SURROGATA E MAZZIATA - IN INGHILTERRA UNA DONNA HA AFFITTATO L’UTERO MA DOPO IL PARTO SI E' SCONTRATA CON I CAPRICCI DEI GENITORI: "ERANO INSODDISFATTI DEL BAMBINO: DICEVANO CHE ERA BRUTTO E NON MI ERO IMPEGNATA ABBASTANZA. MI DOVEVANO 40 MILA STERLINE. NON MI HANNO PAGATO E SONO SPARITI”
Marianna Baroli per “Libero quotidiano”
«Il bambino che ho messo al mondo è un piccolo angelo eppure loro (i genitori committenti, ndr) sono riusciti a dirmi chiaramente che non era quello che si aspettavano, dovevo fare di più e per questo non avrebbero saldato il compenso pattuito. Dovevo capirlo subito che, con quella coppia, qualcosa sarebbe andato storto e ora la mia vita è distrutta». Brianne Fleming si è ritrovata rovinata dopo aver aiutato una famiglia tradizionale - una donna e un uomo - a esaudire il sogno di avere un figlio.
Trentacinque anni, residente nel Suffolk (Inghilterra orientale), dopo una prima esperienza di maternità surrogata per una cugina, Brianne ha deciso di riprovarci perché si trovava in difficoltà economiche. La gravidanza, però, si è ben presto trasformata in un incubo che ha lasciato la giovane mamma senza soldi. Brianne, partiamo dal principio.
Perché è una madre surrogata?
«Dopo il suo primo parto mia cugina ha sofferto di placenta accreta. Il suo sogno, però, era dare una sorellina o un fratellino alla primogenita. Dopo tre aborti spontanei ha iniziato a pensare di utilizzare la gestazione surrogata e mi ha chiesto se fossi stata disponibile a darle una mano».
La storia che le ha rovinato la vita, però, è con un' altra coppia.
«Dopo che lo fai una volta è difficile dire di no a chi ha bisogno. E lo rifai. Sono stata la mamma surrogata di tre bambini, in totale. Una, Amelia, la vedo ancora oggi e sono la sua madrina. Con Jamie, invece...».
È andato tutto storto.
«Mi pento ancora oggi di aver accettato la proposta di quella coppia».
Perché ha detto di sì?
«La tentazione, anche a livello di guadagno, era forte. Noi vivevamo un momento complicato e ho pensato: "perché no?". Così mi sono messa alla ricerca».
Il rapporto però, è stato difficile da subito.
«In nove mesi ho subìto controlli a ogni ora del giorno e della notte, insulti perché secondo loro non portavo avanti la gravidanza in modo corretto, da quella donna mi sono addirittura sentita dire subito dopo il parto che il bambino non era abbastanza bello e non si aspettavano sarebbe nato così».
In che senso?
«Il parto è stato turbolento e il bambino aveva un leggero colorito bluastro. Quella donna l'ha definito un mostro, urlava che non lo voleva e che era solo colpa mia. Il tutto davanti ai medici e con me che avevo partorito da pochi minuti».
Quanto costava la sua gravidanza?
«Un totale di 40mila sterline. Ho scoperto che non avrebbero pagato pochi istanti dopo il parto».
Perché dice che le hanno rovinato la vita?
«Mio marito era senza lavoro e il mio part time non bastava più a mantenere una famiglia di quattro persone con due bambini. Loro mi hanno costretta a spese extra importanti e impreviste. Ho dovuto privare i miei figli dei regali di Natale per pagarmi le due settimane in clinica per il parto».
Le hanno almeno chiesto scusa?
«No. Sono scomparsi, svaniti nel nulla. Come se non fossero mai esistiti. Intanto io ho dovuto vendere la casa e sono tornata a vivere dai miei genitori che mi hanno accolta nonostante non comprendessero la mia scelta».
E il bambino?
«Di Jamie, un maschietto sano e davvero bellissimo, non so più nulla».
A quel punto cosa ha fatto?
«Mi sono rivolta alla clinica che è riuscita a ottenere parte della cifra. Ci siamo divisi quei pochi soldi e abbiamo concluso il rapporto. La famiglia si è resa irreperibile, impossibile procedere anche per vie legali. Non avrei nemmeno i soldi per farlo».
Quanto ha ottenuto in totale per la maternità surrogata?
«Dodicimila sterline. La cifra necessaria per coprire le spese che ho dovuto sostenere nei nove mesi di gravidanza».
Oggi sono passati due anni da quella brutta esperienza e lei è incinta di nuovo.
«Presto darò una sorellina ai miei bambini. Loro sono felicissimi. Oggi ho solo un rimpianto: non aver lottato per quel bimbo. Mi chiedo ogni giorno come viva con quelle due persone. Forse avrei dovuto difendere lui. E invece ho pensato a me stessa».