patatine fritte frittura

FRITTO E ROVESCIO - UNO STUDIO CINESE RIVELA CHE IL CONSUMO FREQUENTE DI CIBI FRITTI È ASSOCIATO A UN RISCHIO MAGGIORE DI ANSIA E DEPRESSIONE - TUTTA COLPA DELL'ACRILAMMIDE, CHE PROVOCA DISTURBI DEL METABOLISMO DEI GRASSI NEL CERVELLO E NEUROINFIAMMAZIONI - LA BIOLOGA-NUTRIZIONISTA ILARIA DE ROSA: “MANGIARE QUESTI CIBI CI GRATIFICA E APPARENTEMENTE CI CALMA. DIFFICILE, QUANDO CI SI SENTE ABBATTUTI, GETTARSI SU UN’INSALATA..."

Estratto dell'articolo di Caterina Maniaci per “Libero quotidiano”

 

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[…] Sì, sapevamo che mangiare i fritti poteva avere delle controindicazioni, che per il fegato, ad esempio, non era certo una mano santa, ma quello che ci dice lo studio cinese che adesso citeremo, è davvero un colpo basso. Dalla Cina, appunto, arriva uno studio che ha lo scopo di dimostrare che mangiare troppi fritti potrebbe favorire ansia e disturbi depressivi. Proprio così. […] il consumo frequente di cibi fritti, in particolare di patate fritte, sarebbe fortemente associato a un rischio maggiore del 12% e del 7% rispettivamente di ansia e depressione. A rischiare di più i maschi e i più giovani.

 

FINE DI UN MITO?

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[…] gli esperti hanno constatato che l’esposizione cronica all’acrilammide, un sottoprodotto del processo di frittura (di cui sono dunque ricchi i cibi fritti) già più volte chiamato in causa per i suoi effetti sulla salute, soprattutto per i rischi di cancro, induce disturbi del metabolismo dei grassi nel cervello e neuroinfiammazione. […] È anche emerso che l’acrilammide promuove lo stress ossidativo (con formazione di radicali liberi), che partecipano allo sviluppo dei sintomi di ansia e depressione, provocando neuroinfiammazione cerebrale.

 

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Ma davvero mangiare il fritto potrebbe provocare ansia e depressione? «Lo studio sembra dimostrare, a livello microscopico, gli effetti negativi scatenati a livello chimico, non tanto dal fritto in sé, ma dal processo della frittura», spiega a Libero Ilaria De Rosa, biologa-nutrizionista, e il processo spiegato dai ricercatori è proprio legato alla produzione dell’acrilammide e le sue ricadute sul nostro fisico, compreso il cervello.

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A «Il fritto fa male sempre in relazione alle quantità, alle condizioni in cui è cucinato e di chi lo consuma. Fa male a chi ha problemi di peso, perché è altamente calorico e fa ingrassare; il grasso addominale, come è noto, è causa di tante patologie, dal diabete, alla pressione alta, ai disturbi cardiovascolari... Chi è in forma può concedersi i fritti anche due volte alla settimana», ci consola De Rosa.

 

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E poi c’è la questione delle questioni: l’uso dell’olio. «L’olio d’oliva dovrebbe essere usato per friggere, non tanto l’olio di semi o di altro tipo. L’olio di oliva ha un punto di fumo più alto- ossia la temperatura massima che può raggiungere nella cottura senza produrre composti tossici per la salute – quindi meno pericoloso, poi è ricco di antiossidanti. Essenziale non usare lo stesso olio per friggere più volte. Il riciclo in questo caso è veramente dannoso».

 

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E purtroppo abitudine di molti locali pubblici. In definitiva davvero mangiare fritti agevolala depressione, abbattendo così uno dei pilastri delle nostre convinzioni più radicate? «Beh tutto quello che è fritto è più che allettante», persino una scarpa se fritta potrebbe aver un gusto piacevole, «e sì, diciamolo, è così, mangiare questi cibi ci gratifica e apparentemente ci calma. Difficile, quando ci si sente abbattuti, gettarsi su un’insalata... Lo studio cinese fa però scattare un campanello d’allarme in più, per evitare che un piacere momentaneo provochi danni duraturi. Concediamoci quel piacere ogni tanto e ci piacerà doppiamente».

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