
LIBIA, MORTE E MISTERI - TANTI I NODI DA SCIOGLIERE PER IL PM COLAIOCCO, CHE INDAGA SUL SEQUESTRO DEI TECNICI ITALIANI: CHI SAPEVA DEL CAMBIO DI PROGRAMMA (VIAGGIO IN AUTO E NON VIA MARE)? E’ STATO DAVVERO L’AUTISTA A TRADIRE E “VENDERE” CALCAGNO, POLICARDO, FAILLA E PIANO?
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
I DUE TECNICI DELLA BONATTI RAPITI IN LIBIA - GINO POLLICARDO E FILIPPO CALCAGNO
«È tutto finito», spiegarono i carcerieri agli ostaggi italiani l' ultima volta che i due superstiti - Filippo Calcagno e Gino Pollicardo - li hanno sentiti parlare. Un' affermazione, rivelata da Calcagno alle televisioni, che suonò come l' annuncio del traguardo raggiunto, trattativa conclusa e rilascio imminente.
Purtroppo gli eventi hanno preso un' altra piega, con la morte degli altri due prigionieri, Salvatore Failla e Fausto Piano. In ogni caso, la presunta promessa dei sequestratori non porta automaticamente all' equazione di un riscatto pagato. A parte le smentite ufficiali, tutti confermano che il negoziato con i rapitori era in dirittura d' arrivo.
Il che significa che qualche contropartita (non necessariamente in denaro, o solo in denaro) era definita o in via definizione; e forse qualche mediatore aveva già ricevuto il proprio compenso durante i contatti andati avanti per mesi.
Tuttavia logica e prassi lasciano credere che l' eventuale scambio sarebbe avvenuto contestualmente, in una fase conclusiva mai avvenuta per via dell' intervento armato del miliziani di Sabratha, con l' uccisione dei sequestratori e di due ostaggi.
Cambio di programma
I DUE TECNICI DELLA BONATTI RAPITI IN LIBIA - GINO POLLICARDO E FILIPPO CALCAGNO
Dunque l' ultimo passaggio di questa brutta storia resta un mistero, insieme ad altri punti al vaglio di investigatori e inquirenti alla luce della testimonianza resa da Calcagno e Pollicardo al pubblico ministero romano Sergio Colaiocco e ai carabinieri del Ros.
A cominciare dal primo, cioè l' inizio del sequestro, che coincide con l' arrivo dei quattro italiani in Libia secondo un programma cambiato all' ultimo momento, rovesciando le regole di comportamento fissate da tempo e ricordate l' altro giorno dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Domenica 19 luglio 2015 i tecnici della ditta Bonatti partono dall' Italia con destinazione Mellita, il luogo di lavoro a ovest di Sabratha, secondo un piano di viaggio varato da tempo: aereo fino a Gerba, in Tunisia, pernottamento in albergo, l' indomani in auto fino al porto di Zarzis e da lì, a bordo di una chiatta, prosecuzione via mare fino a Mellita. Proprio per evitare di attraversare la Libia, divenuto territorio troppo pericoloso.
Ma durante lo scalo a Malta, la Bonatti informa i quattro - attraverso Dennis Morson, che svolge le funzioni di operation manager sul posto - che c' è una variazione: all' aeroporto troveranno una macchina con autista che li condurrà direttamente a Mellita, senza pernottamento e via terra. Alle 18 gli italiani atterrano a Gerba e salgono sulla monovolume guidata da un arabo, che nel corso del viaggio parla più volte al telefono, senza che i passeggeri capiscano nulla di quanto dice.
Alle 20 attraversano il confine con la Libia, poi due check-point , e alle 21,40 avviene l' assalto: due macchine affiancano la monovolume, l' autista viene tirato giù, un bandito si mette alla guida, gli altri caricano l' autista e il corteo riparte. Verso la prigione.
Le due prigioni
Le domande senza risposta sono tante: perché la Bonatti e il manager Morson hanno cambiato il tragitto? Chi ne era informato? È stato davvero l' autista a tradire e «vendere» gli italiani? Durante una prima sosta nel deserto, dopo il sequestro, gli ostaggi hanno raccontato di averlo visto legato e picchiato dai rapitori: realtà o messinscena?
L' organizzazione del sequestro è cominciata dopo l' attraversamento del confine o era programmata da prima? Nel primo covo i quattro tecnici sono rimasti fino a novembre, quando sono stati spostati in un' altra prigione dopo un trasferimento durato circa mezz' ora. In quell' occasione hanno avuto la rassicurazione che non sarebbero stati venduti all' Isis.
E le fotografie scattate in più occasioni, per dimostrare la loro esistenza in vita, accrescevano la speranza di una trattativa a lieto fine. Poi però, di tanto in tanto, i sequestratori li picchiavano, forse per sfogarsi nei momenti in cui il negoziato incontrava ostacoli o difficoltà.
Un nuovo punto di svolta (e tuttora pieno di incognite) arriva il 19 febbraio, con il raid aereo degli Stati Uniti contro un campo di addestramento dello Stato islamico alla periferia di Sabratha. Calcagno e Pollicardo hanno riferito al magistrato di aver sentito le bombe cadere a poca distanza e le mura della casa in cui erano rinchiusi tremare, quella notte. Con la conseguente paura che si può immaginare.
fausto piano salvatore failla libia bonatti
Dopo il raid Usa
Nella residenza trasformata in luogo di detenzione sono arrivate altre persone: gli ostaggi non li hanno visti, ma ne hanno sentito le voci. Comprese quelle di donne e bambini. Come se i bombardamenti avessero provocato una quota di sfollati rifugiatisi presso i carcerieri. I rumori dei nuovi inquilini si sono aggiunti a quelli del traffico, delle sirene e dei muezzin che chiamavano alle preghiere (ricorrenza quotidiana che ha aiutato i segregati tenere il conto dei giorni).
I DUE TECNICI DELLA BONATTI RAPITI IN LIBIA - GINO POLLICARDO E FILIPPO CALCAGNO
All' indomani del raid molte cose sono cambiate. I prigionieri hanno ricevuto meno cibo, fino al niente degli ultimi giorni. E i loro guardiani hanno deciso l' ulteriore trasferimento: forse in vista dell' imminente liberazione, o forse perché le condizioni di sicurezza erano cambiate.
Fatto sta che all' alba di martedì 1 marzo, dopo aver portato biancheria e indumenti puliti (le tute delle squadre di calcio europee) i banditi hanno preso Piano e Failla (l' unico che parlava un po' di francese, l' interprete del gruppo), ordinando loro di seguirli. Li hanno caricati a bordo di una macchina, bendati e sdraiati, insieme a scatoloni pieni di materiale. Come se volessero smantellare il covo. Ma qualcosa è andato storto, e i due tecnici sono stati riportati da Calcagno e Pollicardo, ai quali hanno raccontato l' accaduto.
fausto piano salvatore failla libia bonatti uccisi a sabrata
Senza capire perché. All'alba seguente, 2 marzo, stessa scena. Stavolta però la macchina con i due ostaggi è partita, gli altri due sono rimasti chiusi e abbandonati, finché - dopo circa 36 ore di inutile attesa - hanno forzato la serratura con un chiodo e sono riusciti a liberarsi. Nel frattempo il convoglio di rapitori e rapiti era stato intercettato dai miliziani che credevano (o hanno voluto far credere) di attaccare una pattuglia dell' Isis. Ammazzando tutti, prigionieri compresi, e alimentando l' ennesimo mistero.