltre 4.000 persone. I salvataggi continuano, ma a centinaia muoiono nei naufragi. Ieri erano segnalate le partenze di quasi 500 africani dalla zona di Garabulli.
I trafficanti fanno credere ai loro «clienti» che le organizzazioni non governative siano ancora presenti, così da limitare il numero di chi rinuncia per paura. «Avevano riferimenti sulle navi delle ong, spesso li contattavano per telefono prima di partire, quando ancora erano sulle spiagge, per coordinarsi sul punto d' incontro dove ci sarebbero stati naufraghi da salvare», spiegano.
Altri trafficanti nella «pubblicità» online sono più espliciti. Scrive, per esempio, lo scafista Imad Algari: «Offriamo un comodo passaggio per l' Italia per 2.000 dinari (circa 500 dollari, ndr). In sei ore siete dall' altra parte. Il rischio di morire annegati è del 10 per cento. Ma chiunque si metterà a piangere in mezzo al mare per favore non mi contatti».
Da Misurata partono in prevalenza quelli del Bangladesh. Da Zlitan marocchini e maliani. Da Khoms gran parte degli africani, specie da Sudan, Niger, Nigeria, Burkina Faso. Almeno 13 bande importanti si contendono il traffico. A Garabulli opera adesso in forze la famiglia Dabbashi, prima basata a Sabratha e l' anno scorso si era accordata con Roma per limitare il traffico in cambio di lauti compensi.
Suo concorrente diretto è il clan di Salah al Hitra. A Khoms particolarmente potenti sono i fratelli Abdallah e Miftah Nehdi. La loro attività è di lunga data, tanto che hanno accumulato una fortuna.
Ne sono la prova i regali per 500.000 dollari che Abdallah ha offerto generosamente agli invitati per il suo matrimonio solo una settimana fa.